“Ci sono due novità positive. La prima è che è stato fissato nel Def, per la prima volta nel nostro Paese, una percentuale di Pil – lo 0,3% – che verrà destinato da quest’anno alle opere infrastrutturali. Una cifra che si aggira intorno ai 5 miliardi/5 miliardi e mezzo di euro. Questo ci dà la certezza di poter programmare in futuro, opere infrastrutturali la cui realizzazione richiede tempo. Mi sembra importante, su tale fronte, avere la certezza di avere 30 miliardi disponibili di fondi ministeriali, in un quinquennio, cui vanno aggiunti naturalmente i fondi delle Regioni, dei Comuni, i fondi comunitari.
La seconda cosa positiva è che c’è un’attenzione più convinta e decisa per tutta l’Italia meridionale. Il nostro Paese ha una caratteristica geografica particolare, quella di penetrare nel cuore del Mediterraneo. I due grandi corridoi europei, che iniziano uno a Rotterdam e l’altro nei paesi Baltici, piovono nel Mediterraneo naturalmente toccando le due coste italiane, quella tirrenica e quella adriatica fino a scendere, alla Calabria e alla Sicilia da una parte, alla Puglia dall’altra.
Se si guarda una carta dell’Italia e le priorità previste dal Mit ci si accorge che si deve lavorare al completamento di alcune grandi linee infrastrutturali: la Torino-Lione, il traforo del Frejus, il porto di Genova che va potenziato, il cosiddetto “terzo valico” Milano-Genova su ferro, le autostrade Tirrenica, Livorno-Civitavecchia e Pontina. Più a Sud, nell’hinterland napoletano veniamo alla Salerno-Reggio Calabria: una costola che completa le grandi infrastrutture che arrivano fino alla Calabria. Un’altra grande opera per l’Italia meridionale che manca sul serio, perché collega le grandi città del sud su ferro, è la Bari-Napoli.
Queste sono le vertebre della nuova Italia, che la dovrebbero collegare direttamente all’Europa. Oltre al problema delle grandi infrastrutture ve ne è un altro legato al tempo di fruibilità, in molte regioni esistono criticità ataviche. Qualche settimana fa, per esempio, ho preso la Palermo-Messina in treno e ho impiegato circa 3 ore. L’altro grande problema – di cui avevamo iniziato a parlare con Mauro Moretti, ex Ad delle Ferrovie dello Stato e ora vedremo di riportarlo all’attenzione di chi lo sostituirà – è, quindi, come lavorare nelle reti infra regionali. Quelle su ferro, ad esempio, sono indispensabili per chi è pendolare per motivi di studio o lavoro”.
“Dovremo ripensare – ed è una questione già all’attenzione del Governo, perché stiamo lavorando a dei provvedimenti – all’assetto portuale e aeroportuale. Per quanto riguarda i porti, oggi ci sono 24 autorità in Italia. L’ipotesi è di ridurle in maniera concreta, portandole da 24 a 12 o 14, secondo una logica generale di efficientamento. Ovviamente non tutte le regioni hanno le stesse caratteristiche geografiche, ci sono porti a 200 km di distanza l’uno dall’altro ed altri più vicini tra loro. Il punto fondamentale può essere diversificare.
Per quanto riguarda le strutture aeroportuali, l’indirizzo generale che viene dato dal Mit è di provare a costruire delle società che diversifichino le attività aeroportuali. In Calabria, ad esempio, ci sono tre aeroporti: Reggio, Lamezia e Crotone. A parte Lamezia, che ha un traffico più che sufficiente, le altre due società – Crotone e Reggio – hanno problemi di bilancio. La mia opinione è che si dovrebbe purificare il bilancio e trovare delle ragioni di convergenza anche diversificando il mercato cui ci si rivolge".
“È tra le opere inserite nel Def, è assolutamente presa in considerazione”.
“Bisogna darsi delle priorità e sono quelle che ho tracciato prima. A quelle bisogna attenersi. Lei ha citato il relativamente basso costo dell’opera. In questo momento di grande difficoltà economica e di crisi, purtroppo, a soffrire non è solo il bilancio pubblico ma anche le imprese”.
“Per le amministrazioni pubbliche, avendo anche il patto di stabilità che frena, è più probabile tagliare gli investimenti piuttosto che la spesa corrente, che oramai copre tutta quella parte di servizi alla persona, servizi primari che sono già stati asciugati. Quindi ritagliare ancora una volta su quelli per molti amministratori diventa insopportabile”.
“Le dirò gli ingredienti più rilevanti del provvedimento. Innanzitutto delimitiamo il campo: quando parliamo di ‘Piano casa’ ci riferiamo a una normativa riguardante edilizia residenziale pubblica. Per intenderci: Iacp, ex Iacp e case di proprietà dei Comuni e delle amministrazioni territoriali, utilizzate a beneficio di cittadini con un reddito che va da una certa cifra in giù. I punti fondamentali del provvedimento sono quattro. Innanzitutto la lotta all’abusivismo, contenuta nell’articolo 5, uno dei punti cardine. Il secondo tema riguarda tutto il pacchetto recupero e restauro, messa in sicurezza e messa a norma degli edifici. Questo anche utilizzando la cosiddetta ‘edilizia verde’, la ‘bioedilizia’. Ristrutturare, quindi, con uno sguardo anche al nuovo. Terzo ingrediente fondamentale è la questione della vendita. La possibilità, cioè, di un affittuario di acquistare il bene spendendo ‘100 lire’. Quelle ‘100 lire’ verranno poi destinate alla costruzione di altro. Infine, dentro il provvedimento del ‘Piano casa’ ci sono i ‘bonus mobili’, di genere fiscale: chiunque restauri riceverà un ‘x’, se compra poi la lavastoviglie, il frigorifero o altro elettrodomestico avrà un vantaggio fiscale.
Al ministero dell’Economia e delle Finanze hanno fatto delle previsioni circa il provvedimento. Secondo il Mef la normativa, una volta a regime, dovrebbe muovere sul mercato circa 2 miliardi/2 miliardi e mezzo di euro. E questo escludendo i bonus mobili, non conteggiati dal ministero delle Finanze poiché introdotti in seguito”.
“Quello relativo alla tematica degli incentivi ecobonus sarà probabilmente uno dei punti che presenteremo all’Europa nel prossimo semestre di presidenza italiana.
Per quanto riguarda il triennio 2012-2014, vista la concreta impossibilità di ulteriori proroghe del provvedimento così come attualmente in vigore, ci si troverà di fronte all’assenza di incentivi per l’intermodalità strada-mare. Dall’annualità 2015 in poi, invece, sarà possibile un eventuale ecobonus europeo. Visto il successo ottenuto dall’esperienza italiana, da contatti in corso con la Dg Move (Directorate-General for Mobility and Transport della Commissione europea), abbiamo ragione di veder confermata la concreta possibilità di lavorare ad un’ipotesi di incentivo all’intermodalità strada-mare di livello comunitario, eventualmente estendibile anche all’intermodalità strada-ferro. L’ottica, comunque, sarà sempre quella di incentivare la domanda invece dell’offerta. Occorrerà lavorare su ipotesi di stampo europeo a partire dall’esperienza italiana. Ciò non vorrà dire fare una copia di ciò che è stato fatto in Italia. Bisognerà considerare, infatti, le specificità di tutti gli Stati membri e le diverse esigenze in termini di mobilità, burocrazia, territorio, ecc. In considerazione dell’impegno – sia politico che operativo – che una simile iniziativa richiede, valuteremo, come le dicevo, la possibilità anche in occasione del prossimo semestre di presidenza europea da parte dell’Italia.