Alla Triennale di Milano presentata la Fondazione siciliana che valorizza la meritocrazia. Schillaci: “Non si tratta solo di trasferimento di competenze”
MILANO – Mettete una cena tra amici in un noto ristorante catanese. Si parla del più e del meno, di politica, di economia, di tasse. Poi l’argomento di discussione cade sempre lì dove il dente duole: in Italia il merito non è sufficientemente riconosciuto.
Se però gli amici della cena rispondono ai nomi di Mimmo Costanzo (imprenditore) e di Elita Schillaci (docente presso la Facoltà di Economia all’Università di Catania), potete stare tranquilli che la conversazione diventa propositiva.
Al punto da finire col costituire una vera e propria Fondazione del merito. La cui presentazione si è tenuta a Milano nei locali della Triennale in una serata condotta da Massimo Russo, direttore del mensile Wired, durante la quale si sono alternati al microfono gli stessi Mimmo Costanzo, che ha sottolineato come sia importante parlare di merito in un periodo di recessione, mettendo l’accento su quella che deve essere la “normalità del merito”; Elita Schillaci, che evidenziato come in Italia il merito si tenda a contrastarlo; Giovanni Giuffrida, pure lui imprenditore nonché docente di Informatica presso l’ateneo catanese, un “cervello in fuga” nel Paese del merito per antonomasia, gli Stati Uniti, ma che dieci anni fa ha deciso di tornare in patria, avviando un’azienda che oggi gode di ottima salute; il creativo Vicky Gitto, che ha sottolineato l’importanza del fatto che una Fondazione “intitolata” al merito parta da un imprenditore, perché uno dei problemi italiani è proprio quello di “non riconoscere nella meritocrazia una leva di crescita”; il “piccolo grande” genio della rete, Federico Morello (che ha fatto da testimonial alla Fondazione), intervistato da un altro grande giornalista economico, Giovanni Iozzia, direttore di Economy Up.
Ogni Fondazione, però, deve avere il suo logo. Così ecco una sorta di concorso tra alcuni studenti di una famosa scuola di arti visive, l’Istituto europeo di design. I quali, “guidati” dal professor Mauro Panzeri (che ha rimarcato lo spirito collaborativo con cui hanno lavorato i ragazzi, perché “la competizione non è mai meritevole”), hanno ideato dodici loghi, uno dei quali (una “m” al contrario, realizzata da Chiara Pirovano) è stato prescelto come simbolo della Fondazione.
Durante il suo intervento Mimmo Costanzo ha rilevato come il merito “non abbia età”. Che, tradotto, significa tecnologia, dunque, “linguaggio dei giovani”. “Senza tralasciare un aspetto importante, quello della cultura”. Che, per la professoressa Schillaci è “non solo trasferimento di competenze ma anche di un certo modo di essere: io, all’inizio della mia carriera universitaria, tendevo a trasmettere conoscenze, ciò che sai; ora sono passata alla fase ciò che sei”.
Ma merito non necessariamente è sinonimo di imprenditoria. Anche un lavoratore dipendente può essere meritevole. A evidenziarlo sempre Elita Schillaci, che porta ad esempio quella maestra elementare che raduna gli alunni, dopo la scuola, per leggere loro favole altrimenti sconosciute o come quel cameriere che considera il suo lavoro come il più bello al mondo perché quando entra in sala con i piatti per lui è come un prim’attore che sale sul palcoscenico. Esempi di merito in una Fondazione con protagonisti siciliani. Un esempio positivo in una terra dove, ahinoi, a prevalere sono criteri che di meritocratico hanno ben poco.
Federico Morello, alfiere della Repubblica a 19 anni: “Il merito è consapevolezza e riconoscimento delle proprie capacità, ma anche coraggio”
MILANO – Ha 19 anni, una smorfia simpatica che fa spesso capolino sul viso e una storia che farebbe tremare i polsi al più eclettico dei dinamici: Federico Morello è salito agli onori delle cronache quando, a soli tredici anni, ha duramente lottato per ottenere la connessione a banda larga per il suo paese, Lestanz, frazione del comune di Sequals, pedemontana friulana. Prima delle sue lotte (formalizzate attraverso l’invio di numerose missive al sindaco del luogo) si collegava a Internet solo a 56k; oggi, dopo essere diventato referente regionale dell’Associazione italiana Antidigital divide e fondatore del sito
www.friuliadd.org, con il tentativo di esportare il già sperimentato modello di successo anche in altre zone della regione, è (dal 1 giugno 2012) Alfiere della Repubblica Italiana, per i meriti nella lotta al digital divide e per la creazione di progetti a banda larga.
Federico Morello, dunque, è una risorsa rara e anomala nel nostro Paese – se non altro dal punto di vista anagrafico: special guest dell’evento di lancio di Fondazione per il Merito, iniziativa nata per volontà dell’imprenditore catanese Mimmo Costanzo e della docente di Economia dell’ateneo siciliano Elita Schillaci, finalizzata a valorizzare in maniera significativa e generativa il valore della meritocrazia. Nell’ambito di un contest che ne avrebbe scelto il logo (selezionato tra quelli proposti da alcuni studenti dell’Istituto Europeo di Design di Milano), la Fondazione ha fatto il suo debutto pubblico presso la Triennale di Milano, con la sapiente introduzione di Massimo Russo (direttore di Wired Italia) e gli interventi di numerosi ospiti, tra i quali Costanzo, la Schillaci e, soprattutto, Morello. Che si definisce un “piccolo evangelista, una figura strategica di supporto alle aziende, più che operativa”.
Come vedi l’Italia da qui a dieci anni? Sii pessimista, se necessario.
“Non sono pessimista, in realtà. Cerco di essere il più obiettivo possibile: ci sono due Italie che avanzano contemporaneamente. Quella che potremmo definire buona Italia mi rende piuttosto ottimista, soprattutto sui risultati ottenuti negli ultimi cinque anni; ma come diceva qualcuno, in Italia per farcela devi essere doppiamente bravo e contare su due motori, uno che ti consente di andare avanti, e uno che ti permette di non farti trascinare indietro”.
E tu? Chi sarai tra dieci anni?
“Sto per terminare il liceo, e mi è difficile capire cosa continuerò a fare. Adesso lavoro molto con il digitale e l’informatica, ma per natura sono incline a cercare dei guizzi, non a seguire sentieri già determinati. Tuttavia credo che continuerò a evangelizzare, a diffondere quel tipo di cultura che abbatta il difetto di valutazione – tipicamente italiano – da sempre alla ricerca di ipotetiche dicotomie tra realtà effettiva e realtà digitale, tra comunicazione reale e comunicazione digitale. Come quando parlano di popolo della rete, che in realtà non esiste”.
Cos’è, per te, il merito?
“È coraggio. È la piena consapevolezza delle proprie capacità. E, soprattutto, è il riconoscimento di questi elementi”.
Giuseppe Paternò di Raddusa