Che vita da cani, le città siciliane non amano gli amici a 4 zampe - QdS

Che vita da cani, le città siciliane non amano gli amici a 4 zampe

Liliana Rosano

Che vita da cani, le città siciliane non amano gli amici a 4 zampe

venerdì 24 Aprile 2015

Eccezioni: Francofonte e Solarino prevedono sgravi sulla Tares per chi accoglie un cucciolo senza padrone. Rapporto di Legambiente: i Comuni dell’Isola bocciati o non pervenuti

PALERMO – Le città siciliane sono poco “pet friendly”, come direbbero gli anglofili. Mancano servizi che siano in grado di offrire sia agli amici a quattro zampe che ai cittadini informazioni, tutela e protezione.
Questi gli ultimi dati del Rapporto di Legambiente “Animali in città”, che per il quarto anno consecutivo, ha sottoposto uno specifico questionario a tutte le Amministrazioni dei comuni capoluogo di provincia e alle Aziende sanitarie locali italiane. Il 90% dei Comuni capoluoghi che ha risposto al questionario ha dichiarato di aver attivato l’assessorato o l’ufficio appositamente dedicato al settore, mentre l’82% delle Aziende sanitarie locali ha dichiarato di avere almeno il canile sanitario. Terni e Prato sono le città più amiche degli animali, seguite da Modena, Ferrara e Verona. Mentre l’Asl Napoli 1 Centro si distingue per il suo presidio ospedaliero veterinario.
Se per i capoluoghi siciliani ci sono state solo performace insufficienti o negative per assenza di  risposta, due “best practice” sono state elogiate dal Rapporto di Legambiente.
Si tratta di un’iniziativa presa da due comuni siciliani, Francofonte e Solarino, entrambi in provincia di Siracusa,, che hanno previsto sgravi sulla Tares fino a rispettivamente 450 e 750 euro, a chi accoglie un cucciolo senza padrone.
Dall’analisi dei dati ricevuti, infatti, emergono grandi differenze tra una città e l’altra e tra le aziende sanitarie delle diverse regioni: la spesa pubblica dichiarata dagli 85 Comuni capoluogo, per esempio, ammonta a 27.083.871 euro/anno nel 2013, con un costo medio di 1,74 euro/cittadino e picchi di spesa fino a 13,15 euro/cittadino a Matera o a 10,3 euro a Terni, opposti ai 10 centesimi spesi da Padova o ai 17 centesimi di Bolzano. Pochissimi soldi, 0,24 centesimi spesi invece a Palermo.
La spesa a carico delle aziende sanitarie locali risulta più difficile da calcolare ma verosimilmente stimabile, per il 2013, intorno ai 151.956.670 euro/anno, con un costo medio di 2,5 euro/cittadino.
 La gran parte degli attuali costi è dovuta proprio alla gestione dei cani presso i canili rifugio, strutture indispensabili per il modello attuale, ma oggettivamente fallimentari rispetto ad obiettivi credibili tanto per il benessere degli animali che per il contenimento dei costi a carico delle Pubbliche amministrazioni.
Nello specifico, i Comuni dichiarano di spendere oltre l’80% del bilancio destinato al settore per i canili (circa 85.000.000 di euro per il 2013), gestiti, nel 12% dei casi in proprio, tramite ditte o cooperative con appalto pubblico nel 30% dei casi e tramite associazioni in convenzione nel rimanente 58% dei casi.
Preoccupa il fatto che solo due terzi dei Comuni dichiari di sapere quante e quali siano le strutture autorizzate (77,6%), che risultano così divise: 58 canili sanitari,24 gattili sanitari, 87 canili rifugio, 6.988 colonie feline, 422 aree urbane per cani, 45 pensioni per cani, 51 allevamenti di cani, 61 campi di educazione e addestramento sempre per gli amati quadrupedi.
Più alto, ovviamente, il numero denunciato dalle Aziende sanitarie (il 96% conosce le strutture), ma non tutte effettuano i necessari controlli (89%) presso i 181canili sanitari, 45 gattili sanitari, 311 canili rifugio, 17.303 colonie feline, 581aree urbane per cani, 365 pensioni per cani, 488 allevamenti di cani, 161 campi di educazione e addestramento cani e 68 altre tipologie di strutture.

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