Piano Cave tra ambiente e industria - QdS

Piano Cave tra ambiente e industria

Rosario Battiato

Piano Cave tra ambiente e industria

sabato 26 Ottobre 2013

Confindustria chiede di garantire le attività produttive di un settore strategico per l’Isola. Il settore al centro del dibattito nei giorni dell’aggiornamento del Piano regionale

PALERMO – La Regione sta tentando di colmare una lacuna storica del suo ordinamento: il Piano cave. L’allineamento a una situazione che nelle altre regioni d’Italia è certificata da decenni ha prodotto numerose polemiche all’interno del mondo produttivo isolano e che, inevitabilmente, si sono specchiate nel mondo politico. Ci sono da valutare aggiustamenti, ma il settore lapideo, uno dei più produttivi dell’Isola, deve essere normato e regolarizzato come avviene altrove, nel rispetto del territorio e del ripristino ambientale dei luoghi.
Ogni volta che la Regione prova a mettere ordine in un settore particolarmente delicato, il carrarmato delle lobbies è pronto a sfasciare ogni cosa. È successo per le royalties sul petrolio, poi bloccate dal commissario della Stato, e si è ripetuto per i canoni di concessione demaniali che riguardavo le spiagge dove il promesso aumento viene rimandato da due governi e ha visto addirittura la marcia indietro dopo il decreto firmato dal governatore Crocetta in persona. Per le cave la situazione riguarda il tanto atteso piano regionale che dovrebbe sanare un lunghissimo tunnel di vuoto normativo.
Il Piano cave della Sicilia è stato approvato il 5 novembre del 2010, ma è stato impugnato da Legambiente e in seguito al parere negativo del Cga attende un’azione risolutiva da parte del governatore Crocetta. Gli industriali difendono i “privilegi” di un settore strategico per la Sicilia: 600 cave e oltre 10 mila posti di lavoro, tra diretti e indotto. Nei giorni scorsi un incontro in Confindustria ha visto al centro del dibattito proprio il piano cave della Regione siciliana, lo strumento che attua la programmazione relativa alla ricerca e alla coltivazione delle sostanze minerarie nell’Isola, attualmente in fase di aggiornamento.
 
“Lo scorso 26 settembre – ha spiegato Giovanni Catalano, direttore di Confindustria Sicilia – la Regione ha inviato una richiesta di parere a Confindustria, ai Distretti produttivi e ai Comuni. Richiesta alla quale stiamo rispondendo con proposte operative che tengano conto delle imprese esistenti. Di certo non è pensabile che una perimetrazione poco rispondente alle reali esigenze del territorio metta a rischio importanti realtà produttive dell’Isola”.
Per gli industriali vanno preservate le eccellenze dell’Isola: dal marmo di Custonaci alla pietra lavica di Catania, dalla pietra di Comiso e Noto ad alcuni giacimenti dedicati ad usi industriali. “Per questo è necessario – ha spiegato il direttore – che la Regione si doti di un piano cave aggiornato che, nel rispetto della sostenibilità ambientale, garantisca la continuità delle attività economiche legate al comparto”.
La scorsa settimana il Piano è stato al centro anche di una sessione della riunione della terza Commissione Attività produttive dell’Ars. A rischio ci sarebbero le autorizzazioni già rilasciate che verrebbero revocate impedendo di esercitare l’attività. L’emergenza riguarda anche i vincoli ambientali previsti nel Piano forestale. La Sicilia, ad oggi, resta è una delle poche regioni senza Piano aggiornato, ma anche una delle realtà dove è più complicato avviare il ripristino ambientale dei luoghi dove si sono verificati scavi ed estrazioni perché non ci sono le risorse economiche sufficienti.
La Finanziaria approvata lo scorso maggio aveva agito su un’altra falla del sistema. Grazie all’azione di Crocetta e del M5S è stato previsto il canone di concessione, dimezzato per il 2013 e pieno dal 2014, che ogni due anni dovrebbe subire un aggiornamento sulla base di un decreto dell’assessorato regionale per l’Energia e i servizi di pubblica utilità. La distribuzione dei canoni avverrà tra Regione (40%) e comune interessato (60%).

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