Istat: un meridionale su due è sempre più a rischio povertà - QdS

Istat: un meridionale su due è sempre più a rischio povertà

Oriana Sipala

Istat: un meridionale su due è sempre più a rischio povertà

venerdì 27 Dicembre 2013

Per molte famiglie è impossibile fronteggiare spese impreviste, riscaldare casa, permettersi un pasto proteico. Tra il 2011 e il 2012 la popolazione in difficoltà è salita dal 46,2 al 48%

PALERMO – La curva della povertà in Italia continua a tracciare una triste impennata. Una fetta sempre più grossa della popolazione vive infatti in preoccupanti condizioni di “deprivazione materiale”, sempre attenta ai risparmi e alla riduzione delle spese.
A rivelarlo è il rapporto divulgato dall’Istat, “Reddito e condizioni di vita”, secondo il quale, nel 2012, un italiano su tre è a rischio povertà o esclusione sociale (29,9%). Rispetto all’anno precedente si è inoltre registrato un aumento pari all’1,7 per cento, mentre rispetto al contesto europeo, la soglia di povertà è più elevata di ben 5,1 punti percentuali. In Europa, infatti, il valore si attesta al 24,8%.
Questi risultati vengono fuori dall’incrocio di tre indicatori diversi, ovvero il rischio di povertà (calcolato sui redditi del 2011), la severa deprivazione materiale, la bassa intensità di lavoro.
A far crescere il livello di povertà è in particolare il secondo indicatore, che va dall’11,2% del 2011 al 14,5% del 2012, mentre gli altri due restano sostanzialmente invariati. In particolare il primo parametro si aggira intorno al 19,4%, mentre il terzo intorno al 10,3%. Le condizioni di severa deprivazione materiale sono a loro volta determinate da alcuni fattori, come l’impossibilità per molte famiglie di far fronte a spese impreviste di 800 euro (il dato sale dal 38,6% al 42,5%); la mancanza di risorse per una settimana di ferie lontano da casa (dal 46,7% al 50,8%), o per un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 12,4% al 16,8%); infine l’impossibilità di riscaldare adeguatamente la propria abitazione (dal 18,0% al 21,2%).
In particolare, se prendiamo in considerazione la macroaree del Paese, ci rendiamo conto di come il rischio di povertà o esclusione sociale coinvolga quasi la metà della popolazione del Mezzogiorno.
Al Nord, infatti, si passa dal 17% del 2011 al 18% del 2012. Nelle regioni del Centro, invece, si passa dal 22,7% al 24,8%. Infine, al Sud e nelle Isole, si passa dal 46,2% del 2011 al 48% del 2012. Non a caso, è proprio nel Mezzogiorno che si registra l’aumento più marcato di deprivazione materiale: si ha infatti un incremento del 5,5%, in quanto il valore si attestava nel 2011 al 19,7%, mentre nel 2012 si arriva a toccare il 25,2%. Nelle regioni del Nord, invece, tale dato si attesta al 6,3% nel 2011, salendo di due punti percentuali nel 2012. Al Centro, infine, si passa dal 7,4% del 2011 al 10,1% del 2012.
L’incremento della povertà, tra il 2011 e il 2012, ha interessato soprattutto gli anziani soli (dal 34,8% al 38%), le famiglie con un solo genitore (dal 39,4% al 41,7%), le famiglie con tre o più minori (dal 46,5% al 48,3%). Quanto alla tipologia di lavoratori più colpiti dal ciclone della povertà, stando ai valori del 2012, non c’è più molta differenza tra quelli che svolgono un lavoro autonomo e quelli che svolgono un lavoro dipendente. La severa deprivazione materiale, infatti, per i lavoratori autonomi passa dal 7,1% del 2011 al 12,6% del 2012. Se si parla invece di lavoro dipendente, il valore della deprivazione va dal 10,7% del 2011 al 13,7% del 2012.
È chiaro inoltre che le diverse situazioni di difficoltà economica coinvolgono più frequentemente le famiglie numerose e le famiglie monoreddito. Nelle famiglie con cinque o più componenti, infatti, il 28,7% è a rischio di povertà e il 23,5% è severamente deprivato. In tali famiglie, per tutti e tre gli indicatori i valori sono più che doppi rispetto a quelli osservati tra i componenti delle famiglie in cui vi sono due o più percettori di reddito.
Se la povertà si è accentuata in questi anni di crisi, investendo un numero sempre più grande di persone, lo stesso non si può dire per i più ricchi, che non hanno conosciuto minimamente le difficoltà della recessione.
Secondo uno studio di Bankitalia, condotto da Paolo Acciari e Sauro Mocetti, in Italia sono 4 milioni i contribuenti italiani più ricchi, costituiscono il 10% di tutta la popolazione e assorbono il 26% del reddito nazionale. A fronte di questa piccola fetta di fortunati, i poveri sono invece aumentati di 3 milioni nel giro di sei anni (dal 2007 al 2013). Lo stesso vale per i senza lavoro, che oggi sono ben 7,3 milioni. Ne consegue un drastico calo dei consumi (le famiglie italiane hanno tagliato 5.037 euro di spesa in un anno), ma anche del Pil, che è sceso del 9,1%. Ad aumentare è solo il sommerso, che arriva a toccare nel 2012 ben 190 miliardi di euro, ovvero il 12,1% del Pil.

Redditi, Sud a picco. Metà delle famiglie con 20.129 € l’anno, 27% meno del Nord
Anche il reddito è senza dubbio un parametro fondamentale per misurare la soglia di povertà delle famiglie italiane. La metà delle famiglie residenti in Italia ha percepito, nel 2011, un reddito netto non superiore a 24.634 euro l’anno (circa 2.053 al mese). Nel Sud e nelle Isole il 50% delle famiglie ha invece percepito meno di 20.129 euro (circa 1.677 euro mensili). In altre parole, nel Mezzogiorno, i redditi delle famiglie sono più bassi del 27% rispetto ai redditi delle famiglie residenti al Nord. Ciò conferma un divario non indifferente che intercorre tra le diverse zone d’Italia. Un divario che appare molto più marcato se si considera che il reddito mediano delle famiglie del Mezzogiorno è pari al 73% del reddito delle famiglie residenti al Nord, mentre al Centro tale numero sale al 96%. Al di là del divario territoriale, ne esiste poi un altro, che si determina sulla base della distribuzione della ricchezza: il 20% più ricco delle famiglie italiane percepisce il 37,5% del reddito totale, mentre il 20% più povero percepisce solo un misero 8%.
E a proposito della diseguaglianza economica che intercorre tra le diverse macroaree, il rapporto di Bankitalia ci offre un quadro che, ancora una volta, conferma il grave svantaggio del Sud rispetto al Nord. Il Mezzogiorno, infatti, presenta tassi di diseguaglianza economica paragonabili a quelli della Turchia. Qui, il quarto più povero della popolazione percepisce il 3,7% del reddito complessivo, mentre nelle regioni settentrionali questo numero sale al 5,7%. Vanno decisamente meglio le regioni rosse del Centro e l’Italia padana, dove la diseguaglianza è nettamente inferiore rispetto al “profondo Sud”. Un vero e proprio abisso dal quale è sempre più difficile risalire.

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