Cittadini, no a Destra Sinistra e privilegiati - QdS

Cittadini, no a Destra Sinistra e privilegiati

Cittadini, no a Destra Sinistra e privilegiati

venerdì 06 Marzo 2015

Ideologismo superato dai tempi

Siamo in disaccordo con Matteo Salvini in moltissime questioni, ma concordiamo su tre: la scomparsa di Destra e Sinistra, la scomparsa delle ideologie e l’attualità del federalismo.
C’è differenza profonda fra ideologia e idealismo. Il primo è un termine adottato da A. L. Diestutt de Tracy (1754-1836), per designare la scienza filosofica che doveva analizzare i contenuti della coscienza; il secondo è un nome di ogni concezione che tende a risolvere la realtà.
La distinzione è chiara: gli ideologi vivono nell’Iperuranio (lo spazio al di là delle sfere celesti); gli idealisti si confrontano con la realtà.
I cittadini, che non sono andati a votare, hanno detto basta a tutti quelli che usano le parole per dare fiato alla bocca. Protestano indignati e incazzati contro i parolai del ceto politico e burocratico che non risolvono i loro problemi.
La questione non è filosofica, ma concreta: da una parte i demagoghi, dall’altra la gente comune che si vede calpestare ogni giorno.

I parolai giustificano i loro ricchi compensi argomentando in modo che nessuno capisca ciò che vogliono dire. Così possono impunemente mentire, fare promesse che poi regolarmente non manterranno. Ma non ricevono sanzioni perché la gente non ha ancora trovato il modo di concretizzare le proprie proteste nei canali istituzionali.
Cosicché, parlamentari nazionali e regionali possono continuare a fare i loro comodi, a prendere vitalizi non dovuti; i burocrati percepiscono stipendi e pensioni da favola, i dipendenti pubblici ricevono stipendi cui non corrisponde l’obbligo dei servizi che devono rendere ai cittadini, nominalmente loro datori di lavoro.
Non esitiamo a definire stupidi quelli che continuano a parlare di Destra e Sinistra, ovvero privilegiati cui non importa nulla dei loro, appunto, datori di lavoro. In ogni mandato, che risponda ai criteri di corrispondenza fra incarico e compenso, deve vigere la regola etica che chiunque ne percepisca uno deve rendere in misura adeguata. Ma questo nel nostro Paese non accade e, forse, costoro godono del fatto che la gente non vada a votare. Così non sono disturbati.
Quanto scriviamo ha portato al declino economico-sociale dell’Italia e al divaricamento tra Nord e Sud.
 

Nella parte settentrionale del Paese, otto regioni viaggiano alla velocità media europea. Nella parte meridionale, otto regioni viaggiano alla media africana. Di chi è la responsabilità quasi secolare di questa divergenza?
In primis degli stessi meridionali, che hanno espresso una classe politica e burocratica di modesto livello, soprattutto in questi ultimi vent’anni, pur partendo dalla cosiddetta Unità d’Italia. Altra responsabilità non inferiore è della Classe dirigente meridionale che, per fare gli affari propri, si è comportata come le tre scimmiette.
Ora è arrivato il momento di ribaltare questa situazione non più sostenibile: un Paese a due velocità non danneggia solo il Sud, ma l’intera popolazione.
L’Istat ha comunicato la ripresina dello 0,1 per cento, che è la media nazionale. Ma essa, come i polli di Trilussa (Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, 1871-1950), fa apparire che il Nord e il Sud mangiano un pollo a testa, mentre in effetti il Nord ne mangia due e il Sud zero.

Eppure, nei governi di questo ventennio c’è stata una folta rappresentanza di ministri e sottoposti meridionali, ma non si è avvertita la loro ferma azione solidale per stringere la forbice Nord-Sud.
Dotare il Settentrione di infrastrutture, soprattutto nei trasporti, significa fornirgli una marcia in più. Continuare a mantenere il Sud senza infrastrutture o con infrastrutture fatiscenti significa obbligare il 40 per cento del territorio in uno stato di relativa povertà, senza alcuna possibilità di competere ad armi pari col resto del Paese e con l’Europa.
Abbiamo omesso di scrivere sul Centro Italia, che gode della presenza di Roma capitale, che consente a tutti i cittadini del Lazio di avere un reddito pro capite di oltre 27 mila euro, appena sotto quello del Nord di 33 mila euro. A fronte di questi dati, il reddito pro capite del Sud è di 17 mila euro annui.
Le riforme servono a riequilibrare la ricchezza nei diversi strati della popolazione e nei territori. Chi non lo fa è colpevole e merita di essere mandato a casa.

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