Legambiente Sicilia presenta ricorso al Consiglio dei ministri contro la norma sui centri storici approvata dall’Assemblea regionale siciliana perché "in netto contrasto" con il Codice dei beni culturali.
"Il combinato disposto – spiegano dall’associazione ambientalista – degli articoli 134, 136, 146 del Codice chiarisce, oltre ogni ragionevole dubbio, che i centri storici sono beni paesaggistici in quanto aree di notevole interesse pubblico. Non possono essere oggetto di interventi che rechino pregiudizio al valore tutelato e per questa ragione ogni intervento deve essere preventivamente autorizzato dall’amministrazione a cui compete la verifica sulla sua compatibilità: la Sovrintendenza".
Nel caso dei centri storici dotati di strumento di pianificazione, la compatibilità è stata espressa sul piano di recupero e, quindi, non è necessario esprimerla sui singoli interventi. Questi, però, devono essere necessariamente coerenti con il piano approvato.
"Le modifiche prodotte prima dalla legge 13/2015 e, soprattutto, dei due commi dell’art. 5 dell’ultima manovra correttiva del bilancio – denuncia Legambiente – fanno decadere di fatto il controllo preventivo sulla compatibilità espresso dalla Sovrintendenza che si deve esprimere all’interno di una conferenza di servizi nell’ambito della quale il proprio parere è obbligatorio ma non più vincolante. Addirittura, al comma 9, si prevede che queste modifiche prevalgano pure sui piani già vigenti nei centri storici".
"La norma approvata dall’Ars – dice Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia – è davvero una vergogna. Ma, oltre alla giusta indignazione, esprimere posizioni contro e fare appelli affinché il Governo la ritiri, occorre agire. E, così come abbiamo fatto altre volte, presentiamo, la richiesta al Consiglio dei ministri, in particolare al ministro dei Beni culturali, di impugnare questa norma scellerata".