I consumatori non vedono bio. Prezzi alti, soffrono i coltivatori - QdS

I consumatori non vedono bio. Prezzi alti, soffrono i coltivatori

Rosalba Mancuso

I consumatori non vedono bio. Prezzi alti, soffrono i coltivatori

giovedì 12 Novembre 2009

Dopo anni di crescita, si arresta in Sicilia il fenomeno della produzione agricola biologica. In tempi di crisi, la scelta ricade sui mercati contadini e sull’agricoltore di fiducia

PALERMO – Diminuisce in Sicilia il numero dei produttori di alimenti biologici. Questi ultimi in un anno, (dal 2007 al 2008) hanno avuto un decremento del 7%. Erano quasi settemila (6900) e sono scesi a poco più di 6300. Lo rivelano i dati del ministero dell’Agricoltura e degli organismi di controllo, elaborati dal Sinab ( sistema  di informazione nazionale sull’Agricoltura Biologica).
Il dato interessante è che a mollare sono proprio i produttori della regione con la più alta superficie in termini di ettari dedicata alle coltivazioni biologiche, oltre 200 mila (dati in elaborazione del Sinab).
 
Da questi numeri verrebbe naturale pensare che per i siciliani avere a tavola un prodotto biologico, cioè coltivato senza ricorso a sostanze chimiche e con criteri che rispettano il terreno e l’ambiente, dovrebbe essere molto semplice, quasi naturale, come naturali sono i prodotti certificati come biologici. In realtà non è così semplice. Si acquista bio direttamente dal produttore locale che si conosce, oppure attraverso mercatini, a cadenza settimanale, gestiti dagli stessi produttori: i farmer’s market. Uno di questi si svolge ogni sabato a Catania. Molto nota è anche “A fera Bio” che si svolge ogni seconda domenica del mese, sempre nella metropoli etnea. I prezzi sono accessibili.
 
Se si sceglie di comprare prodotti biologici in un supermercato bio, allora il discorso cambia, i prezzi lievitano (colpa dei costi di intermediazione) e sulle etichette di prodotti come latte scremato o biscotti da agricoltura biologica, si trovano etichette di aziende estere o del Nord Italia. Si acquista qualcosa per provare o al limite si guarda e si passa avanti , spaventati dai prezzi. Una confezione di biscotti tipici, da agricoltura bio, può costare quasi 4 euro. Il latte uht parzialmente scremato e bio da 1 litro: quasi due euro. Una bottiglia di olio extravergine di oliva da 1 litro, da otto a dieci euro.
L’atteggiamento del consumatore siciliano è quello di evitare un certo tipo di spesa, specie per i prodotti trasformati. Si sceglie il bio negli ortaggi e nella frutta, nelle conserve realizzate direttamente dalla piccola azienda locale. Si privilegia la filiera corta, ci si organizza tramite gruppi di acquisto solidale, i “gas”, mentre la conquista della filiera lunga resta ancora un miraggio.
Quella della trasformazione è una delle criticità che ha contribuito a  frenare lo sviluppo dell’agricoltura biologica in Sicilia. I produttori se ne lamentano. Qui non esiste un’adeguata industria di trasformazione dei prodotti. Per poter ottenere un bel prodotto finale bio, la materia prima siciliana deve essere trasformata  lontano dal suo territorio. L’industria della trasformazione locale non investe in Sicilia e negli anni non ha seguito lo sviluppo della produzione. Nella nostra terra per condizioni geografiche , di qualità del terreno, di contributi a sostegno, è stato molto facile riconvertire le coltivazioni in senso biologico, lo è stata molto meno la lavorazione industriale della materia prima. Insomma si produce molto e si trasforma poco. Anche il numero dei consumatori bio al Sud e nella nostra isola è il più basso a livello nazionale: il 7,8% nel primo semestre di quest’anno (dati Ismea Nielsen). Il valore della materia prima è sceso.
I produttori di grano bio vengono pagati a centesimi, con prezzi irrisori, uguali a quelli del grano di altra provenienza e non bio. Anzi più del 50% della produzione biologica siciliana viene venduta assieme a prodotti da agricoltura convenzionale. I produttori fanno fatica ad investire, perché come racconta un’imprenditrice agricola catanese si finisce ingabbiati in una burocrazia fatta di carte e di costi tecnici. Sulla necessità di investire nella trasformazione dei prodotti in Sicilia, in modo da ridurre i costi e la perdita di valore aggiunto della materia prima si sono soffermati Maurizio Lunetta della Cia regionale ed Ettore Pottino, vicepresidente di Confagricoltura Sicilia. Maggiori controlli ed una efficace campagna di comunicazione sulla salubrità degli alimenti biologici sono le necessità invocate da Vito Bagliesi, presidente dell’Aiab Sicilia, l’Associazione italiana per l’agricoltura biologica.

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