Si chiamano precari del settore privato, quelli che sono assunti con contratto a tempo determinato. Ma, ora, la legge 183/2014, denominata Jobs Act, e la legge di stabilità 190/14 hanno introdotto, finalmente, la figura del dipendente assunto con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Tali tutele verranno definite con i decreti legislativi che saranno approvati dal Consiglio dei ministri nella riunione del prossimo 20 febbraio.
Così vi dovrebbe essere una spinta per i rapporti di lavoro stabili e l’eliminazione graduale dei contrattisti a tempo determinato. Si tratta di una norma che apre le porte del mondo del lavoro e consente la flex security, cioè l’entrata e l’uscita a porte girevoli.
Nel settore pubblico, la solfa è opposta. I precari assunti dall’amministrazione centrale, dalle Regioni, dai Comuni e dagli altri enti pubblici non territoriali, sono abusivi e mai selezionati, perché non si sono sottoposti ai concorsi pubblici previsti dall’articolo 97 della Costituzione. è giusto, quindi, che essi ritornino da dove sono provenuti, perché il loro unico titolo di assunzione è stata la raccomandazione.
Le amministrazioni pubbliche, ora, hanno l’obbligo di riformulare le cosiddette piante organiche non più in base a criteri clientelari, poggiati sul voto di scambio (io ti do il posto tu mi porti i voti), ma sul valore inesistente nella Pubblica amministrazione, che è il merito.
Così operando, i politicanti Senzamestiere (neanche l’attuale presidente del Consiglio ha mai lavorato in modo produttivo), hanno privato la collettività dei migliori elementi che via via sono emersi dagli studi e dalle professioni, cioè i talenti. Quei talenti che non avendo trovato spazio in Italia, perché era stato occupato da persone non qualificate, sono fuggiti all’estero ove, invece, vengono accolti con i tappeti rossi, dando loro strumenti tecnici ed adeguati emolumenti.
I talenti trovano spazio nel settore privato. Infatti, le imprese hanno interesse ad assumere i migliori dirigenti e dipendenti perché le fanno funzionare. Tale interesse, invece, non c’é nella Pubblica amministrazione, ove il lassismo, l’assenteismo e la corruzione la fanno da padrone. I talenti, per le loro bravura e preparazione, resistono fortemente alle pressioni indebite e costituiscono anticorpi contro la corruzione. Per questo non li vogliono!
Chi è bravo, normalmente, non è disponibile a fare patti con mezze figure del ceto politico e burocratico. Nè a fare patti con imprenditori corrotti che, essendo incapaci di fare il loro lavoro, usano le mazzette per sopraffare i loro concorrenti onesti.
Valorizzare i talenti significa stabilire una scala di valori in cima alla quale debbono stare i più bravi. E gli altri? Devono scendere nella graduatoria in relazione alla loro capacità, anche occupando gli ultimi posti della classifica di merito.
Valorizzare i talenti significa dare una spinta all’economia privata e ribaltare la disfunzione delle Pubbliche amministrazioni.
Siamo alla frutta. O si inverte il perverso processo, oppure l’Italia scenderà ancora nella classifica delle nazioni più avanzate, fino a toccare il fondo.