PALERMO – Un tunnel lungo sei anni, di cui ancora non si vede l’uscita. Dal 2007, da quando la crisi ha iniziato a mettere radici in Sicilia e in Italia, a oggi la situazione finanziaria non è affatto migliorata. Anzi. Tratteggia un quadro a tinte fosche la “Relazione sulla situazione economica della Regione siciliana 2012”, elaborata dall’assessorato regionale dell’Economia. Nel documento, Alessandra Testa di Prometeia (Associazione di studi economici che ha collaborato alla redazione del testo) spiega che tra il 2007 e il 2013 “il rallentamento del ciclo economico esterno ed i gravi problemi strutturali dell’economia siciliana hanno esposto la regione agli effetti della recessione facendo registrare negli ultimi anni una forte diminuzione del Pil”.
Così come per l’Italia, “anche per la Regione siciliana, il ciclo negativo era rimasto fuori dalle previsioni inserite nei documenti di programmazione ed è perciò interessante cercare di misurare lo scarto che si è determinato fra andamento effettivo dell’economia e trend potenziale in assenza di crisi”.
In sostanza l’analisi tecnica fa un confronto tra le previsioni “pre-crisi” e i numeri effettivamente registrati nei sei anni presi in considerazione.
In sostanza l’analisi tecnica fa un confronto tra le previsioni “pre-crisi” e i numeri effettivamente registrati nei sei anni presi in considerazione.
Quando nel 2008 veniva presentato all’Assemblea regionale siciliana il Dpef 2009-2013, redatto dall’allora governo di Raffaele Lombardo, si pensava di poter dare slancio allo sviluppo produttivo e competitivo dell’Isola, sostenendo la spesa per investimenti e i consumi privati, da un lato, e promuovendo un’azione riformatrice dall’altro. “L’impatto delle politiche regionali – si legge nel documento – avrebbe influenzato il Pil fino a determinare un aumento dell’1,5% nel 2013 contro un tendenziale che si prospettava essere dell’1,2%”. Insomma, senza la congiuntura economica mondiale, il sistema Sicilia avrebbe potuto avere un volto più rassicurante.
“I numeri della crisi si sono invece abbattuti sulla regione determinando un calo medio del prodotto di circa 2 punti percentuali all’anno che si ripeterà anche nel 2013 – secondo le attuali stime di Prometeia – e indurranno una diminuzione cumulata del Pil di oltre 16 miliardi di euro rispetto alla previsione tendenziale pre-crisi. In termini percentuali, si tratta di un divario pari al 18,3% più penalizzante rispetto al dato nazionale”. Scendendo nel particolare, tra il 2011 e il 2012, sono stati bruciati 835 milioni di euro: a tanto ammonta la quantità di ricchezza persa in un anno. Secondo i dati contenuti nella Relazione sullo stato dell’economia nel 2012, il Pil è passato da 86,9 a 86,07 miliardi di euro, con un calo del 2,5 per cento.
La forbice tra Italia e Sicilia, dunque, continua ad allargarsi. Lo si può notare anche attraverso altri indici economici. Uno su tutti: l’occupazione. Secondo l’ultimo rapporto Istat – relativo al secondo trimestre del 2013 – l’Isola, appena dietro la Campania, è la regione con il più alto tasso di inoccupati. Qui la percentuale di individui senza lavoro sale fino al 21,6 per cento (più 2,2 punti rispetto al 2012), cioè dieci tacche sopra la media nazionale (che segna un tasso di disoccupati del 12%). Tra il 2012 e il 2013 il numero degli occupati è sceso da 1 milione e 422 mila persone a 1 milione e 338 mila, cioè in dodici mesi ben 84 mila siciliani sono finiti a spasso.
E come ricorda l’approfondimento della Relazione economica l’occupazione scendeva già tra il 2012 e il 2011 (- 2,7% in 365 giorni). Ma accanto al crollo del mercato del lavoro, si devono sommare ulteriori criticità tra cui il calo dei consumi delle famiglie (-4,5%), del reddito disponibile (-4,3%) e del credito al consumo (-4,7%). Né migliore è il settore imprenditoriale “in cui si è osservata una restrizione del numero di unità produttive accompagnata dalla caduta del clima di fiducia alle imprese”. “Segnali di debolezza mostra anche il settore terziario su cui si fonda maggiormente l’economia siciliana”, si legge nel documento dell’Assessorato.
Ancora oggi si sente tutto il peso della precedente legislatura, in cui troppo poco è stato fatto per fronteggiare la tempesta internazionale che nessuna ha risparmiato, nemmeno la Sicilia. All’epoca, almeno nei primi tempi, non si aveva probabilmente la percezione del fenomeno. Come rivela il Rapporto 2013 della Corte dei Conti, le linee strategiche elaborate nella precedente legislatura non erano possibili da realizzare a causa della improvvisa congiuntura economica. Al governo Crocetta l’arduo compito di contemperare l’esigenza di rimettere in ordine i conti con la necessità di far ripartire lo sviluppo. Ma è già passato un anno dall’insediamento e di atti decisivi per invertire il trend non se ne vedono.

