Sicilia, quinta regione per nascite ma prima per mortalità infantile - QdS

Sicilia, quinta regione per nascite ma prima per mortalità infantile

Adriana Zuccaro

Sicilia, quinta regione per nascite ma prima per mortalità infantile

giovedì 10 Ottobre 2013

Preoccupano i decessi: al di qua dello Stretto muoiono quasi cinque neonati ogni mille. Nel giro di un anno nell’Isola si è passati da circa 44 mila parti a oltre 46 mila

PALERMO – “Il parto costituisce l’evento culminante di un ‘percorso nascita’ che inizia con l’adozione di misure di politica sanitaria generali a favore delle adolescenti e delle donne in età fertile e prosegue attraverso l’organizzazione delle strutture sanitarie territoriali e ospedaliere preposte al settore materno infantile e alla definizione di linee guida di elevato livello scientifico per gli operatori”. Sono questi i presupposti evidenziati dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per un costante miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza delle misure sanitarie adottate nel nostro Paese e l’incremento positivo dei dati raccolti ogni anno dall’Ufficio di direzione statistica.
In tal senso, dalla dettagliata analisi dei dati rilevati per l’anno 2010 e presentati nel nono rapporto sull’evento nascita in Italia, è possibile individuare innanzitutto una leggera inflessione del numero dei parti registrati tramite le schede del Certificato di assistenza al parto (Cedap) su un totale di 531 punti nascita: per il 2010 se ne contano 545.493 contro gli oltre 548 mila del 2009.
A ribaltare l’andamento medio nazionale ci pensa la Sicilia che, con 46.842 parti del 2010 contro i 44.230 dell’anno precedente costituisce l’8,5% delle nascite totali e una delle cinque punte della stella di regioni con il più alto numero di parti registrati dopo la Lombardia (96.122), la Campania (57.997), il Lazio (54.102) e il Veneto (45.807).
Naturalmente l’analisi va letta in termini di tasso di natalità perché di fatto, nonostante abbia perso 0,3 punti percentuali in un anno, nel 2010 l’Isola mostra un 9,5 nati per mille che le fa superare ancora una volta la media nazionale di 9,3 e che la pone a pari merito con l’Emilia Romagna, il Veneto e il Lazio e al sesto posto dopo la virtuosa Provincia autonoma di Bolzano, il Trentino Alto Adige, la P.a. di Trento, la Lombardia e la Valle d’Aosta.
In relazione ai tassi di fecondità rilevati entro i confini regionali e nazionali, rispetto all’ottavo, questo nuovo rapporto sull’evento nascita evidenzia differenze quasi nulle visto che, dal 2009 al 2010, in Italia il numero medio di figli per donna (1,41) è rimasto invariato e in Sicilia diminuito di solo 0,01 punti passando da 1,41 al 1,40.
Un dato che scosta diametralmente l’analisi siciliana dalla media nazionale e che pone non pochi interrogativi sull’adeguatezza e disponibilità delle strutture sanitarie dell’Isola, è invece quello che riguarda il tasso di mortalità infantile nonché la misura della mortalità nel primo anno di vita: il preoccupante 4,94 registrato in Sicilia è il valore più alto di tutta Italia dove la media si attesta a 3,48 bambini ogni mille nati vivi.
Una relazione di dati potrebbe rintracciarsi nella distribuzione regionale dei parti secondo il luogo in cui questi avvengono: l’88,2% in istituti pubblici, l’11,8% presso case di cura. Di quest’ultimo dato percentuale lo 0,4% riguarda i parti che hanno luogo in strutture private mentre l’11,4 in case di cura accreditate. A tal proposito, con un 81,7% del 2010 contro l’82,6% del 2009, la Sicilia si colloca al di sotto della media nazionale e in gruppo ad altre tre regioni per il minor numero di parti avvenuti in strutture pubbliche: Lazio 82,5%, Calabria 78,3%, Campania 54,6%.
Con l’obiettivo di un costante sviluppo dell’intero sistema sanitario auspicato dal ministro Lorenzin “i risultati evidenziati da questo rapporto potranno ulteriormente essere migliorati proprio grazie all’impegno del Ministero e delle Regioni a proseguire e rafforzare tali iniziative, nel prioritario interesse della salute delle donne e dei neonati che vedono la luce nel nostro Paese”.

Ancora troppi cesarei: la Campania e l’Isola vantano il primato

Confrontando i dati analizzati nell’ottavo e nono rapporto sull’evento nascita in Italia, rimangono quasi del tutto invariati i dati relativi al ricorso al parto cesareo registrati in Sicilia dove, ancora una volta superati in percentuale solo dalla Campania (59,3%), anche per il 2010 l’espletamento del parto per via chirurgica riguarda il 52% contro una media nazionale del 37,5%. Non cambia molto neanche l’andamento della crescente medicalizzazione del parto in relazione al luogo in cui questo avviene perché di tutti i parti che avvengono nelle strutture pubbliche siciliane il 46,7% è cesareo così come il 75,9% di quelli che hanno luogo presso case di cura accreditate. Il trend si conferma anche a livello nazionale anche se le percentuali non raggiungono gli alti parametri dell’Isola: nelle strutture accreditate d’Italia si propende all’uso del taglio cesareo nel 58,3% dei casi quando le strutture pubbliche lo adottano per il 34,6% dei parti. Un dato che desta particolare curiosità sulla frequenza del ricorso al parto cesareo riguarda le future neomamme che decidono di partorire in Italia: nel 28,8% dei parti di madri straniere si ricorre al taglio cesareo mentre si registra una percentuale del 39,5% nei parti di madri italiane. Infine, prendendo in esame i parti vaginali dopo un precedente taglio cesareo, si registra nel 2010, a livello nazionale una percentuale pari al 10,3%; tale fenomeno si verifica quasi esclusivamente nei punti nascita pubblici.

