Massimo Carraro: "Morellato: un mondo di design e valori italiani" - QdS

Massimo Carraro: “Morellato: un mondo di design e valori italiani”

Massimo Carraro: “Morellato: un mondo di design e valori italiani”

venerdì 08 Agosto 2014

Forum con Massimo Carraro, amministratore delegato Morellato Group

Dottor Carraro, Morellato Group: un colosso nel campo della gioielleria e dell’orologeria…
“Assolutamente sì. Siamo il primo gruppo, in termini di dimensioni, a proprietà completamente italiana nel settore della gioielleria e dell’orologeria. Il nostro fatturato supera i 180 milioni di euro. Oggettivamente, in termini di fatturato, c’è una realtà, Bulgari, superiore alla nostra; tuttavia da qualche anno è in mano francese. Quello che caratterizza Morellato Group, però, non è tanto e non solo una questione di dna orgogliosamente italiano. È anche la nostra mission: valorizzare il made in Italy e la tradizione del Belpaese”.
Per seguire questo progetto avete, quindi, diversificato?
“Più che di diversificazione, visto che il brand è comunque l’orologio e il gioiello, parlerei di allargamento del portafoglio dei marchi: oltre a Morellato, abbiamo Sector, Philip Watch, Pianegonda, Chronostar e Bluespirit. Tutti accomunati dalla voglia di dare voce al made in Italy. Dietro ogni marca c’è un mondo di valori, di cultura, di design tutto italiano. Un progetto molto importante, soprattutto in un’epoca in cui l’economia è orientata ad aprirsi ai nuovi mercati: va, in una parola, verso la cosiddetta globalizzazione. Uno stato di cose che rischia di far scomparire aziende bellissime e marchi che hanno fatto e fanno la storia del made in Italy ma che non posseggono quella “soglia minima” per poter competere in un mercato globale.
Da noi, nel campo del fashion, non c’è molto, anche se abbiamo esperienze vincenti in altri settori, come quello dell’occhiale con Luxottica. Noi questo processo aggregativo vogliamo portarlo avanti nel campo del gioiello e dell’orologio”.
Considerata la vostra mission, quanto incide il mercato italiano sul fatturato?
“Moltissimo. Il mercato italiano resta quello più importante, nonostante il periodo di recessione. A seguire c’è la Francia: un aspetto che mi piace sottolineare perché riuscire a portare la moda italiana in casa dei francesi non è cosa di poco conto. Altri mercati importanti sono la Spagna, gli Emirati Arabi e la Cina. E, ovviamente, la Russia o l’area balcanica, tutti Paesi dove il made in Italy è apprezzato. Anche se una nota non proprio positiva va rimarcata: io ho girato parecchio il mondo e sono giunto alla conclusione che, forse, il Paese che apprezza meno il made in Italy è proprio l’Italia. Pecchiamo di autostima. Ed è sbagliato perché abbiamo un patrimonio meraviglioso che va valorizzato, con tante potenzialità ancora inespresse”.
Il vostro target di riferimento in quale fascia si colloca?
“Bisogna fare un ragionamento differenziato a seconda dei marchi. Pensando a Morellato e alla linea ‘Gioielli da vivere’, il cliente tipo è la donna moderna e giovane, riferendoci con quest’ultimo aggettivo non a un dato anagrafico ma a uno stile di vita: si può essere giovani anche da anziani e viceversa. Dunque, con i gioielli Morellato, ci rivolgiamo a una donna dinamica, che lavora ma anche con un suo tempo libero, degli hobby e delle amicizie. Poi c’è Sector No Limits, che rappresenta il mondo della sfida, prima di tutto con se stessi: all’inizio il bacino d’utenza era essenzialmente maschile; con gli anni si è allargato alle fasce femminili. Io stesso, quando vado a fare footing sull’argine di un fiume o in un parco, vedo sia uomini che donne, mentre un tempo era solo prerogativa maschile. Ancora, Pianegonda, che ‘rappresenta’ una donna dalla personalità più forte, estrema”.
Qual è l’“ingrediente segreto” del successo usato dalla famiglia Carraro? Da quando siete alla guida di Morellato Group è un continuo crescendo.
“Sicuramente la passione e la fiducia in ciò che si sta facendo. Usando un’immagine calcistica, se vuoi fare goal devi anche andare in attacco, non solo giocare in difesa. Credo che questa sia stata la visione che ci spinge e che ci porta avanti”.
 
