Inchiodare i dirigenti alle loro responsabilità - QdS

Inchiodare i dirigenti alle loro responsabilità

Carlo Alberto Tregua

Inchiodare i dirigenti alle loro responsabilità

giovedì 23 Gennaio 2014

Burocrazia a chilometri zero

L’interferenza della ministra Cancellieri nella vicenda Ligresti, quella dell’altra ministra De Girolamo nella vicenda dell’Asl di Benevento e la terza di Alfano per sollecitare un favore da Ligresti costituiscono punte di iceberg di quella miscela esplosiva fra politica e affari personali che sta devastando l’Italia.
Nessuno dei tre casi, almeno fino a oggi, presenta rilievi penali, ma non è questo che importa. Importa che chi rappresenta i cittadini nelle istituzioni, soprattutto in quelle più alte, ha più alte responsabilità e quindi i suoi comportamenti debbono essere irreprensibili, non solo nell’attività pubblica ma anche in quella privata. È impensabile che chi si comporta da bandito fuori dal suo ufficio, quando vi è dentro perda quella mentalità e diventi una persona perbene.
È ovvio che ogni cittadino ha diritto alla sua privacy, anche nelle faccende di lenzuola, ma chi fa sesso può essere ugualmente una persona perbene.

Diverso è il caso di chi rubi o di chi danneggi il prossimo: in questi casi quei comportamenti interessano l’intera collettività. Nel caso della Cancellieri, vi è stata una giustificazione umanitaria, ma non sembra che si possa parlare della stessa giustificazione negli altri due. Perché la De Girolamo è intervenuta, almeno così sembra, in attribuzioni di funzioni dirigenziali? E perché Alfano ha chiamato Ligresti dicendogli, come riferisce La Repubblica, “Il mio amico aspetta da lei quella casa”?
Sembrerebbe che si tratti di due questioni nelle quali i responsabili delle istituzioni (due ministri) abbiano usato la propria posizione per interessi privati di amici.
Che c’entra la privacy con la cattiva gestione del potere per favorire i propri protetti? Quando la difesa di certi comportamenti si basa sul modo e non sull’oggetto, implicitamente quest’ultimo viene confermato: risulta quindi del tutto inutile argomentare sul modo.
Se una classe politica, che ha dimenticato i valori etici, commette azioni non commendevoli, la responsabilità è ugualmente a carico dei dirigenti pubblici, i quali non hanno l’orgoglio dell’autonomia e l’onestà intellettuale di impedire prepotenze e malversazioni.

 
Matteo Renzi ha lanciato una proposta condivisibile: tutti i dirigenti pubblici devono essere contrattualizzati a tempo determinato, anche i vincitori di concorso, per evitare che gli stessi stiano 30 o 40 anni nelle posizioni di potere, creando incrostazioni, connivenze e potendo esercitare azioni ricattatorie.
Qualcuno osserva che i vincitori di concorso hanno diritto al posto. Non è vero. Basta spostare l’oggetto del concorso, che diventa l’iscrizione a un albo di professionisti qualificati, così riconosciuti dal concorso stesso, ai quali tutte le pubbliche amministrazioni (nazionale, regionali e locali) possono attingere per coprire i posti di responsabilità.
Nel citato albo possono essere aggiunti altri importanti requisiti che qualificano la professionalità degli iscritti. Per esempio, i risultati ottenuti nella loro attività professionale e le credenziali.

Di che si tratta? Le credenziali sono referenze rilasciate da precedenti datori di lavoro, pubblici o privati, sulla qualità dell’attività svolta. Vi è un esempio importante fra la dirigenza di questa tipologia: i direttori d’albergo, i quali sono ingaggiati in base alle credenziali ottenendone adeguati compensi. Non si capisce perché i dirigenti delle pubbliche amministrazioni non possano essere ingaggiati se non in base alle loro referenze e, ripetiamo, ai risultati raggiunti.
Questi due requisiti darebbero loro prestigio e consentirebbero alle pubbliche amministrazioni di avere dei professionisti di valore per far funzionare i relativi servizi con la massima efficienza e con i costi più bassi. In altri termini, con i requisiti di qualità ed economicità.
Ecco perchè crediamo in Matteo Renzi, perché anche su questo versante ha messo il dito nella piaga. Non sappiamo se sarà capace di questa rivoluzione vera. A suo tempo si dimostrò assolutamente inconcludente Berlusconi, nonostante la sua perentoria promessa che avrebbe rivoltato la burocrazia come un calzino.
L’auspicio di avere una burocrazia al servizio dei cittadini è condizione perché la Comunità nazionale risorga. Subito!

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