Tariffe dell’“acqua del sindaco”. Le città siciliane a metà strada - QdS

Tariffe dell’“acqua del sindaco”. Le città siciliane a metà strada

Tariffe dell’“acqua del sindaco”. Le città siciliane a metà strada

martedì 06 Ottobre 2009

Per gusto e salubrità le risorse idriche che sgorgano dai rubinetti sono assolutamente accettabili. Palermo più cara di Catania: bollette da 246 euro contro 198 per 200 metri cubi

PALERMO – L’eterna sfida tra l’acqua di rubinetto e la minerale in bottiglia si rinnova ad ogni puntata di ulteriori capitoli. Ormai appare fuor di dubbio come la qualità delle acque italiane, e di quelle isolane in particolare, sia assolutamente accettabile come gusto e salubrità.
Anche i costi, pur restando abbastanza variegati nella realtà nazionale, restano tuttavia contenuti in rapporto all’acqua in bottiglia, arrivando a costare fino a 330 volte in meno.
L’Italia si colloca, secondo l’International Water Association (IWA), al terz’ultimo posto come spesa idrica, tuttavia esistono fasce abbastanza differenti.
Il quadro italiano delle tariffe dell’acqua del sindaco è compreso tra la costosissima Firenze, 448 euro annui per 200 metri cubi, e la sostenibile Milano, 110 euro annui per 200 metri cubi. In mezzo ai due eccessi si collocano le realtà siciliane di Palermo e Catania, che hanno bollette rispettivamente pari a 246 euro annui per 200 metri cubi e 198 euro annui per 200 metri cubi.
In Sicilia, a fronte di una qualità davvero ottimale dell’acqua di rubinetto, esiste però un sistema che non può definirsi virtuoso, visto che permangono cattive abitudini come la mancata attivazione del servizio h24 nella totalità dei comuni, i seri problemi alle condotte e la questione dei depuratori. Date queste premesse non stupisce che quasi il 60% dei siciliani, la percentuale più alta d’Italia, non si fidi dell’acqua di rubinetto.
In altre regioni il trend è completamente differente, come sta avvenendo ad esempio in Toscana. Ad Arezzo, un cittadino su due ha sostituito l’acqua minerale in bottiglia con l’acqua di rubinetto, un risultato frutto di una oculata gestione delle risorse idriche da parte di “Nuove Acque”, società mista che riunisce i 36 comuni dell´Alto Valdarno e un gigante industriale come la francese Suez. In soli dieci anni gli aretini che utilizzano l’acqua in bottiglia sono passati dall’80% al 45%.
Tutto ciò è stato frutto di importanti investimenti che hanno comunque portato le tariffe della città Toscana a 440 euro per 200 metri cubi annui. In Sicilia, nonostante le tariffe stiano subendo degli aumenti, e si stiano facendo degli investimenti in alcune delle zone più depresse, si resta ancora distanti dall’ottenere risultati soddisfacenti.
Quindi tra diffidenza e irregolarità del servizio si consuma la vittoria delle grandi multinazionali, basti pensare al caso Nestlè a Santo Stefano di Quisquina in provincia di Agrigento, che arrivano in Sicilia pagando canoni irrisori per l’emungimento, senza alcun dazio per l’imbottigliamento dell’acqua dalle nostre sorgenti.
Adesso pare sia giunto finalmente il momento per un diverso approccio al problema, infatti, Marco Venturi, assessore regionale all’industria, ha spiegato che la Regione sta prendendo in considerazione l’idea di attivare le tariffe anche per l’imbottigliamento.
“Il documento della Conferenza delle Regioni – ha spiegato Venturi – prende in considerazione per la tassazione sia la quantità di acqua imbottigliata, sia la quantità emunta e non imbottigliata. è in corso di valutazione la problematica inerente all’applicazione dei diversi sistemi di tassazione, anche per i prodotti derivati”.

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