Quali sono i progetti per il futuro?
“I progetti sono le nostre nuove collezioni, quindi Morellato o Sector o Philip Watch. Siamo molto soddisfatti di come è iniziato questo 2014, non solo perché prosegue la crescita sui mercati internazionali ma anche perché – e questo non succedeva da un paio di anni – ci sembra che il mercato italiano abbia fermato la discesa dei consumi. D’altro canto i nostri marchi continuano ad essere leader nei propri segmenti di riferimento: ne stiamo lanciando uno nuovo, dopo l’estate, Pepe Jeans London, un prodotto giovane per i giovani. Aver sviluppato una linea di orologi di un brand dal nome di una città europea cosmopolita come Londra, frequentata da tanti studenti e ragazzi italiani, è per noi motivo di orgoglio a conferma del fatto che, quando si tratta di fare cose belle, gli italiani emergono sempre”.
Quindi il settore non ha risentito della crisi?
“Be’, sicuramente si è fatta sentire. Tuttavia possiamo dire di essere arrivati in fondo. Di certo non si può parlare ancora di ripresa ma – e questo è già molto – perlomeno non stiamo andando più in basso; abbiamo smesso di ‘scendere’. Non sottovalutiamo questo aspetto: sarebbe prematuro e avventato parlare di ripresa e di risalita, però non è più neanche discesa. Spero che sia l’anticamera di un ritorno a una fase di crescita. Questo, però, dipende dalla concomitanza di tanti elementi. Tuttavia, ripeto, questo aspetto è un elemento positivo e va valorizzato e sottolineato”.
 

 
I punti vendita sono 450 da Taormina a Hong Kong

Quanti sono i punti di vendita di Morellato Group?
“In tutto quasi 450. Tuttavia una precisazione è doverosa: l’orologio e il gioiello si vendono prima di tutto nelle orologerie e gioiellerie specializzate. Dunque il nostro primo cliente è l’orologiaio o il gioielliere. Poi abbiamo sviluppato una rete retail legata a punti vendita immagine in grandi città italiane ed estere come Milano, Venezia (dove siamo nati), in Sicilia, Taormina; Hong Kong, Shanghai, Barcellona, Stoccarda, Lione, Lugano, Dubai, New York, Macao. Questo perché nel momento in cui vai fuori dai mercati tradizionali europei, è più che mai necessario gestire direttamente i propri corner shop e la propria distribuzione, cosa che hanno fatto tutti i brand di moda italiani: quando si gira il mondo si vedono punti vendita diretta di Armani o Prada. Una gestione diretta necessaria perché Paesi, ad esempio, come la Cina sono caratterizzati da un’indubbia elevata capacità di spesa, ma privi di una propria tradizione di gioielleria ed orologeria di qualità. Accanto a questo tipo di distribuzione, ne abbiamo un’altra, che riguarda gli shopping mall, dunque non i clienti ‘su strada’, ma che interessa essenzialmente la linea Bluespirit. In generale, la nostra policy è quella di non creare interferenze tra la distribuzione effettuata dai migliori operatori specializzati del settore e quella retail”.

Qualità e valorizzazione del made in Italy, però, significa anche un costo del lavoro più elevato.
“Certamente. Ma se dobbiamo e vogliamo continuare ad esprimere le nostre competenze e la nostra tradizione è necessario. Lo so che produrre in Italia costa più che farlo altrove. Però, se vuoi vendere prodotti di qualità, in Italia hai ancora una competenza e una professionalità che si tramandano, che in altri luoghi non trovi”.
 

 
Sicilia e Lombardia, regioni che danno più fatturato

Invece in Sicilia quanti punti vendita sono presenti?
“Differenziando fra i vari marchi del gruppo, direi una cinquantina”.
E in che percentuale la Terra del Sole incide sul fatturato complessivo?
“Le rispondo in questo modo: per noi, a livello di Morellato Group, sul mercato italiano la Sicilia e la Lombardia sono, per motivi diversi, le prime due regioni in assoluto. La Sicilia, terra che io amo e meta sempre prediletta per le mie vacanze, giusto compromesso tra arte, storia, cibo e mare, ha una tradizione e un gusto per il gioiello e l’orologeria di antiche tradizioni. Direi che rappresenta forse il mercato più interessante per quanto riguarda la capacità di percepire tendenze e orientamenti.
Una terra troppo spesso ingiustamente associata solo ad aspetti negativi. Ma si sa, un po’ tutta l’Italia è il Paese dei luoghi comuni. Porto, a titolo esemplificativo, il nostro marchio Philip Watch. Bene. Non tutti sanno che il primo orologio Swiss made, un prodotto senza tempo, di grande qualità, l’unico che coniuga in maniera eccellente design italiano e tecnologia svizzera, è nato, nel 1858, a Napoli, realizzato dalla comunità elvetica che viveva nella città partenopea. Quando lo racconto in giro mi sento dire: ma come? A Napoli e non, ad esempio, a Milano? All’estero queste storie e queste tradizioni sono apprezzate: al Dubai Mall, il più grande shopping mall al mondo, dove in un anno transitano clienti otto volte quelli di Rinascente a Milano, qualche tempo fa abbiamo realizzato una mostra Philip Watch. È stata un successo sia di gradimento che di affluenza di pubblico. E, per noi, un’enorme soddisfazione: un altro modo, questa volta sotto l’aspetto storico ed artistico, di diffondere il made in Italy, le sue tradizioni e i suoi valori”.

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