Ricompare in tutta l’Isola il fungo. La causa è da ricercare nei repentini cambiamenti climatici, e ora la produzione trema. A rischiare sono soprattutto le coltivazioni biologiche di cui la Sicilia vanta il record in Italia
PALERMO – Ricompare la peronospora nelle zone coltivate a vitivinicoltura un po’ ovunque in Sicilia. A rischio vigneti coltivati per circa 110 mila ettari. Una grossa fetta dell’economia siciliana che viene minacciata dal terribile fungo causato da organismi parassiti che sottraggono risorse trofiche alla pianta e ciò si manifesta, in generale, con depigmentazioni a carico dei tessuti verdi, a cui seguono in genere necrosi più o meno estese.
A carico dei frutti si instaurano processi degenerativi che si manifestano con necrosi o marciumi. L’esito degli attacchi di peronospora è spesso letale, soprattutto quando interessa le piante erbacee. Ecco perché da parte della Soat, la sezione operativa di assistenza tecnica dell’assessorato regionale dell’Agricoltura, viene lanciato un vero e proprio allarme: “Purtroppo questi cambiamenti climatici repentini – afferma il funzionario dell’assessorato regionale all’Agricoltura, Giuseppe Gambino – stanno mettendo in serio rischio molti vigneti in Sicilia. La peronospora si è già manifestata in moltissime aree, serve quindi che l’agricoltore prenda delle dovute contromisure.
Ecco perché faccio un appello a tutti i contadini affinchè si rechino negli uffici Soat di riferimento della propria zona e chiedano sopralluoghi e consulenze assolutamente gratuite”. I trattamenti necessari sono quelli tradizionali a base di rame, materiale che possiede la capacità di aggredire il fungo a diversi livelli e ciò implica l’impossibilità di “assuefazione” dell’agrofarmaco da parte del patogeno.
Ciò significa che in pratica non esiste il rischio di resistenza del fungo al rame. Però bisogna fare in fretta per evitare che la situazione si complichi o che la peronospora possa aggredire il frutto. Ovviamente questione diversa riguarda invece le coltivazioni biologiche che rappresentano in Sicilia una parte importante delle coltivazioni vitivinicole.
In base all’ultimo censimento della Regione le aziende operanti in questo settore sono 40 mila e che gestiscono 110 mila ettari di territorio coltivato a vite. La Sicilia ha, secondo l’Aiab, l’associazione italiana per l’agricoltura biologica, la leadership per numero di superfici dedicate alla viticoltura bio: si contano terreni estesi su oltre 16mila ettari.
“Il traino del Sud nei vini bio non è una novità – spiega il vicepresidente dell’Aiab, Cristina Micheloni – visto che regioni come la Sicilia possono vantare vocazione territoriale, condizioni climatiche favorevoli, una presenza di aziende di dimensioni medio grandi e vini riconosciuti che possono trarre dall’opzione bio un plus qualitativo”. Questo però fa capire anche che molta economia è a serio rischio: “Ovviamente per coltivazioni non biologiche – precisa Gambino – le cure che si possono effettuare sono molto più efficaci anche perché sono invasive. Per quelle biologiche invece non ci può essere un trattamento così forte, per cui ci sono degli evidenti rischi anche se con le tecniche attuali si può fare molto. Certo che questo comunque è il rischio che investe chi lavora sul fronte del biologico”.
Nuovi studi per combattere il terribile fungo
La prevenzione resta però un baluardo importantissimo per preservare le piante da questo patogeno. Gli agricoltori siciliani sono abbastanza attenti ed in larga parte utilizzano proprio trattamenti preventivi, soprattutto dopo la catastrofe del 2007 quando la peronospora distrusse quasi per intero le coltivazioni vitivinicole dell’intera Sicilia.
Scienziati britannici hanno sviluppato una patata geneticamente modificata in grado di resistere al fungo. Ad oggi la Peronospora (Phytophthora infestans) rimane il più grande nemico dei produttori di viti e patate. Ogni anno, gli agricoltori britannici spendono circa 60 milioni di sterline per controllare la malattia mediante l’uso di fungicidi. Le patate risultano così una delle coltivazioni più trattate chimicamente. Nel Nord Europa, gli agricoltori generalmente trattano la coltivazione da 10 a 15 volte (in un anno negativo anche fino a 25 volte). La nuova ricerca ha affrontato il problema di rafforzare la resistenza dei prodotti agricoli contro la peronospora, cercando tuttavia di mantenere le caratteristiche produttive e qualitative richieste da produttori e consumatori.