In Sicilia, in questi decenni, un cattivo ceto politico ha diffuso l’idea che gli incapaci e gli incompetenti potessero trovare un posto e uno stipendio in una qualunque pubblica amministrazione. Di fatto, hanno promosso l’intasamento degli organici della Regione e degli Enti locali facendo assumere, seppure con contratti a tempo determinato, tanta gente priva dei requisiti. Il clientelismo diffuso che si è verificato ha avuto lo scopo di piazzare propri galoppini e clienti dentro gli uffici pubblici, facendo saltare a piè pari l’obbligo di passare attraverso i concorsi previsti dall’art. 97 della Costituzione.
Ora, noi non sosteniamo che tutti i precari non abbiano competenza, tutt’altro. Conosciamo tanti dipendenti che sono bravi e capaci e, se avessero partecipato ai concorsi, li avrebbero superati agevolmente. Con ciò ottenendo una validazione delle proprie capacità. Siamo convinti che tanti precari che si trovano nelle pubbliche amministrazioni siciliane sarebbero contenti di potere partecipare oggi ai concorsi, perché così verrebbe meno la tara di essere entrati per raccomandazione e privilegio.
Di questo si tratta, infatti, proprio di privilegio. Nessuno può smentirci sul punto che tutti coloro che sono stati immessi nei ruoli, seppure a tempo determinato, vi si trovino al posto di tanti altri siciliani. Qual è stato l’elemento che li ha fatti entrare al posto di altri? Non certamente la professionalità, perché la chiamata diretta non ne ha bisogno. Non certamente la competenza, perché nessuno di essi ha fatto corsi veramente specifici.
Tutto ciò in nome di una supposta disoccupazione che ha indotto coloro che cercavano il consenso, soprattutto in occasione delle elezioni, a utilizzare Enti locali, enti economici pubblici e società partecipate come ammortizzatori sociali, con ciò confondendo l’attività degli stessi, che è quella di produrre servizi per i cittadini, con l’altra dell’assistenza ai bisognosi che deve essere a carico della fiscalità generale. Naturalmente ci riferiamo ai veri bisognosi, non a fannulloni e nullafacenti che prendono uno stipendio per stazionare nelle segreterie politiche.
I cattivi politici (vi sono quelli bravi, competenti e onesti) hanno il vizio del “poltronificio”. Perciò, non contenti di aver intasato gli organici degli enti locali, hanno inventato società a capitale pubblico di ogni tipo per metterci dentro Consigli di amministrazione numerosi, Collegi di revisori corposi, consulenti inutili di ogni genere e tipo e altre figure che hanno alimentato il parassitismo che grava sulle casse pubbliche. Parassitismo che viene riversato pari pari sulle tasche dei cittadini.
Quando sentiamo amministratori locali che si lamentano a voce alta di non avere risorse, li redarguiamo anche pubblicamente, perché dicono parziali menzogne. Basterebbe che si preoccupassero di riorganizzare i servizi, inserendo i valori di merito ed efficienza; basterebbe che dimensionassero il numero delle figure professionali occorrenti alla produzione dei medesimi servizi; basterebbe che tagliassero poltrone di assessori, Cda, revisori, consulenti e altri ed ecco che magicamente le risorse emergerebbero e con le stesse si potrebbe realizzare quel parco progetti che dovrebbe costituire il cuore propulsivo di ogni Ente locale. Meditate, sindaci, meditate.