Sembra paradossale, ma le Regioni (non tutte) non sono state capaci di portare sui territori tutte le somme disponibili del piano 2007/2013. Le peggiori sono state Campania, Calabria e Sicilia. Quest’ultima rischia di non potere certificare, entro il prossimo 31 dicembre, la grande cifra di quattro miliardi.
Il palleggiamento delle responsabilità sembra una sorta di ping pong cinese, ma resta il fatto che vi è una responsabilità oggettiva del ceto politico e di quello burocratico siciliani.
L’Agenzia per la coesione territoriale ha visto la luce con la legge n. 125/13, ministro Carlo Trigilia, ma per diventare operativa sono occorsi circa due anni.
Il difetto principale della mancata spesa dei Fondi è consistito nella scadente progettualità, sia quantitativa che qualitativa. L’Agenzia si propone, dunque, di supportare gli assessorati regionali per formulare adeguati progetti, realizzati in conformità ai severi regolamenti europei.
Gli enti che più utilizzano le risorse sono quelli pubblici, fra cui Rfi e Anas, perché all’interno hanno strutture che progettano continuamente e che quindi consentono di effettuare gli appalti in maniera adeguata. Questo è un versante molto importante perché il nostro Paese ha fame di infrastrutture, le quali sono ridotte al lumicino nel Mezzogiorno.
Questa è una delle cause principali del sottosviluppo meridionale perché, è noto, un’economia può crescere solo se facilita la circolazione di persone e di beni, i quali si muovono in una rete logistica e multiscambio che consente rapidità di consegna delle merci e facilità di trasporto delle persone.
Le Regioni sottosviluppate (le tre citate sopra, più la Basilicata e la Puglia, nonché in minore misura Sardegna e Abruzzo) hanno bisogno come l’aria che sui loro territori vengano immesse le risorse europee e statali. Solo degli irresponsabili istituzionali possono cincischiare sulla questione, inchiodati dall’estrema modestia dei risultati.
Questa fotografia, incontrovertibile, è la chiara condanna di presidente e Giunta regionale incapaci e di una burocrazia imballata e autoreferenziale che mangia solo risorse pubbliche. Eppure, ceto politico e burocrazia costano a ciascun siciliano 4.042 euro contro 2.239 della Lombardia.
Sembra incredibile il perdurare di questa grave malattia istituzionale-burocratica. Tutti gli abitanti dei palazzi continuano a discettare della pioggia e del bel tempo, ma non prendono quei rigorosi e professionali provvedimenti che potrebbero rimettere in moto l’economia regionale, produrre ricchezza e far aumentare l’occupazione ed il benessere dei siciliani.
Non sembri noioso battere e ribattere su questo tasto. Si tratta di far capire a chi non vuol capire che il tempo delle parole a vuoto è terminato.
Agrò ci diceva che è suo intendimento agevolare la creazione di una task force per ogni Regione, fornendo ad essa tutti gli strumenti professionali ed organizzativi idonei ad entrare in un regime ordinario di spesa, coerente col fabbisogno dei beni e servizi e dentro i limiti di tempo entro i quali la spesa debba essere effettuata.
L’Agenzia, in estrema ratio, ha anche la facoltà di sostituire gli organi regionali indolenti che non fanno il proprio dovere. Ma è ovvio che tale facoltà, eventualmente autorizzata dalla Presidenza del Consiglio da cui dipende, troverebbe ostacoli da parte dei politici senza mestiere. Gli stessi difendono le prerogative autonomistiche delle loro Regioni, senza, però, valorizzare l’autonomia attraverso comportamenti virtuosi, che consentano di raggiungere i risultati di cui le regioni hanno assoluto bisogno.