Ezechia Paolo Reale: "Dop, biomasse, agrumi per l’agricoltura isolana" - QdS

Ezechia Paolo Reale: “Dop, biomasse, agrumi per l’agricoltura isolana”

Francesco Sanfilippo

Ezechia Paolo Reale: “Dop, biomasse, agrumi per l’agricoltura isolana”

martedì 14 Ottobre 2014

Forum con Ezechia Paolo Reale, assessore regionale dell’Agricoltura, Sviluppo rurale e Pesca mediterranea

Ci sono parecchi prodotti falsi che mettono a rischio i prodotti siciliani Dop?
“Si tratta di una problematica molto seria, poiché, secondo una statistica recente, i nostri prodotti Dop originali sono 200, mentre quelli falsificati in circolazione sono 600 nel mondo, assai richiesti sul mercato per i prezzi ridotti. Questi prodotti falsificati sono facili da commercializzare sui mercati esteri che non hanno controlli severi, mentre il consumatore italiano che è abbastanza informato, è molto più attento”.
Che cosa sta realizzando l’Assessorato per quanto riguarda le biomasse?
“Ci sono degli studi specifici in Assessorato che si stanno analizzando e che saranno messi in esecuzione. Il problema che si presenta, è delicato, perché la produzione di biomasse non può essere diffusa ovunque. Le Università danno come alta l’incidenza negativa che la produzione di biomasse avrebbe sui prodotti agricoli nelle zone circostanti. Infatti, nonostante siano bruciati degli elementi naturali, la ricaduta delle ceneri nei campi coltivati, penalizzerebbe la qualità dei prodotti. Le colture di biomasse possono avvenire come conversione delle zone già vocate alla produzione industriale, come quelle dei petrolchimici. L’Assessorato sta valutando la possibilità di coltivare le biomasse con le imprese che detengono queste aree, usando gli impianti esistenti. Inoltre, l’Assessorato ha dato inizio ad una sperimentazione, per cui sono stati realizzati due impianti di biomassa da 4 kW, uno nella Sicilia occidentale e l’altro nella Sicilia orientale, per valutarne l’incidenza ambientale. L’attenzione è massima, ma occorre essere prudenti per non ripetere gli errori del passato. Anche la chimica verde ha una sua importanza, se si pensa all’alto numero degli stabilimenti chimici siciliani che stanno chiudendo. La chimica verde potrebbe essere una grande svolta e si possono recuperare numerosi terreni incolti per produrre piante che abbiano le caratteristiche richieste dalla chimica verde”.
La pesca può costituire una potente risorsa?
“No, il settore della pesca è indietro, perché è un mondo che non ha guardato all’imprenditoria moderna, seguendo tradizioni culturali che non permettono di affrontare il mercato attuale. Occorre fare un percorso che l’agricoltura ha già fatto in parte, ma che la pesca non ha ancora iniziato. Eppure, questo svantaggio potrebbe permettere a questo settore di svilupparsi con ampi margini. Le marinerie siciliane costituiscono realtà importanti, ma risentono di una gestione non moderna. Ciò si riflette quando dalla pesca si passa alla commercializzazione, poiché i nostri imprenditori hanno guardato i problemi presenti a mare, ma questo è solo un primo aspetto della filiera. Ad esempio, non ci sono più mercati ittici in Sicilia rispetto ai decenni precedenti e nessuno se n’è reso conto”.
Qual è la situazione degli agrumi?
“I produttori agrumicoli hanno più difficoltà, perché esiste una parcellizzazione delle imprese che non è stata risolta, per cui sono più deboli di fronte alla grande distribuzione. Per questo motivo, l’Assessorato sta spingendo molto questi produttori a consorziarsi e a giungere a contratti di filiera per la trasformazione secondaria dei prodotti come quella in succhi. Poi, questo settore sta subendo molto la concorrenza che viene dal Marocco, dopo gli accordi presi con l’Ue che ha portato all’importazione incontrollata di agrumi rispetto alla possibilità di esportare macchinari agricoli. I danni sono così doppi, perché, da un lato, si esportano questi mezzi favorendo le industrie del Nord Italia, dall’altro questi ultimi consentono produzioni di massa che mettono in difficoltà i nostri produttori. Per questo, l’Assessorato sta lavorando per attivare le misure compensative che questi accordi prevedono e che si attivano, quando vi siano dei comparti che siano danneggiati da accordi commerciali di questo tipo. Tuttavia, la concorrenza esiste e i marchi servono a difendere con più efficacia i nostri agrumi. Occorre fare comprendere al pubblico che vale la pena spendere un euro in più per prodotti che salvaguardano la salute”.
 
