Crolli e quotidiani rischi per la sicurezza nel Centro storico di Palermo - QdS

Crolli e quotidiani rischi per la sicurezza nel Centro storico di Palermo

Gaspare Ingargiola

Crolli e quotidiani rischi per la sicurezza nel Centro storico di Palermo

sabato 19 Aprile 2014

Sono 1.620 gli edifici che necessitano di interventi: ci vorrebbe più di mezzo miliardo di euro

PALERMO – La fotografia dello stato di salute del Centro storico del capoluogo è consegnata dal paradossale caso della libreria Zacco, in corso Vittorio Emanuele. Dato che l’edificio che la ospita è in rovina e il 26 febbraio la Polizia municipale l’ha sequestrato, il negozio resterà chiuso per un tempo indefinito. Stessa sorte per Creviart, negozio di assistenza tecnica informatica del numero civico accanto. Due attività economiche che funzionavano chiuse per edilizia pericolante. Un vero delitto di questi tempi, ma anche un episodio che non sorprende in un contesto come quello del Centro storico, che in questi anni ha generato una messe di polemiche, indagini giudiziarie, audizioni all’Ars, proposte normative, sequestri e crolli.
Partiamo dai numeri, emersi durante l’audizione convocata un mese fa dal presidente della Commissione Ambiente dell’Assemblea regionale, Giampiero Trizzino, cui hanno preso parte i deputati regionali del Movimento 5 stelle Giorgio Ciaccio, Claudia La Rocca, Valentina Palmeri e Angela Foti, il sindaco Leoluca Orlando, gli assessori comunali ai Lavori pubblici, Agata Bazzi, e all’Urbanistica, Tullio Giuffrè, e il dirigente generale del Dipartimento regionale Protezione civile, Calogero Foti.
 
Nel capoluogo siciliano gli edifici che avrebbero bisogno di un intervento sono 1.620, distribuiti sui quattro mandamenti di Palazzo Reale, Monte di Pietà, Castellamare e Tribunale e suddivisi secondo una mappa del rischio che va dai 248 bisognosi di interventi urgenti ai 368 pericolanti fino ai 1.004 “soltanto” degradati. La maggior parte, 1.466, sono edifici privati, 102 sono pubblici, 52 appartengono alla Curia. Secondo la gerarchia del rischio dei 1.466 edifici privati 910 sono degradati, 332 pericolanti e 224 a rischio crollo. Per quanto riguarda le 102 proprietà comunali 58 sono degradate, 24 pericolanti e 20 bisognose di interventi urgenti. Le 52 chiese si dividono in 36 degradate, 12 percolanti e 4 a rischio crollo.
La portata del disastro, però, si tocca con mano quando si tirano in ballo i soldi. Per rimettere le cose a posto servirebbe oltre mezzo miliardo di euro: 289 milioni per gli edifici degradati, 150 per quelli pericolanti e 84 per quelli bisognosi di interventi urgenti. I maggiori responsabili, come visto, sono i proprietari, nei confronti dei quali in questi anni si è agito sia sul fronte amministrativo che su quello giudiziario. A febbraio il procuratore aggiunto Leonardo Agueci e il sostituto Daniele Paci hanno aperto un fascicolo con 1.264 indagati per omissione di lavori in edifici che minacciano rovina. Fra questi c’è una decina di inquisiti per il crollo di piazza Garraffello alla Vucciria.
Neanche a piazza Pretoria sono rimasti con le mani in mano, anche se la guerra viene affrontata con una fionda: per farsi un’idea, mentre una città come Milano ha una novantina di dirigenti tecnici Palermo ne ha solo uno. Le strade tracciate sono due e piuttosto obbligate perché le casse comunali piangono: l’anno scorso per l’edilizia pericolante c’erano 500 mila euro, quest’anno più o meno altrettanti. E allora o si ricorre a risorse esterne, come i residui dei fondi regionali della legge 25/93, che però ammontano a neanche 12 milioni di euro, oppure si accelera sul fronte degli espropri seguendo una procedura che spiega l’assessore Bazzi. “Abbiamo passato a pettine fitto – afferma – tutti gli immobili degradati privati sui quali i proprietari non sono intervenuti nonostante diffide, ordinanze e verbali di inadempienza. A norma di legge questi edifici possono essere espropriati e diventare oggetto di un bando per l’edilizia residenziale aperto alle cooperative. Abbiamo ‘pizzicato’ 7.500 proprietari di 240 edifici con un lavoro sulle visure catastali lungo oltre un anno”.
A volte però le procedure di esproprio subiscono dei rallentamenti perché ci sono contenziosi in atto (è stato il caso di piazza Garraffello) ma una volta giunta a termine questa fase si dovrebbe indire la gara per le cooperative sulla scia di quanto è stato fatto l’anno scorso per le aree industriali. Secondo alcuni, a complicare le cose ci si è messa la stessa giunta Orlando, che ha spacchettato il Settore Centro storico distribuendone le diverse competenze fra Urbanistica, Edilizia privata e Mobilità. Un comitato composto da residenti, associazioni, una ventina di architetti e ingegneri e un nutrito gruppo di consiglieri della Prima Circoscrizione ha deciso di presentare ricorso al Tar contro quella che ritengono una soppressione a tutti gli effetti. Il sindaco Leoluca Orlando ha sempre difeso la decisione spiegando che “il Centro storico non è stato affatto abrogato. Non è più possibile che certe norme urbanistiche vengano interpretate in un modo in centro città e in un altro modo in periferia oppure che si creino inutili sovrapposizioni e perdite di tempo”, come nel caso delle pedonalizzazioni che prima dovevano passare da ben due assessorati.

Dal risanamento alle case popolari

PALERMO – L’assessore al Centro Storico, Agata Bazzi spiega il piano della giunta Orlando per il Centro Storico: “Stiamo lavorando presso l’Ars a un programma straordinario di messa in sicurezza che vorremo inserire nella manovra bis, che purtroppo è rimasta bloccata. Il programma prevede una serie di interventi in danno ai privati: il Comune anticipa i soldi per i lavori e poi li recupera via Tribunale. Attualmente esiste una legge che obbligherebbe i proprietari a intervenire in caso di pericolo per l’incolumità pubblica ma, e uso un eufemismo, è del tutto ignorata”.

“Per quanto riguarda le proprietà pubbliche – aggiunge – ho inviato da poco in Ragioneria, per il parere sui costi, una delibera municipale per ricavare case popolari dall’edilizia minore, con una spesa di 8 milioni di euro”.
L’articolo 125 della Legge regionale 25 del 1993 concede contributi a fondo perduto fino a un massimo del 50% dei costi per il restauro e il ripristino delle facciate esterne degli edifici, nonché per il restauro delle coperture e il consolidamento delle strutture portanti. La Regione garantisce il rimborso purché l’intervento sia proposto da persone fisiche e non da imprenditori edili.
“Ma i residui della Legge 25 – sottolinea l’assessore –non sono molti: poco più di 11 milioni di euro, 8 per le opere pubbliche e fra i 3 e i 3,5 per i privati. Il finanziamento per i privati vorremo destinarlo soprattutto alla nascita di botteghe artigianali con un bando specifico sul quale stiamo ancora lavorando. Quel poco che rimane vorremo destinarlo a un dormitorio e una mensa pubblici e al rifacimento dei marciapiedi di via Maqueda”.

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