Dopo il disastro in Sardegna, riflettori accesi sugli interventi necessari nella nostra provincia. Paterna (Consorzio bonifica): “Ridimensionare l’intera rete idrografica”
CATANIA – Il popolo italiano si è unito attorno alla popolazione sarda vittima delle alluvioni che hanno colpito il territorio. Le istituzioni hanno parlato di un evento eccezionale, di una fatalità e si è subito messa in moto la macchina dei finanziamenti e dell’emergenza. Ma è proprio la parola emergenza che spesso in Italia viene usata a sproposito. Noi ne abbiamo parlato nelle scorse settimane, abbiamo analizzato e approfondito il rischio idrogeologico in provincia di Catania. La parola manutenzione sembra essere scomparsa dalle agende dei politici e soprattutto dai bilanci regionali.
ENTI COMPETENTI – I vari organi a cui competono gli interventi di manutenzione infatti si trovano costretti a fronteggiare una carenza di risorse umane e finanziarie. Genio civile, Consorzio di bonifica e Provincia infatti dovrebbero dividersi le responsabilità degli interventi ma si trovano tutti nelle medesime condizioni. Il Genio civile non ha le risorse per compiere gli interventi. Mancano uomini e mezzi e soprattutto manca un piano programmatico di interventi in grado di poter mettere al sicuro i vari canali di scolo che, ed è giusto ricordarlo, diventano delle vere e proprie bombe pronte ad esplodere nel caso di eventi atmosferici di grande entità.
La Provincia invece si occupa soprattutto della manutenzione della rete stradale e dei canali che interessano la stessa. In questo caso gli interventi vengono effettuati ma spesso diventano inutili per le numerose stradine private e comunali carenti di interventi e chiuse per il pericolo di frane.
BONIFICA – Non se la passa meglio sicuramente il Consorzio di bonifica che si occupa sia degli interventi di manutenzione sui canali di scolo ma anche della rete irrigua. Per un territorio dalla grande estensione come quello di Catania le risorse mancano. Delle risorse che dovrebbero essere ottenute grazie a un mix di riscossione fra i costi fissi e i contributi irrigui entrambi versati dagli agricoltori. Ma a fronte di previsioni di incassi che dovrebbero aggirarsi intorno ai 5 milioni di euro coloro che effettivamente pagano sono circa il 40%. Inoltre gli uomini che dovrebbero compiere gli interventi sono pochi e soprattutto non a tempo pieno. Anche in questo caso la parola programmazione diventa quasi impossibile da effettuare.
MANUTENZIONE – Dinanzi a quanto è stato affermato pare logico porsi la domanda sull’importanza del tema della manutenzione e su quanto ancora si può fare per tentare di rimediare al problema. Abbiamo voluto porre queste domande all’ingegnere Massimo Paterna, responsabile della manutenzione per il Consorzio di Bonifica 9 di Catania. “Per poter affrontare situazioni così importanti – afferma Paterna – sono necessarie ingenti risorse umane e finanziarie che al momento sono inesistenti e quasi impossibili da reperire. Se la ‘prevenzione’ di cui parliamo , nel passato , quando le risorse di cui sopra erano più disponibili fosse stata fatta per una migliore salvaguardia del territorio, oggi non ci troveremmo in questa situazione. Va evidenziata – aggiunge l’ingegnere – comunque una grossa responsabilità del cittadino comune che ha mostrato da sempre disinteresse per la natura e scarsissimo senso civico, costruendo (abusivamente) in ogni dove e scaricando rifiuti di ogni genere e natura nei corsi fluviali , torrentizi e di scolo”.
FONDI NECESSARI – Ma quanto oggi si può fare per porre rimedio? “Da una stima sommaria effettuata dal Genio Civile di Catania – dichiara a tal proposito Paterna – l’importo per ripristinare un accettabile grado di sicurezza dei fiumi, occorrerebbe una somma superiore ai 150 milioni di euro per la sola provincia di Catania. La vera soluzione è quindi quella di dimensionare, nuovamente, in modo idraulicamente corretto l’intera rete idrografica tenendo conto della massiccia cementificazione dei bacini da esso sotteso e partendo , come la natura , la logica e la tecnica suggeriscono, da valle verso monte. Ma ciò, temo, sarà una utopia”.
LEGGI SUPERATE – Un quadro drammatico aggravato da una carenza legislativa evidente. La legge a cui è affidata la suddivisione dei compiti in materia idrogeologica è del 1904 con una modifica di piccola entità intervenuta attorno agli anni ’30. Sembra che nel corso di 100 anni poco o nulla sia avvenuto nel nostro Stato e tutto vada benissimo. Di fronte a quanto affermato appare evidente quanto poco ci sia di emergenza. Programmare è l’unica risposta e le risorse devono essere trovate a fronte di un argomento che, come abbiamo potuto vedere, interessa l’incolumità dei cittadini. Di certo però quando poi si verificano le tragedie i finanziamenti vengono emessi con maggiore facilità ed ecco che la parola emergenza all’improvviso assume un inquietante senso.