Nel 1752 re Carlo III diede il permesso di costruire un centro nel feudo del Minzagno
Il paese di Belmonte Mezzagno è uno dei tanti sorti in Sicilia nel Settecento con la licentia populandi reale. Era infatti il 18 aprile del 1752 quando il nobile Giuseppe Emanuele Ventimiglia ottenne dal re Carlo III il permesso di costruire un centro abitato nel cosiddetto “feudo del Minzagno”. Fino ad allora quel territorio, comprendente diverse contrade ed alcuni ricoveri contadini, si caratterizzava per la presenza del castello della nobile famiglia degli Afflitto, proprietari del feudo sin dal Quattrocento, che si ergeva nei pressi del bosco del Minzagno e di due torrenti d’acqua. Ottenuta la licentia il principe Ventimiglia fece costruire nuove abitazioni ed una chiesa. Il feudo fu così popolato da centinaia di persone provenienti dalle terre vicine, alle quali il principe concesse le sue proprietà in enfiteusi, e da allora il paese crebbe grazie alla sua fiorente economia agricola.
Dietro alla chiesa il nobile fece realizzare un grande serbatoio per la conservazione dell’acqua “…da distribuire agli abitanti del paese per tutti gli usi, poiché da tempo soffrivano una grave carenza idrica…”. Era questa un’opera idraulica sotterranea, della capacità di 1715 metri cubi di acqua, costruita interamente sulla roccia viva, con un sistema di archi in muratura portante che sorreggevano la copertura a volte dammusate, consentendo così all’acqua piovana di accumularsi nello stesso punto. L’imponente architettura, denominata “Stagnone”, fu progettata da Giovanni Battista La Licata, più conosciuto come fra’ Felice da Palermo, allievo dell’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, ed oggi è stata recuperata per ospitare mostre e convegni ed essere adibita a museo dell’acqua.
La chiesa invece si può ammirare nella piazza centrale, preceduta da una splendida scalinata a doppia rampa e con una maestosa facciata e rappresenta ancora oggi l’edificio religioso principale del paese. Al suo interno custodisce il grande Crocifisso, scolpito nel legno di cipresso e donato dallo stesso principe Ventimiglia, e due tele di inestimabile valore, della seconda metà del XVIII secolo, raffiguranti Santa Rosalia e la Sacra Famiglia, che ornano gli altari laterali. La prima attribuita ad autore ignoto, la seconda ad Antonio Manno che prestò servizio presso Vito D’Anna, uno dei maggiori pittori siciliani dell’epoca, e facenti parte entrambe del circuito di arti figurative dal XV al XIX secolo del Museo Diffuso dell’Alto Belice Corleonese.
Belmonte Mezzagno è noto anche per aver fornito uomini e mezzi alla spedizione dei Mille e per aver allestito un punto di appoggio a Gibilrossa, una località nelle vicinanze del paese e alle porte di Palermo, che fu scelta dalle truppe garibaldine guidate da Nino Bixio, per la presa del capoluogo siciliano.
A ricordo di quell’impresa, a Gibilrossa, nel luogo in cui il 26 maggio 1860 Giuseppe Garibaldi rivolgendosi a Bixio disse la celebre frase “Nino, domani a Palermo”, resta un alto obelisco a forma di piramide, progettato dall’architetto Giovan Battista Filippo Basile ed inaugurato nell’aprile del 1882 in occasione del sesto centenario del Vespro siciliano, alla presenza di due dei figli dell’eroe dei due mondi.