Sappiamo tutti come Antonino Pulvirenti, negli ultimi mesi, sia riuscito rapidamente a cancellare quanto di buono fatto negli anni: le partite comprate, l’ammissione di colpevolezza, il tentativo tanto tardivo quanto maldestro di scindere il proprio operato da quanto realmente accaduto sul campo nel finale dello scorso campionato calcistico di Serie B.
Un tradimento nei confronti della città, screditata a livello nazionale, non soltanto dal punto di vista sportivo ma anche sotto il profilo sociale ed etico. Pulvirenti, con il Caso Catania Calcio, ha pugnalato alle spalle tutta la Sicilia. Una situazione molto simile a quella verificatasi soltanto qualche anno prima con la Wind jet, quella che per quasi dieci anni (dal 2003 al 2012) è stata da molti definita la compagnia di bandiera siciliana.
Era l’estate del 2012 quanto tanti passeggeri furono costretti da un giorno all’altro a restare a terra, annullando vacanze, viaggi di lavoro, visite ai parenti o altro a causa del crack della compagnia di Pulvirenti. Un danno che si è aggiunto alla beffa dei rimborsi, ridicoli (appena il 5% della spesa) rispetto alla somma realmente sborsata dagli aspiranti viaggiatori.
Il polverone sollevato dal caso Catania Calcio sembra avere in parte nascosto quello legato al disastro economico della Wind Jet: sono passate quasi inosservate, infatti, le notizie che, nel luglio scorso, hanno iniziato a far luce su quanto accaduto alla compagnia aerea siciliana.
Stando a quanto ricostruito dalla Procura della Repubblica di Catania (che ha iscritto 14 persone, tra le quali proprio Pulvirenti, al registro degli indagati), “Wind jet Spa già dal 2005 aveva riportato ingenti perdite che non le consentivano più di operare sul mercato in mancanza di immissione di capitali, essendo insufficienti le ricapitalizzazioni effettuate”. Stando a quanto accertato “tali perdite sarebbero state occultate nel bilancio al 31 dicembre del 2005 con un’artificiosa operazione di valorizzazione del marchio consistita nella cessione – e retrocessione dopo pochi anni – del marchio Wind jet in favore della Meridi Srl (società di gestione di supermercati facente parte del medesimo gruppo imprenditoriale) per un importo pari a 10 milioni di euro”.
Stando alle indagini, negli anni successivi le operazioni di fittizia sopravvalutazione di bilancio sono proseguite e gli organi societari si sono avvalsi del contributo di società estere che hanno predisposto perizie di stima “di comodo” del magazzino e di beni strumentali di Wind jet Spa rappresentando valori sovrastimati per oltre 40 milioni di euro.
Per la Procura etnea, insomma, la Wind jet Spa avrebbe intrapreso la trattativa svolta con Alitalia, nella prima metà del 2012, prima del definitivo crack, mentre versava in una grave condizione di dissesto, occultata dalle fittizie sopravvalutazioni dei dati di bilancio.
Più volte, su queste pagine, abbiamo chiesto di scindere l’immagine di Pulvirenti e del Catania Calcio da quello della Comunità etnea, così come occorre tenere distanti la storia di Wind jet da quella di tanti imprenditori che ancora oggi, nel corso di una crisi che altrove sembra essere ormai alle sue fasi conclusive ma qui in Sicilia è ancora più viva che mai, lottano onestamente per emergere nel mercato. Un mercato che gli scorretti, quelli che evadono le tasse, fanno concorrenza sleale o truccano i bilanci, cercano in tutti i modi di dominare illecitamente.