Ma chi è il minore che arriva al circuito penitenziario e quali strumenti sono disponibili per conciliare le esigenze di controllo sociale con quelle educativo-formative?
“Attualmente i minori in carico al Servizio sono in gran parte maggiorenni; su 27 ragazzi, 21 hanno più di 18 anni. Ci troviamo però in un momento di svolta – precisa -. Con il decreto legge 92/2014, che estende l’età di competenza dei servizi minorili da 21 a 25 anni, di fatto ci troveremo a ‘ospitare’ ragazzi via via più adulti. Dal 27 Giugno, infatti, il range di età va dai 14 ai 25, con ripercussioni negative in termini di convivenza”.
“In quanto ultima ratio, il minore approda al carcere solitamente alla fine di un percorso di fallimenti rieducativi che determinano scarso impegno sul versante del cambiamento”, specifica Capitano.
“La fase adolescenziale è di per sé complessa e di difficile gestione”, commenta Isabella Russo, educatrice. “A ciò si aggiungono famiglie problematiche, che hanno già avuto contatti con la giustizia e in cui spesso il fratello, il padre o lo zio sono stati (o sono) in carcere”, sottolinea.
Se i minori si sentono abbandonati dalla famiglia, non abituati a essere “visti”, possono però trovare, in primo luogo nella scuola, un’opportunità per sentirsi realizzati e rivedere criticamente le scelte di vita.
Accorgersi che qualcuno “scommette” su di loro è il più grande incentivo che i minori hanno a disposizione per impegnarsi nel cambiamento; a tal fine, all’Ipm palermitano, sono previsti corsi professionali, come orticoltura, giardinaggio, cucina, arti grafiche.
“A mio avviso uno dei più importanti cambiamenti normativi è creare un Ordinamento penitenziario minorile – conclude Capitano – Un ordinamento ad hoc, che non si basi più sulla pura applicazione di quello per adulti, include l’aumento delle ore mensili previste per i colloqui familiari. Un grande supporto lungo il trattamento rieducativo. Il minore, che esce a 25/30 anni, ha tutta la vita davanti ed è necessario attivare un vero cambiamento durante la permanenza in carcere. Viceversa, non solo i ragazzi, ma noi tutti, come Stato, perdiamo tempo e risorse”.