Svolgimento di servizi e esecuzione di lavori
Viene fornita una chiara esemplificazione, che permette di distinguere tra svolgimento di servizi e esecuzione di lavori: se l’attività dell’appaltatore consiste nella gestione e manutenzione dell’immobile per un certo periodo di tempo, programmando anche alcune lavorazioni, allo scopo di mantenere edificio e relativi impianti in condizioni di efficienza, ci si troverà di fronte a un servizio; mentre si configurerà un’esecuzione dei lavori se la stazione appaltante sarà impegnata in uno o più interventi definiti, dalla manutenzione alla ristrutturazione (sostituzione di un impianto, rifacimento della facciata o tinteggiatura delle pareti). Infine, il medesimo articolo, al comma 4, precisa che l’affidamento di un contratto misto, che prevede sia l’esecuzione di lavori che lo svolgimento di servizi, non deve limitare o escludere l’applicazione delle norme comunitarie relative ai singoli settori, né distorcere il principio di leale concorrenza. Va sottolineato che l’applicazione della disciplina degli appalti non deve fornire un escamotage per individuare i lavori come oggetto principale del contratto, nonostante essi siano poco rilevanti rispetto ai servizi, al solo fine di avvalersi delle procedure semplificate, ammesse, per i lavori, per importi fino a 5.186.000 di euro, rispetto ai 207.000 dei servizi.
Cosa si intende per manutenzione degli immobili
L’art. 3, comma 1, lett. n), del d.p.r. 207/2010, definisce la manutenzione degli immobili come “la combinazione di tutte le azioni tecniche, specialistiche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare un’opera o un impianto nella condizione di svolgere la funzione prevista dal provvedimento di approvazione del progetto”.
Gli interventi eseguibili possono, dunque, essere distinti in due macro-categorie: attività a carattere “gestionale” ed attività a carattere “operativo”. Le prime – ascrivibili a quelle definite “amministrative” e di “supervisione” – sono quelle che riguardano la gestione di tutto il sistema manutentivo; invece, le seconde – definite dal Regolamento come “tecniche” e “specialistiche” – sono i veri e propri interventi diretti sull’immobile, nei quali rientrano la conservazione e il ripristino delle funzioni dei beni e degli impianti.
Tuttavia, nella prassi, durante una gara di manutenzione degli immobili, non poche problematiche sorgono in merito all’inquadramento dell’attività da svolgere all’interno della categoria servizi o di quella lavori.
Soccorre il chiarimento fornito dall’Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione (ex Avcp) – e dalla giurisprudenza, che precisano che è corretto parlare di manutenzione di lavori pubblici quando la stazione appaltante, col suo intervento, modifichi la realtà fisica (cd. quid novi), attraverso l’utilizzazione, la manipolazione e l’installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale; in caso contrario, se manchi tale modificazione rilevante, si tratterà di una prestazione di servizi.
• attività di controllo: quali verifiche/letture periodiche a vista, pulizia di parti e componenti, ecc.;
• attività di gestione/conduzione: quali variazioni del funzionamento degli impianti/locali, regolazione delle temperature di climatizzazione, ecc.;
• manutenzione programmata, ovvero interventi di sostituzione di parti/consumabili (es. cambio filtri condizionatori, sostituzione periodica componenti caldaie, ecc.);
• manutenzione predittiva (o su condizione), ovvero interventi di manutenzione effettuati a seguito del verificarsi di eventi che fanno presumere un possibile guasto;
• manutenzione a richiesta/guasto, ovvero interventi a seguito di rottura o anomalie non prevedibili ex ante;
• manutenzione migliorativa, ovvero interventi di miglioramento delle prestazioni dei beni (es. incremento potenza termica impianti di riscaldamento, adeguamenti normativi, ecc.);
• lavori di adeguamento/rifacimento (es. rifacimento facciate esterne, sostituzione/ammodernamento impianti, ecc.).
Sarà, poi, a discrezione dell’amministrazione scegliere il tipo di manutenzione da eseguire o, eventualmente, optare per una combinazione tra diverse tipologie. Per esempio, è preferibile adottare un piano di manutenzione programmata, qualora risultino facilmente ipotizzabili i livelli di usura a cui sarà soggetto l’edificio, oppure quando è la legge stessa a imporre un controllo periodico fisso. Mentre è opportuno scegliere il modello di manutenzione a richiesta quando non è possibile formulare ipotesi sulla frequenza del guasto.
Tuttavia, spesso accade che l’ente appaltante, preferendo non gravarsi di impegni economici a lungo termine, svolga singole prestazioni, che appartengono alla categoria della manutenzione cd. “a rottura” o “a guasto”. Nonostante l’apparente convenienza economica che sembra derivare dalla frammentarietà degli interventi, questo sistema può comportare spese maggiori per l’amministrazione, insieme a inefficienze dal punto di vista gestionale. Motivo per cui, la determinazione della soppressa Avcp n.5/2013 individua nella manutenzione “programmata” la soluzione migliore per mantenere un immobile efficiente, conservandone la qualità, la funzionalità e il valore economico nel tempo e, in tal modo, evitando successive spese.
È il Codice stesso, al comma 5 dell’art. 93 a prevedere che, insieme al progetto, venga presentato un allegato piano di manutenzione delle opere/impianti, nel quale indicare modalità, tempi e interventi da effettuare. Anche il Regolamento, all’art. 38, non manca di sottolineare l’importanza del piano di manutenzione, definendolo “documento complementare al progetto esecutivo, che pianifica e programma l’attività”. In particolare, sono tre i documenti che vanno inseriti nel piano: il manuale d’uso, quello di manutenzione e il relativo programma. Le informazioni in essi contenute permetteranno all’amministrazione di ottimizzare la gestione e di risparmiare i costi degli interventi eseguibili dall’utente. Infatti, al comma 6 del medesimo articolo è precisato che, oltre alle eventuali anomalie preventivabili, va indicato quali siano le attività di manutenzione alle quali può procedere direttamente l’utente e quali invece richiedano l’intervento di un soggetto competente e specializzato.
Strategia vincente appare quella di presentare un piano di manutenzione all’inizio della gara, per poi integrarlo in seguito attraverso le eventuali proposte migliorative provenienti dai vari concorrenti. Qualora il piano sia stato omesso, o si riveli non adatto alle esigenze del caso concreto, dovranno essere i partecipanti alla gara a elaborarlo, o a integrare quello poco adeguato.
La legge prevede diverse categorie di database, distinte secondo le informazioni inserite e la fonte di provenienza delle stesse:
• “Database patrimonio”, che contiene i dati sul patrimonio immobiliare dell’amministrazione, del quale sono descritte sia le strutture che gli impianti, insieme all’edificio di appartenenza
• “Database caratteristiche dei beni”, in cui sono indicate le caratteristiche delle strutture, degli impianti e delle dotazioni annesse
• “Database descrizione lavorazioni”, che racchiude un esempio di legenda della attività di manutenzione richieste dalla stazione appaltante a colui che risulterà aggiudicatario della gara
• “Scheda attività”, che viene progressivamente riempita con l’elenco degli interventi di manutenzione svolti
In tal modo, l’amministrazione sarà in grado di specificare, nella documentazione di gara, quali prestazioni richiede, l’importo-base a partire dal quale inizia l’asta e i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti per concorrere all’aggiudicazione. Sulla base delle informazioni contenute nell’oggetto del contratto, i potenziali concorrenti, a loro volta, conosceranno dimensioni, natura e caratteristiche dei beni dei quali curare la manutenzione.