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Ragusa – Braccianti rumene e violenze nei campi, il servizio Rai senza dati ma sul “si dice”

Ragusa – Braccianti rumene e violenze nei campi, il servizio Rai senza dati ma sul “si dice”

venerdì 07 Novembre 2014

Gravidanze interrotte. Niente dati ufficiali, ma in ospedale ci sarebbero 5-6 aborti alla settimana da parte di donne rumene: un numero altissimo in proporzione alla media Sindacati, Ispettorato del lavoro, Forze dell’Ordine: non ci sono statistiche sul fenomeno, né denunce

RAGUSA – Di sfruttamento lavorativo si è sempre parlato. Lavoro nero, paghe irrisorie, condizioni precarie contraddistinguono da anni la consistente categoria dei braccianti agricoli. 27 mila sono quelli iscritti negli elenchi Inps della provincia di Ragusa – a cui si aggiungono gli ‘abusivi’ – di cui 13 mila concentrati nella cosiddetta ‘fascia trasformata’ che va da Vittoria a Santa Croce Camerina a Marina di Acate. La presenza di migranti, qui, è veramente consistente: la Flai Cgil parla del 40 per cento, ossia circa 5000 lavoratori impiegati tutto l’anno o stagionalmente nei campi e nelle serre dove se il lavoro non è nero – e lo è nel 60 per cento dei casi – presenta comunque delle chiare irregolarità contrattuali. La presenza massiccia della comunità tunisina, storicamente radicata in questo territorio, ha però lasciato spazio da qualche anno a quella rumena: l’entrata nella comunità europea e l’accettazione di paghe improponibili ha permesso ai rumeni di stabilirsi nel territorio ragusano, soprattutto a Vittoria dove, da 30 persone nel 2007, si è passati a 1200 nel 2008. E il dato è cresciuto a dismisura negli ultimi anni. “Nel 2008 questo dato esplode – ha riferito il segretario della Cgil di Vittoria, Peppe Scifo – ed emerge con una grande novità: all’interno del lavoro in serra, c’è una presenza femminile che noi stimiamo circa al 40 per cento del numero totale dei rumeni. Le donne nelle serre sono soprattutto rumene. Questi dati ci hanno però allarmato e richiamato l’elemento dello sfruttamento lavorativo, quest’esplosione di rumeni negli elenchi ci ha subito indicato un qualcosa che avesse a che fare con le dinamiche salariali”.
 
Queste donne, che lavorano nei posti da sempre ‘riservati’ agli uomini per 10-12 ore al giorno, si accontentano di pochi spiccioli e di qualche alloggio di fortuna. “Arrivano dalla Romania nelle campagne – ha aggiunto Peppe Scifo – dove vivono e lavorano, e i datori di lavoro mettono loro a disposizione gli alloggi, spesso fatiscenti, determinando, di fatto, l’isolamento di queste persone. Vivono lontano dai centri abitati, anche 20 km, perché la campagna è vasta, e sono comunque distanti e disgregati l’uno dall’altro. In questa condizione di isolamento – ha sottolineato – ci sono persone che non hanno servizi, non hanno mezzi, non hanno macchine, non hanno niente e vivono nella totale dipendenza dal datore di lavoro”.
L’allarme per la vulnerabilità di queste donne si è però trasformato in consapevolezza di un triste fenomeno sociale. “Ci sono stati anche casi di denunce vere e proprie di sfruttamento sessuale – ha detto Scifo che, da anni, segue questa problematica – Spesso però non c’è uno stupro, qualcuno parla di rapporto consensuale ma se è vero che è così si parla di un consenso molto relativo. Perdendo il lavoro, infatti, perdono tutto, perdono la casa, perdono l’alloggio. Loro non hanno a chi rivolgersi. É una convivenza di necessità”. Abusi e sfruttamenti si perpetuano nelle campagne, tra le serre delle primizie e i casolari abbandonati. Fare una stima del numero delle donne che vivono queste continue violazioni è però impossibile. Molte di queste, infatti, lavorano in nero e non denunciano per paura delle conseguenze, subiscono in silenzio le violenze di alcuni proprietari terrieri, giungendo addirittura al concepimento.
L’emergenza, comunque, riguarda anche gli aborti. “L’Ospedale “Guzzardi” di Vittoria – ha evidenziato ancora il segretario della Cgil – pare che registri (dico pare perché ad oggi non c’è un dato di ufficialità, benché è stato chiesto) sulla popolazione rumena un alto tasso di ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza. Siamo in attesa di avere l’ufficialità ma secondo quello che noi abbiamo riscontrato per testimonianze dirette di personale ospedaliero e del consultorio, si dice che il ricorso all’Ivg da parte delle ragazze rumene è altissimo in proporzione alle altre”. 5 o 6 interruzioni alla settimana sono il numero che emerge parlando informalmente con gli addetti ai lavori di Vittoria, a cui si aggiungono gli aborti clandestini sul territorio e quelli effettuati in altre strutture provinciali.
Si tratta di donne rumene che, accompagnate sempre da uomini, il più delle volte italiani ma anche tunisini o albanesi, si recano nei diversi ambulatori per richiedere un’interruzione volontaria della gravidanza. Numeri allarmanti. Contrastare il triste fenomeno è una sfida e la Flai-Cgil, la Camera del Lavoro di Vittoria e la cooperativa Proxima ci stanno provando da mesi con il Solidal Transfert, un pullmino che attraversa le campagne del ragusano per fornire ai migranti un passaggio per spostarsi, in maniera gratuita, per i vari servizi. Il sostegno alla mobilità diventa quindi un pretesto per aiutare in particolare le donne a non essere totalmente dipendenti dai datori di lavoro e dagli autisti abusivi che, spesso, chiedono cifre assurde per pochi km. Per la Cgil, comunque, qualcosa potrebbe essere fatto in tal senso. “Quello che chiediamo – ha concluso Peppe Scifo – è di mettere insieme i Comuni per finanziare un sistema di trasporto stabile che colleghi la campagna alla città. Questo, potrebbe essere il primo passo avanti: questi lavoratori, sarebbero così meno vulnerabili”.
 