I produttori dell’olio sono pronti per realizzare un percorso simile a quello del vino?
“Sì, i produttori dell’olio sono molto avanti in questo percorso, tant’è che ci sono già sei Dop riconosciuti su 30 prodotti che hanno ottenuto questo marchio, riportando la maggiore percentuale. Ci sono sei consorzi di tutela e imprenditori lungimiranti, per cui la qualità dei prodotti è riconosciuta all’estero, difesi anche da sei consorzi di tutela agguerriti, uno per ogni consorzio Dop. A breve, seguiranno anche i consorzi Igp che potranno preservare adeguatamente i prodotti grazie al riconoscimento che questo marchio offre”.
In realtà, esistono difetti tali nella vostra comunicazione, per cui questi prodotti sono, oggi, sconosciuti agli stessi siciliani?
“È vero, occorre fare ancora molto per recuperare quest’aspetto, ma le potenzialità ci sono per favorire la nascita di un mercato informato. Per questo, i tre milioni di euro per la gestione del Cluster per l’Expo 2015 assumono una particolare importanza, perché solo così si potranno raggiungere gli 800 milioni di persone che saranno coinvolte durante l’Expo. Se passa il messaggio positivo sulla qualità dei nostri prodotti e le Università riescono a presentare i loro studi scientifici sulla capacità dei prodotti stessi nella conservazione della nostra salute, potremo ricevere offerte tali da espandere il mercato. Tale qualità ha un fondamento storico-scientifico, poiché i nostri agricoltori operano da millenni e hanno acquisito un bagaglio culturale che altri non hanno”.
 
Non si possono rafforzare i legami con le Università siciliane e i consorzi di Ricerca?
“Esistono delle realtà, come consorzi di ricerca, che sono stati abbandonati nel corso del tempo, pur avendo laboratori d’avanguardia e ricercatori di qualità. In questi laboratori, si fanno ricerche importanti che non hanno sbocchi, ma, se riusciremo a dimostrare scientificamente la bontà dei nostri prodotti, avremo successo. Tuttavia, occorrono dei testimonial siciliani che pubblicizzino gratuitamente l’evento, perché il messaggio che ne deriverebbe, sarebbe superiore al personaggio pagato per l’occasione. Non a caso, questa pubblicità resterà per sempre in internet e le campagne di comunicazione avranno maggiore facilità di diffusione. Tutti i nostri prodotti avranno questa base comunicativa enorme, dove sono stati portati i lavori scientifici fatti, così da vendere non solo il prodotto ma il territorio e la cultura che sta alla base di quel prodotto”.
Che cosa si sta facendo per l’Expo 2015?
“Ogni Regione avrà uno spazio temporale e il nostro sarà gestito in modo tradizionale dall’assessorato alle Attività produttive, coordinandoci col ministero dello Sviluppo economico. Invece, l’Assessorato ha partecipato ad un bando specifico per la gestione esclusiva del cluster bio-mediterraneo, dedicato alla dieta mediterranea, coordinando l’attività degli undici Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, più la Sicilia. La cultura del cibo richiede il suo tempo e le ricette della dieta mediterranea richiedono tempo, la cui qualità è superiore rispetto ad altri piatti. Del resto, i mercati asiatici o statunitensi danno molta importanza alla salute, per cui il prodotto che dà subito dei risultati benefici, diviene apprezzatissimo”.
A che punto è la spesa Ue?
“Il nostro Assessorato ha superato il 74% della spesa certificata e tutte le somme stanziate sono state impegnate, perciò si è vicini alla media europea”.

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