Eccessivo ricorso delle siciliane incinte ai mezzi diagnostici

PALERMO – A dispetto di una media nazionale pari all’84,6% registrata nel 2010, il 77,2% delle donne siciliane in attesa di diventare madre si sottopone a più di 4 visite di controllo. Solo l’Abruzzo con 65,6% e la P.A. di Trento con il 76,5% supera il dato siciliano che indica un’inflessione di 2,6 punti percentuali rispetto al 2009 quando il 79,6% delle future mamme effettuava più di 4 visite e il 46,8% eseguiva 7 o più ecografie. Quest’ultimo dato, a distanza di un anno, in Sicilia è diminuito oltremodo attestandosi al 34,8% perché quasi la metà (48,3%) delle donne incinte si sottopone a 4 o 6 ecografie al massimo.
A livello nazionale, nel 2010 sono state effettuate in media 5,3 ecografie per ogni parto con valori regionali variabili tra 4 ecografie per parto nella P. A. Trento, 5,7 in Sicilia e 6,8 nella regione Basilicata. Tali dati riflettono il fenomeno dell’eccessiva medicalizzazione e di un sovrautilizzo delle prestazioni diagnostiche in gravidanza.
Ciononostante, per il 73,2% delle gravidanze si registra un numero di ecografie superiore a 3, valore raccomandato dai protocolli di assistenza alla gravidanza del Ministero della Salute. Nell’ambito delle tecniche diagnostiche prenatali invasive, l’amniocentesi è quella più usata (13,6%), seguita dall’esame dei villi coriali (nel 4,1% delle gravidanze) e dalla funicolocentesi (nello 0,8%). L’utilizzo di tale indagine prenatale è diversificato a livello regionale: mentre ad esempio in Sicilia si conta nel 6,4% dei casi, al Sud, in generale, si registra una percentuale al di sotto del 12% (ad eccezione della Campania e della Sardegna); i valori più alti si hanno invece in Umbria (26,6%) e Valle d’Aosta (26,5%).
Per quel che concerne infine la percentuale di gravidanze in cui viene effettuata la prima visita oltre la dodicesima settimana di gestazione, si evidenziano alcune correlazioni significative con le caratteristiche socio-demografiche delle madri rappresentate da: la cittadinanza, il titolo di studio e l’età. Per le donne italiane si ha una percentuale pari al 2,9% mentre tale percentuale sale al 13,8% per le donne straniere. Le donne con scolarità medio-bassa effettuano la prima visita più tardivamente, la percentuale di donne con titolo di studio elementare o senza nessun titolo che effettuano la prima visita oltre la dodicesima settimana è pari al 9,9% mentre per le donne con livello d’istruzione alto la percentuale è del 3%.

Baby mamme, in Sicilia i numeri più alti: il 3,2% delle madri non supera i 20 anni
Sono ormai lontani i tempi in cui le donne italiane non attendevano di superare i 25 anni per diventare madre. Nel 2010 si è confermato infatti che l’età media al primo figlio è quasi in tutte le regioni superiore a 31 anni con variazioni sensibili tra Nord e Sud. In generale, oltre il 60% dei parti avviene in donne appartenenti alla classe di età che va dai 30 ai 39 anni mentre le madri provenienti da altre aree geografiche (altri Paesi Europei 61,36%, Africa 48,41%, Asia 55,64%) hanno prevalentemente un’età compresa tra 20 e 29 anni. Non a caso l’età media della madre è di 32,6 anni per le italiane mentre scende a 29,3 anni per le cittadine straniere. Considerando poi l’incidenza del livello di istruzione, della presenza o assenza del coniuge e della condizione professionale del mondo femminile, la definizione di un identikit della “madre tipo” non può comunque oscurare alcuni dati di particolare rilievo. Ad esempio la Sicilia registra la percentuale più alta di madri giovanissime (il 3,2% non supera i vent’anni mentre in Italia la media è dell’1,4%) e di madri appartenenti alla classe d’età 20-29 (36,5%), discostandosi letteralmente dalla media nazionale (30,2%). Di fatto nell’Isola si conta un 54,2% di madri di età compresa tra 30 e 39 anni contro la media del 60,6% calcolata sui dati registrati in tutte le regioni, e un 5,9% di madri over 40 che in Italia invece raggiungono mediamente il 7,6% del totale. Non si è registrata nessuna impennata per quel che riguarda le percentuali delle madri di cittadinanza non italiana che hanno dato alla luce un figlio nel 2010 in territorio italiano. Ma i dati sono comunque positivi: dal 18% del 2009 si è passati al 18,3% in un solo anno.

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