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Pistacchi siciliani dalla Turchia quando l’etichetta è ingannevole

Pistacchi siciliani dalla Turchia quando l’etichetta è ingannevole

Sentenza della Cassazione: no a indicazioni di provenienza ingannevoli

CATANIA – Costituisce reato vendere prodotti alimentari utilizzando una etichetta equivoca sia per il contenuto che per la scarsa leggibilità, in quanto idonea ad ingannare il consumatore sull’origine dell’alimento. È ciò che si legge nella recentissima sentenza della Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. III, n. 19093/2013), la quale ribadisce e valorizza l’importanza della etichettatura come strumento che garantisce la trasparenza negli scambi commerciali tra acquirente e venditore. Per tale ragione, la Corte giunge a ritenere che integra gli estremi della frode in commercio (ai sensi dell’art. 515 c.p.) la vendita di pistacchi aventi un’origine diversa da quella, ambigua e troppo generica, dichiarata in etichetta.
La Suprema Corte si è pronunciata, infatti, sul caso di un’azienda che distribuiva pistacchi sottovuoto, sequestrati dai supermercati. Le confezioni riportavano in grande la dicitura ‘sfiziosità siciliane’. Mentre sotto a caratteri minuscoli si leggeva un generico ‘pistacchi sgusciati del Mediterraneo’.
 
Così il cliente era indotto a credere che la frutta secca provenisse dalla Sicilia, ma in realtà giungeva dalla Turchia. L’azienda si è difesa sostenendo che tra i pistacchi di origine siciliana, solo quelli pregiati di Bronte sono Dop, e richiedono perciò l’indicazione obbligatoria della provenienza. Per tutti gli altri non è necessario rivelare in etichetta il luogo di raccolta. Gli ermellini hanno respinto il ricorso, spiegando che la targhetta deve specificare il luogo d’origine, ogni qual volta possano sorgere dubbi sulla provenienza del prodotto. 
 
A prescindere dall’esistenza di alimenti Dop nella stessa zona. Una etichettatura che non fornisce informazioni adeguate, precise e corrette sulle caratteristiche del bene acquistato sicuramente truffa il consumatore e svaluta, squalifica e svilisce le qualità del prodotto.
La Corte ricorda che esistono norme chiare e specifiche, tanto a livello nazionale quanto a livello comunitario, che sottolineano la necessità di riportare in etichetta informazioni chiare e leggibili sulle caratteristiche dei prodotti alimentari, con il fine di evitare che omissioni o false indicazioni possano indurre in errore il consumatore. Viene, infatti, richiamato, non solo il Dlgs. n. 109/1992 che disciplina l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari, ma anche la più recente legge n. 4 del 2011, in materia di etichettatura e qualità degli alimenti, la quale, pur non avendo ancora ricevuto piena attuazione, perché in attesa della emanazione degli opportuni decreti interministeriali, espressamente prevede l’obbligo di indicare in etichetta, tra le altre informazioni, il luogo di origine o di provenienza degli alimenti, proprio al fine di rafforzare la prevenzione e la repressione delle frodi alimentari.