Green economy, futuro della Sicilia - QdS

Green economy, futuro della Sicilia

Green economy, futuro della Sicilia

giovedì 16 Aprile 2009

Biocarburanti, rifiuti-risorsa, disinquinamento

Il futuro della Sicilia è soprattutto nella Green economy, dove vi sono possibilità enormi di acquisire manodopera e personale, dal momento che la sensibilità dei cittadini verso l’ambiente si è svegliata in modo robusto.
I residenti di Melilli, Priolo e Augusta (triangolo della morte) non ne possono più di respirare aria fetida, che provoca malformazioni nei neonati e molti casi di tumori. I cittadini di Gela non ne possono più di respirare i residui della lavorazione del pet-coke, un carburante altamente inquinante, usato colpevolmente dall’Eni, una società controllata dal ministero dell’Economia.
I cittadini di Milazzo non ne possono più dell’inquinamento dell’aria, ma anche ambientale, con quelle orride ciminiere che deturpano una meravigliosa costa e impressionano negativamente i turisti che sbarcano dalle Isole Eolie.

Di fronte a questo scempio, la Regione è rimasta, fino ad oggi, muta e sorda, mentre avrebbe dovuto attivare i suoi poteri (che ha), per contestare tali inquinamenti e indurre le società titolari degli impianti industriali a investire adeguatamente per eliminarli, almeno in parte ed anche, perché no, a ridurre la stessa attività, oppure trasformarla in modo da usare bio-carburanti o il gas naturale che transita copiosamente in Sicilia.
Vi è poi tutto il versante dei rifiuti che, ancora oggi, costituiscono un onere, perché da essi non vengono tratte le materie prime come fertilizzanti, vetro, cellulosa, plastica ed energia. Invece, si continuano ad ammucchiare nelle discariche milioni di balle, saturando intere aree che di per sé diventano inquinanti, con emissione di gas tossici.
Inoltre, c’è il problema delle città nelle quali le centraline sono uno specchio dell’eccesso del particolato. Ma di fronte a questo segnale di pericolo, i sindaci sono restii a fermare il traffico perché è azione impopolare, né d’altra parte provvedono a modificarne la struttura mediante l’istituzione di Ztl (Zone a traffico limitato) nelle quali potrebbero penetrare solo bus a gasolio bianco o bio-carburante.

Vi è molto da fare. Il Pears (Piano energetico-ambientale regionale siciliano) ha delle linee innovative, ma la sua genericità consente interpretazioni diverse, e quindi lo rende potenzialmente inefficace. In altre parole, sta alla capacità dell’assessore all’Industria, Pippo Gianni, e di quello all’Ambiente, Giuseppe Sorbello, di applicarlo restrittivamente nell’interesse della Sicilia.
Ci rendiamo conto di avere a che fare con gruppi imprenditoriali, pubblici e privati, con grande potenza finanziaria e politica, ma ormai è ineluttabile puntare i piedi e chiedere rispetto per questa terra così bistrattata, usata in maniera speculativa, per portare i benefici a Roma, a Milano e a Genova.

Oltre 71 mila ettari di vigneti sono in via di espianto, con i costi  a carico dell’Unione europea. Vi sono 8 mila chilometri quadrati, su circa 25 mila di territorio siciliano nel quale non vi sono colture o colture senza reddito. Togliamone pure la metà per l’orografia, rimangono pur sempre 4 mila km quadrati che potrebbero essere utilizzati per produrre bio-carburante (mais, girasole, canna e barbabietola da zucchero, jatropha curcas, eccetera).
L’assessore regionale all’Agricoltura, Giovanni La Via, potrebbe preparare un piano straordinario nel quale coinvolgere gli agricoltori per la coltivazione di tali prodotti, in modo da essere utilizzati in un processo industriale a base di materia prima vegetale e non fossile.
L’idea del Presidente dei siciliani, Raffaele Lombardo, di utilizzare i precari come manodopera per il Ponte e, noi aggiungiamo, come manodopera per produrre tali piante, è saggia. Naturalmente, bisognerà far capire a questi precari che non c’è spazio nella Pubblica amministrazione siciliana e che devono riconvertirsi a fare attività produttiva.
Il futuro della Sicilia è nella green economy. Non coglierlo sarebbe suicida.

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