PALERMO – “Riguardo il randagismo la Sicilia è indietro di 15 anni”. Con queste parole Marcella Porpora, responsabile regionale Lav Sicilia, ha lanciato l’allarme sulla situazione deficitaria in materia di strutture e di politiche adeguate in tema di lotta al randagismo. I casi di queste ultime settimane, Ragusa in primis, rappresentano solamente la fase più recente di un processo degenerativo che la Lav, e altre associazioni animaliste, denunciamo da anni. Secondo i dati forniti dal ministero della Salute, in Sicilia ci sono attualmente 68 mila cani randagi, terza regione d’Italia. “Questo dato sembra quasi invariato da anni – ha aggiunto la responsabile regionale della Lav – pertanto appare strano che il numero dei randagi non abbia subito sostanziali cambiamenti. Si dovrà provvedere ad una attenta analisi del fenomeno”.
Intanto, appaiono certamente insufficienti le strutture disponibili in quanto sino ad oggi la Sicilia può contare su 37 canili sanitari e 42 canili rifugio, in numero nettamente inferiore rispetto, ad esempio, alla Lombardia che ne conta rispettivamente 37 e 93 o il Piemonte che ne possiede 63 e 75. In queste regioni infatti il numero di randagi è sensibilmente minore, si parla di circa 2mila in Piemonte e di una cifra prossima allo 0 in Lombardia.
Mancanza di fondi adeguati? Pare non sia proprio così. Dai dati pubblicati sul sito della Presidenza del Consiglio, sono stati stanziati nel 2008 fondi per il Sud pari a 2.800.000 euro per la lotta al randagismo.
La polemica divampa in una serie di accuse incrociate. Tra i progetti finanziati nel 2007 dal ministero della Salute rientra un progetto di 50 mila euro per un canile comunale a Modica, la città del piccolo Giuseppe Brafa ucciso da un branco killer (anche se l’episodio, per la cronaca che non cambia purtroppo le conseguenze, è avvenuto nel territorio limitrofo di Scicli, ndr) che però non è mai stato costruito. Francesca Martini, sottosegretario alla Salute, accusa il sindaco di inadempienza, mentre il primo cittadino modicano Antonello Buscema ha lamentato, da parte sua, l’assenza di una progettazione adeguata. “Con 50 mila euro possiamo solo realizzare il recinto” aggiunge. “Possiamo certamente affermare la grande disponibilità istituzionale a risolvere il problema – hanno commentato i vertici della Lav regionale – soprattutto da parte del sottosegretario Martini e dell’assessore regionale alla Sanità Massimo Russo, altrettanto non possiamo dire degli amministratori locali”. Solo un caso, tra i diversi che ci sono in una Sicilia che in questo settore ha leggi e i fondi, ma che non rispetta pienamente le prime e gestisce malamente i secondi. Il randagismo è regolato dal 1991, anno della legge quadro 281, recepita in Sicilia solo nove anni dopo. “I decreti attuativi della legge regionale numero 15/2000 – ha denunciato Marcella Porpora – sono giunti solo sette anni dopo”. E anche in questo caso ci vorrà molto tempo perché i comuni si adeguino con strutture pubbliche o convenzionate per la sterilizzazione e la cura dei randagi. “Varo di un Piano regionale straordinario – chiedono dall’Enpa Sicilia – con messa in mora dei Comuni inadempienti per le prescrizioni dettate dalla legge regionale per la prevenzione del randagismo n. 15/2000”.
Dal 2001 ad oggi lo Stato ha stanziato in Sicilia 3 milioni di euro per contrastare il fenomeno del randagismo, che appare in evidente espansione negli ultimi tempi. Nel 2008 l’assessorato regionale alla Sanità, nell’ambito dei provvedimenti della legge quadro 281, ha erogato una cifra pari ad un milione di euro per interventi di ampliamento e costruzione di rifugi e fondi per le associazioni che si occupano dei randagi. Uno sforzo non ancora sufficiente a stabilizzare la situazione, visto che nel rapporto luglio 2008 del Nas emerge un quadro della situazione non troppo roseo con 4 irregolarità penali e 5 amministrative su 17 canili privati ispezionati, due strutture sequestrate ed un’altra di cui è stata richiesta la chiusura.