La denuncia di Don Beniamino Sacco: “Non è una bella immagine e la realtà è ben diversa”
 
RAGUSA – “Noi abbiamo avuto delle donne che sono venute in parrocchia che hanno poi gestito la gravidanza per mesi. Di fronte a questa realtà non si può tacere, a me piace davanti a un fenomeno chiedere che cosa posso fare”. Non si parla di numeri con Don Beniamino Sacco, prete della Parrocchia Spirito Santo, che da anni denuncia attivamente lo sfruttamento dei lavoratori e gli abusi sessuali perpetrati sulle donne. Padre Beniamino è sempre stato molto attivo nel sostegno agli immigrati e, all’interno della sua parrocchia, dà accoglienza a minori e donne in difficoltà. Ha denunciato pubblicamente i cosiddetti ‘festini agricoli’, feste a sfondo sessuale, e ha accolto più volte donne rumene che non hanno richiesto l’Ivg, aiutandole poi nell’affidamento dei bambini. Il fenomeno, quindi, c’è, è radicato e non va ridimensionato. “Ho percepito in questi giorni un atteggiamento – ha detto – quasi per dire ‘chi glielo fa fare, perché devi dare un’immagine negativa della nostra zona’. Non è questo il problema. Il problema è che esiste questa situazione, dobbiamo farcene carico e dobbiamo capire come rispondere a questo fenomeno”.
Accanto a queste infelici realtà, ci sono però molti imprenditori agricoli che operano nel pieno rispetto della legalità e che valorizzano, anzi, le proprie maestranze. “Non si può fare di tutta l’erba un fascio – ha riferito l’imprenditore Pietro Calabrese che, ad Ispica, ha una grossa azienda agricola – Non è una bella immagine quella che stanno lanciando. Sono convinto che episodi spiacevoli sono potuti avvenire in qualche impresa ‘spericolata’, in qualche piccola azienda, anche perché in quelle più grandi non è possibile. Noi abbiamo circa 450 dipendenti, di cui 200-250 extracomunitari, sia donne che uomini. Ci vorrebbe una loro testimonianza – ha concluso Calabrese – in cui potrebbero affermare che sono trattati bene, per dire ‘non è come pensate, qua c’è una realtà ben diversa’”. 
 


L’Ispettorato del Lavoro: “Da noi nessuna denuncia”
 
RAGUSA – La complessità del fenomeno, l’estensione delle campagne e la mancanza di dati certi rendono molto difficile la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento sessuale delle donne nei luoghi di lavoro. Hanno paura di denunciare, questo è ovvio, e gli organi competenti faticano a far emergere questa problematica sommersa.
“Posso dire che ci possono essere degli episodi – ha evidenziato il dirigente della Direzione Territoriale del Lavoro di Ragusa, Emanuele Occhipinti – però a noi non è pervenuto neanche uno scritto anonimo riguardante questo fenomeno di sfruttamento. Denunce non ne sono arrivate. Abbiamo riscontrato, quest’anno e negli anni precedenti, contratti di lavoro irregolari, questo sì. Penso comunque che non sia un fenomeno circoscritto a quelle zone – ha aggiunto – riguarda anche la zona dello sciclitano, del modicano”.
Qualcosa, comunque, sembra muoversi. Come anticipato anche dallo stesso Ispettorato del Lavoro, i Carabinieri della Compagnia di Vittoria ci hanno assicurato che sono in atto dei controlli per contrastare “il fenomeno del lavoro nero e favorire la tutela della dignità dei luoghi dove si presta attività lavorativa” ma anche per “appurare l’esistenza, sui luoghi di lavoro, e in particolare presso serre e campi agricoli, di forme di schiavitù e di sfruttamento sessuale di donne extracomunitarie, specie rumene”. Anche la Polizia sta mettendo in atto azioni utili per “fare chiarezza senza generalizzare. Non bastano denunce generiche – dicono dalla Polizia – occorrono fatti circostanziati, testimonianze, prove per assicurare alla giustizia i responsabili. Per raggiungere l’obiettivo occorre la collaborazione delle vittime, convincerle che le forze dell’ordine sono a loro completa disposizione, per aiutarle a sottrarsi alle vessazioni, alle molestie anche sessuali sul posto di lavoro. Abbiamo preparato – spiegano – un volantino, semplice, con un messaggio immediato in lingua rumena. Sono stati affissi negli esercizi pubblici, nei supermercati, nelle agenzie di viaggio, nelle scuole, negli uffici pubblici ed ovunque possano essere visti dalle donne interessate”.

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