42° Report Sicilia redatto dalla Diste consulting per la Fondazione Curella, previsioni negative. Pietro Busetta, presidente Fondazione Curella: “Non vi è consapevolezza sulle scelte da compiere”
PALERMO – “In Sicilia la crisi si attenua ma non si vede ancora l’uscita dal tunnel”. È questo il titolo del 42esimo Report Sicilia, redatto dalla Diste Consulting, per la Fondazione Curella, e presentato la scorsa settimana presso la sontuosa Sala degli specchi di Villa Niscemi, a Palermo.
I valori raccolti dal Diste, seppur non lasciano margini interpretativi, ritraendo un quadro economico sostanzialmente negativo per la Sicilia, sono stati occasione di confronto tra economisti ed istituzioni, intervenuti al dibattito, tra cui Alessandro La Monica, Presidente della Diste Consulting e Francesco Attaguile, Presidente di Hub Sicilia.
Le previsioni di preconsuntivo sul 2014 elaborate sugli aggregati di contabilità nazionale disponibili, predisposte dal Diste, indicano che per l’economia italiana l’anno si dovrebbe chiudere con una flessione del prodotto interno lordo (Pil), in termini reali, dello 0,4%, segnando una decelerazione rispetto ai cedimenti del biennio anteriore, -2,4% nel 2012 e -1,9% nel 2013.
Tali dati risultano ben distanti dalla Sicilia, con il Pil in discesa dell’1,6%, seguito da abnormi ripiegamenti del biennio antecedente: -3,8% nel 2012 e -4,2% nel 2013.
Secondo l’esercizio di previsione 2015, invece l’economia italiana dovrebbe crescere dello 0,5%, lasciandosi alle spalle la recessione, mentre la Sicilia resterà impantanata nella crisi, con il Pil stimato in flessione dello 0,8%.
Da tali dati è evidente che il 2015 non riserva per la Sicilia nessun cambio di rotta, né si verificheranno importanti sconvolgimenti geopolitici, né tanto meno turbative finanziarie da ripercuotersi sull’economia reale. Semmai tale decelerazione della tendenza regressiva si rifletterà marginalmente sul mercato del lavoro, in cui si attende la smobilitazione di circa 20.000 occupati (-1,5% a fronte di un +0,2% su scala nazionale) ed un aumento di 27.000 persone in cerca di lavoro.
In media il tasso di disoccupazione salirà al 24,5%, peggiorando di 1,6 punti rispetto allo scorso anno, mentre a livello nazionale l’indicatore segnerà +0,5%, raggiungendo quota 13,3%. Dal lato della domanda, i consumi delle famiglie residenti scenderebbero dello 0,5% (+0,6% in Italia), mentre la spesa in conto capitale tenderà a ristagnare sui livelli inadeguati del 2014 ( -0,2% contro un +0,7% a livello nazionale); sintesi di un modesto recupero degli investimenti in attrezzature e mezzi di trasporto (+1,1%) e di un cedimento del 1,6% degli investimenti in costruzioni.
Qualche segnale importante è atteso sul fronte del settore produttivo, dove si prevede un aumento del valore aggiunto dell’industria (+0,5%), dopo il calo medio annuo che ha sfiorato il 5% negli ultimi sette anni, ed un incremento dell’1,5% nell’agricoltura. Viceversa il valore aggiunto del ramo dei servizi (-0,9%) soffrirà per la debolezza dei consumi, e quello delle costruzioni scenderà dell’1,6%, penalizzato anche dai limiti imposti dal Patto di stabilità agli investimenti in infrastrutture, nonostante l’accelerazione di specifici lavori pubblici prevista dal Decreto legge Sblocca Italia (n.133/2014).
Per Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella, “la politica deve fare la sua parte, ma ancora non vi è piena consapevolezza delle scelte coraggiose da compiere”. Sulla stessa linea Fabio Mazzola, del Comitato scientifico della Fondazione Curella, che, proprio a partire dai valori rilevati, crede sia fondamentale capire “la capacità di reazione della nostra Regione rispetto a segnali di ripresa che appaiono nel resto del Paese”. Per Francesco Attaguile invece, “mancano strategie di sviluppo”. “Siamo ancora dentro il tunnel – afferma La Monica – anche se qualche segnale di miglioramento esiste, rilevato non solo dal dato relativo al settore manifatturiero e dell’agricoltura, ma soprattutto si veda il graduale diffondersi di iniziative imprenditoriali innovative (start up) e di strategie di integrazione aziendale (contratti di rete), dove la Sicilia rappresenta rispettivamente una quota del 3,8% e del 2% rispetto al totale nazionale”.