Cinema, il "1917" magistralmente diretto da Sam Mendes - QdS

Cinema, il “1917” magistralmente diretto da Sam Mendes

Torre Francesco

Cinema, il “1917” magistralmente diretto da Sam Mendes

venerdì 31 Gennaio 2020

Al culmine della prima Guerra mondiale, sul fronte francese una milizia britannica viene tratta in inganno da una ritirata strategica dell’esercito tedesco e prepara un attacco suicida

1917
Regia di Sam Mendes. Con George McKay (Caporale Schofiled), Dean-Charles Chapman (Caporale Blake), Colin Firth (Generale Erinmore), Benedict Cumberbatch (Colonnello MacKenzie)
Gb 2019, 110’.
Distribuzione: 01 Distribution

Al culmine della prima Guerra mondiale, sul fronte francese una milizia britannica viene tratta in inganno da una ritirata strategica dell’esercito tedesco e prepara un attacco suicida. Saltati i collegamenti radio, il compito di bloccare l’azione viene dato a due giovani soldati, in una disperata lotta contro il tempo tra terre di nessuno e linee nemiche per salvare la vita a 1.600 uomini.

Con straordinaria perizia tecnica, Sam Mendes (“American Beauty”, “Revolutionary Road”) costruisce il film come un unico piano-sequenza, mantenendo la macchina da presa sempre ad altezza d’uomo. L’unità di tempo, però, è solo un’illusione, come pure l’adesione iperrealistica al racconto di guerra. Invisibili fratture narrative, infatti, velocizzano il procedere eroico dei protagonisti annullando di fatto ogni spazio d’inazione e rendendo l’esperienza della visione totalmente immersiva.

La scelta stilistica del pedinamento dei personaggi permette al regista di rappresentare lo sfondo mutevole e tragico dello scenario bellico. L’orrore conradiano, dentro e fuori il “cuore di tenebra” del caporale Schofield, eroe in divenire, non è però mai al centro dell’inquadratura e il film rifugge ogni tentazione di approccio psicologico al romanzo di formazione.

Capace di risemantizzare inquadrature iconiche dell’immaginario cinematografico di tutti i tempi (il soldato Blake riquadrato dentro la cornice della finestra di una casa in cui appare un giocattolo, rimando a “Quarto Potere” e chiara anticipazione del destino del personaggio; la sequenza nella città distrutta che brucia, tra “Apocalypse Now” e “Blade Runner”, visione postapocalittica nel lancinante chiaroscuro del bagliore missilistico) lo sguardo di Mendes cerca pulizia e fluidità in ogni movimento di macchina, mantenendosi sempre parallelo all’azione (tranne nella scena della cascata, dove l’inquadratura dall’alto ci avvisa della presenza di un deus ex machina, rivelandoci il primato della rielaborazione artistica sulla rappresentazione realistica) e mostrando ogni interstizio di bellezza anche dentro l’abominio più totale.

L’apparizione dei fiori di ciliegio prima in una fattoria abbandonata e poi nel fiume, tra i cadaveri a galla, così come l’apertura e la chiusura del film nel giallo di un campo fiorito, sotto l’ombra di un albero, a riposo, richiamano la perfetta circolarità del ciclo della natura, che abbraccia immanente il passaggio temporaneo degli eventi.

Figura razionalmente lontana dalla rappresentazione bellica, che predilige l’uso di linee dritte e chiuse che demarcano il passaggio tra la vita e la morte, l’elemento simbolico del cerchio, che nel flusso di immagini viene costantemente disegnato (soprattutto nelle sequenze di maggiore pericolo, dove la macchina da presa frequentemente circumnaviga i corpi e i volti dei personaggi) e che nell’assenza di principio e fine richiama anche con coerenza la scelta stilistica del piano-sequenza, risuona come principale chiave di lettura di un’operazione artistica di profondo e classico spessore: la rappresentazione di un eterno ritorno. A cosa? All’uomo.

Voto: ☺☺☺☺☺

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