Green economy, l’incredibile risultato della Sicilia: è ultima - QdS

Green economy, l’incredibile risultato della Sicilia: è ultima

Rosario Battiato

Green economy, l’incredibile risultato della Sicilia: è ultima

mercoledì 22 Gennaio 2014

Fondazione Impresa ha stilato la consueta classifica sulla base degli indicatori espressi nel 2013. Per noi un quadro desolante. Risultati migliori tutti nel centro-nord: edilizia, rifiuti, energia, agricoltura, turismo e mobilità

PALERMO – Per una Sicilia dell’energia stretta tra polemiche eoliche, attese infrastrutturali e piani in dirittura di arrivo (non prima del 2014), c’è un’ulteriore brutta notizia che giunge dall’Indice di Green Economy (IGE), il valore per comprendere lo stato della green economy in Italia elaborato da Fondazione Impresa come insieme di conoscenze comuni fruibili dagli attori economici e istituzionali di green economy. La Sicilia è all’ultimo posto nazionale. 
L’indice di Green Economy serve a redigere una “classifica” delle regioni italiane basata sulla effettiva qualità verde del sistema produttivo in rapporto allo sviluppo economico. Il risultato è ottenuto dall’incrocio di 21 indicatori di performance afferenti ai principali settori interessati dalla green economy: energia, imprese e prodotti, agricoltura, turismo, edilizia, mobilità e rifiuti. “Le variabili che compongono gli indicatori – si legge nel rapporto che declina la classifica finale – sono state selezionate sulla base dei principali aspetti che declinano la green economy, prendendo in considerazione gli indicatori che forniscono informazioni accurate, attendibili e confrontabili rispetto alle venti regioni italiane. I dati alla base dello studio sono stati tratti da fonti ufficiali (Istat, Terna, Sinab, Enea, etc.) e le informazioni statistiche disponibili a novembre 2013”.
Per la Sicilia il quadro è discretamente cupo. Nella classifica nazionale la Sicilia è ventesima (-0,645), distante dalle prime tre della classe (Trentino Alto Adige, Umbria e Marche) e dalla media nazionale. Il malessere è tuttavia assimilabile all’intera macroarea: “in via generale, la classifica stilata da Fondazione Impresa restituisce la fotografia di un’Italia nella quale le regioni meridionali ottengono piazzamenti prevalente-mente peggiori nell’Indice di Green Economy rispetto a quelle del Centro-Nord”. Fanno eccezione l’Abruzzo (ottava posizione), la Sardegna (undicesima) e la Basilicata (dodicesima). La Sicilia ha ulteriormente peggiorato la sua situazione (nel 2012 era diciannovesima) rispetto ai valori del report dell’anno precedente. 
A far vincere le regioni settentrionali sono stati alcuni settori strategici per lo sviluppo: edilizia per gli ottimi risultati ottenuti sulle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici (le regioni settentrionali ricoprono le prime otto posizioni), e i rifiuti che hanno visto dominare per la differenziata Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Anche nelle categorie tradizionalmente meridionali, punti vendita bio e alloggi agro-turistici, i migliori risultati sono tutti altrove (Marche, Umbria e Toscana). Le uniche eccezione siciliane a questa classifica ingloriosa arrivano dall’agricoltura biologica e dagli operatori nel settore.
Anche nel settore dell’energia c’è poco da gloriarsi. Al di là della produzione fotovoltaica ed eolica che in Sicilia continua a segnare ottimi risultati, nel complesso le realtà più green relative alla maggiore percentuale di energia elettrica da fonti rinnovabili arrivano da Valle d’Aosta, Trentino e Basilicata. Non c’è spazio nemmeno per la Carbon Internsity che misura il grado di emissioni responsabili del cambiamento climatico e piazza la Campania al primo posto nazionale. Anche il tessuto produttivo non pare all’altezza: la diffusione delle licenze Eco-Label, il marchio europeo di qualità ecologica, confeziona un podio centro-settentrionale con la Valle d’Aosta, il Friuli e l’Umbria.
 

 
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PALERMO – Scorrendo le numerose classifiche dettagliate dell’ultimo rapporto di Fondazione Impresa sull’indice di green economy tra le regioni italiane, c’è veramente pochissimo da salvare per una Sicilia che fatica praticamente in ogni settore della rivoluzione verde che sta contagiando l’Europa e buona parte dell’Italia. Eppure, sembra ormai ridondante ripeterlo, soprattutto dalla green economy passa il futuro della ripresa.
Sono pochissimi settori green a essere meritevoli di segnalazione in Sicilia. L’Isola, assieme a Calabria e Basilicata, si trova sul podio nell’indice di imprenditorialità biologica, rispettivamente con 158,4, 367,7, e 204,8 operatori nel biologico ogni 100 mila abitanti. Rientra anche tra le prime cinque regioni italiane per superficie agricola destinata alle colture biologiche con valore pari al 13,9% che è il quarto valore nazionale. Stessa posizione dell’Isola anche per la diffusione degli allevamenti biologici che in Sicilia sono pari a 34,7 aziende zoo-tecniche biologiche ogni 100 mila abitanti.
Ultima nota meritevole, che è anche merito della crisi internazionale, si verifica rispetto alle emissioni di CO2 da trasporti. In questo caso le regioni che presentano i risultati migliori sono Campania, Basilicata, Calabria, Puglia e Sicilia con valori inferiori a 2 tonnellate di CO2 pro-capite.
Su tutto il resto piomba il nero di una cattiva gestione che parte da Roma per passare da Palermo e finire negli uffici comunali per diramarsi anche nelle pessime abitudini di vita dei cittadini. Nel capitolo energia la Sicilia ottiene il penultimo risultato nazionale sul fronte dell’energia elettrica da rinnovabili (19,7% sulla produzione totale), superata in basso soltanto dalla Liguria, e il peggiore in assoluto per quanto riguarda il risparmio energetico certificato con i certificati bianchi (294,2 Kwh/ab contro una media nazionale di 703 Kwh/ab).
Appena meglio la situazione sulla qualità ambientale dei prodotti (numero licenze ecolabel ogni 100 mila imprese) che vede la Sicilia assestarsi a 5,1, appena poco più in basso della media nazionale di 5,8. A preoccupare sono i risultati nel settore del turismo (1,1 alloggi agroturistici ogni 10 mila arrivi) e la potenza installata solare-fotovoltaica in Conto Energia su edifici (106,3 Kw ogni mille abitanti contro la media nazionale di 157,1). E si tratta appunto di due comparti, fotovoltaico e turismo, che potrebbero agevolmente trovare terreno fertile nell’ambiente isolano.

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