I numeri sono chiari e non lasciano adito ad alcun dubbio sulla capacità di ridurre i costi della prima e sull’abuso dei privilegi che fanno raddoppiare i costi della seconda.
A questi dati ne aggiungiamo altri, indicatori dello stato di salute o di malattia dei cittadini. In Lombardia, il reddito medio per cittadino è di 29.434 euro (Noi Italia, Istat 2015) e in Sicilia lo stesso reddito medio è di circa la metà (14.521 euro).
Il terzo gruppo di dati, che indica lo stato di salute o di malattia, riguarda la disoccupazione che in Lombardia è dell’8,6%, mentre in Sicilia ha raggiunto il livello stratosferico del 23% (Istat 2015).
Aggrava la situazione il tasso infrastrutturale, cioè di tutte quelle opere pubbliche che servono allo sviluppo dell’economia. Esso è per la Lombardia di 150,7 punti e per la Sicilia di 84,9 (Unioncamere 2014).
La Lombardia è una Regione a Statuto ordinario, la Sicilia, invece, a Statuto speciale. Chiediamo all’opinione pubblica isolana quale vantaggio abbia prodotto l’Autonomia della nostra Regione rispetto all’ordinarietà della Lombardia, quando tutti i parametri sono di gran lunga peggiori.
In questi 70 anni i responsabili delle istituzioni regionali si sono comportati da irresponsabili, praticando una politica clientelare e inefficiente, e facendo aumentare la povertà relativa dei siciliani in confronto all’aumentata ricchezza dei lombardi.
La fotografia da cui si deve partire è quella descritta. Occorre accertare i comportamenti inutili e dannosi per cambiare metodo, dal momento che quello attuato nei 70 anni scorsi è risultato fallimentare.
Non è più possibile accettare che le imposte e le tasse pagate dai siciliani vengano utilizzate per foraggiare i privilegiati del ceto politico e burocratico e di tutti gli accoliti di cui si circondano: parassiti che succhiano il sangue di chi lavora, continuando a vivere senza produrre niente e senza nulla dare.
Non ce l’abbiamo con le persone fisiche, perché quanto descriviamo non ha nulla di personale. Ce l’abbiamo con chi avendo responsabilità istituzionali non compie il proprio dovere, mettendo in atto tutte le azioni indispensabili ad avviare la ricostruzione della Sicilia: una sorta di Risorgimento Sicilia.
Fra le tante boutades dette dal presidente della Regione, l’ultima relativa alle autostrade, con una ipotetica e fantasiosa spesa di 5 miliardi, sembra la più grossa. Nell’opera dei pupi, quando un protagonista la sparava grossa, dal pubblico si elevava una voce: Bumma donn’Angelo. Al che il protagonista ribassava la sua sparata facendo ripetere il grido ilare del popolo: Bumma donn’Angelo. E così via, fino a quando il protagonista scompariva dalla scena, preso a fischi e pernacchie.
La metafora è chiara, occorre che i siciliani prendano a fischi e a pernacchie questi irresponsabili politici e burocratici che si stanno mangiando la Sicilia senza fare quello che, invece, è urgente, necessario e indispensabile.
Non elenchiamo le soluzioni perché lo facciamo da decenni anche con i governi Cuffaro e Lombardo, che si occupavano degli affari propri anziché di quelli dei siciliani.
Con la conseguenza che la malattia è peggiorata e ora non c’è più tempo per ulteriori dilazioni, perché i rantoli di una morte sociale vicina, con un milione di poveri, ci fanno capire che la situazione è quasi disperata.
Però, abbiamo il dovere di guardare avanti con fiducia se la Classe dirigente ritornerà al suo ruolo di guida e se i siciliani, anziché astenersi dal voto, protesteranno con grande indignazione.
