Più passa il tempo, più si allunga la vita e più la gente ha paura. Di che cosa? Di tutto e di niente. La paura del nulla è molto pericolosa, perché non consente di razionalizzarla e quindi di superarla.
Badate, non è una questione di età. Si dice che i vecchi hanno paura, perché inconsapevolmente si accorgono che il passare del tempo li rende più fragili di fronte alle avversità. Il lato peggiore della questione è che i giovani hanno paura, sono timorosi e cercano di rincuorarsi utilizzando mezzi non opportuni come alcol e droga.
Certo, non tutti i giovani sono come li abbiamo descritti. La maggior parte guarda avanti e proprio per la loro età ancora acerba non hanno paura di nulla. A quell’età è giusto essere anche un poco incoscienti, perché via via, maturando, l’incoscienza diminuisce sostituita dalla prudenza.
Ora, essere prudenti è una virtù, ma essere troppo prudenti è un errore comportamentale. Infatti, il rischio è una componente della vita. Non dovremmo mai percorrere i marciapiedi per paura che un vaso di fiori ci piombi in testa. Non dovremmo andare col motorino sulle strade bagnate perché potremmo scivolare. Non dovremmo affrontare imprese nuove perché c’è sempre la possibilità di fallire. Non dovremmo conoscere nuove persone perché potrebbero rivelarsi malfattori. Non dovremmo innamorarci mai perché quando l’amore finisce piangeremmo.
Conosco amici che hanno lavorato fino a 65, 70 o 75 anni in posizioni apicali e poi l’indomani del loro ultimo genetliaco lavorativo cadono in profonda depressione. Essi non hanno provveduto a costruirsi interessi collaterali cinque o dieci anni prima della cessazione del lavoro, in modo da crearsi un’alternativa vera, piena di interessi e anche di entusiasmi.
Da giovani bisogna addestrarsi, ma l’addestramento non finisce mai, anche in punto di morte, perché bisogna tentare di immaginare che cosa c’è dopo il momento fatale in cui lo spirito abbandona il corpo. Ma non pensarlo solo in quel momento. Cominciarlo a pensare dieci o vent’anni prima in modo da abituarsi all’idea che il corpo finisce, ma lo spirito si trasforma in energia e continua a esistere.
Mai problemi, sempre soluzioni. Questo dovrebbe essere il credo cui uniformare il nostro comportamento. In altri termini, dare per scontato che i problemi esistano e, quindi, passare subito a cercare le soluzioni necessarie per superarli. Guai a chi resta abbagliato o folgorato dalle difficoltà, che possono pioverci addosso anche improvvisamente. In questo caso, bisogna fare un passo indietro e cercare di riflettere per pensare come fare a tirarsi fuori dal guado.
Non è certo la speranza la giusta posizione di chi vuol essere positivo e propositivo. Ricordate il detto chi di speranza vive, disperato muore? Quelli che aspettano la manna che piove dal cielo o la vincita al Superenalotto staranno tutta la vita ad aspettare un evento che avendo una probabilità su miliardi di casi, possiamo affermare non si verificherà mai.
Invece, costruire mettendo mattone su mattone con costanza, sapienza e capacità. L’esempio della favola La formica e la cicala di Jean de La Fontaine (1621-1695) è lampante, constatando gli effetti delle abitudini della formica e della cicala.
Riflettiamo sul metodo, cioè sul modo giusto di condurre la nostra vita in maniera da fare, qualora gli eventi ce lo consentano, un consuntivo positivo quando rivedremo il suo film.