“Oggi, l’Assemblea costa 155 milioni di euro e abbiamo un dato che droga il bilancio: le pensioni, che, contro ogni logica, sono pagate dall’Assemblea regionale. Inoltre, anche sul vitalizio bisogna essere incisivi e ridurlo, ma la Regione non lo fa anche se si risparmierebbero decine di milioni, all’incirca 40. E ancora, ci sono i dipendenti: la cosa assurda è che oggi si applicano vecchi e nuovi contratti, con i primi più onerosi degli altri. Ad esempio, tra i dattilografi c’è chi guadagna seimila euro al mese e chi ne guadagna mille e duecento”.
“C’è chi continua a sostenere che questo spetti agli Uffici di Presidenza. E invece così non è. Secondo noi, quel che andrebbe attuato è una modifica alla legge del 2014 nella quale viene dato mandato all’Ufficio di Presidenza di stabilire i compensi. Noi proponiamo una modifica: che un deputato costi settemila euro lordi. Cinquemila di compenso più duemila di diaria che, per chi fa politica attiva, è necessaria per pagare le spese”.
“Francamente ritengo che non si dovrebbe tagliare da nessuna parte. Il Governo regionale ha parlato di un accordo con lo Stato che porterà vantaggi. Noi, invece, abbiamo scoperto che i 900 milioni non sono altro che un mutuo che prevede rate scaglionate: prima 10 milioni, poi quasi 15 milioni e poi 20 milioni. C’è da considerare, poi, l’imposizione della legge Delrio sull’abolizione delle Province, che farà scoppiare la guerra dei poveri tra precari e dipendenti degli Enti di secondo livello. Il 31 dicembre 2016 si dovrebbero stabilizzare i contrattisti, ma sarà impossibile. Secondo noi, questi accordi non dovevano essere firmati e, al contrario, bisognava fare altro, in primo luogo pretendere quanto dovuto. Crocetta rimarrà sicuramente nella storia, ma per aver rinunciato a tutti i soldi che ci spettavano di diritto. Noi siciliani dovremmo avere un atteggiamento diverso: siamo l’unica Regione a Statuto speciale che non ha mai chiuso un accordo con lo Stato su base dello Statuto. Occorre, inoltre, capire come le entrate tributarie possano arrivare direttamente nelle casse siciliane e non passare a Roma per poi tornare a Palermo. Per fare questo ci vuole forza istituzionale e una politica seria”.
“Noi abbiamo poteri ispettivi e possiamo far risaltare le incongruenze a livello mediatico, possiamo proporre mozioni e Disegni di legge. Ma la burocrazia soffoca ogni iniziativa. L’attività di ispezione all’interno del Parlamento siciliano, purtroppo, lascia il tempo che trova perché anche la proposta più sensata muore tra i rivoli delle commissioni”.
“Come Movimento 5 Stelle, avevamo proposto un marchio di qualità per i prodotti siciliani, un marchio registrato dalla Regione presso l’Unione europea. Questo non è mai stato utilizzato se non all’interno delle fiere. Eppure, l’idea è quella di realizzare un brand ‘ombrello’ che possa servire a creare valore aggiunto al prodotto siciliano, che serva a riconoscere in maniera inequivocabile il prodotto siciliano. Sembra una cosa di buon senso, ed è una cosa di buonsenso. Invece, dal febbraio 2013 questa legge è ancora in giro per le Commissioni. Non riusciamo a portarla in Aula. Così, è evidente, non può andare avanti”.
“C’è un problema di fondo: la riforma elettorale nazionale è collegata a una serie di funzioni che ha il premier. In questo momento, non nascondo che guardo a questa legge elettorale pensando alla possibilità che saremo noi a vincere le prossime elezioni, e ad avere così una grande maggioranza. Ma se vincesse chi non vuole fare il bene del Paese? Non c’è dubbio che occorra garantire la stabilità del Governo, anche regionale: in Sicilia, e soprattutto con Crocetta, non ci sono stati i numeri per governare, ma se si dovesse applicare l’Italicum si arriverebbe al ballottaggio, mentre attualmente il presidente si vota al primo turno”.
“Bisogna avere tanti deputati. Dalla prossima legislatura, ne serviranno 36. Ci vuole una maggioranza qualificata e comprendo il timore dell’ingovernabilità. Abbiamo sempre pensato a una soluzione come una riforma che debba, al di là della spartizione dei seggi, portare a un premio di maggioranza fisso, che assegni per esempio 10 seggi a chi vince, scelti tra i primi dei non eletti. Il listino del Presidente non funziona e ha portato all’Ars persone che non hanno avuto voti. Il premio di maggioranza deve essere quantificato numericamente, ma c’è bisogno di gente valida che prenda decisioni”.
“Abbiamo uno strumento virtuale che si chiama Rousseau e che dà la possibilità non solo di partecipare alla stesura dei Disegni di legge ma anche di proporli. è un sistema operativo, ma soprattutto l’incarnazione di un sogno, quello di portare la democrazia digitale al cuore del funzionamento delle Istituzioni".
“Il problema è sempre lo stesso: siamo ‘ammazzati’ dalla burocrazia. Quando abbiamo realizzato la ‘Trazzera’ lo abbiamo vissuto in prima persona: una montagna di carte, tre conferenze di servizi per riprendere una strada sterrata in mezzo alla campagna. è questo che va assolutamente cambiato. E questo si può fare con i Disegni di legge. Ma servono i numeri, se no non si può fare nulla. Insomma, dobbiamo fare le riforme, ma che siano profonde. Il fatto è che le risorse sono sprecate nei mille rivoli dell’assistenza. È un reddito di cittadinanza deviato, quando invece quest’ultimo servirebbe per rilanciare l’economia, da volano per lo sviluppo”.
“Stiamo ragionando sulla riforma elettorale. Un’altra cosa su cui ci batteremo sarà quella per capire come realizzare il vero reddito di cittadinanza. Dobbiamo, poi, continuare a convincere quante più persone possibili ad andare a votare. La gente si deve stancare di non contare nulla. Aggiungo una quarta cosa: occorre dare sostegno alle piccole e medie imprese, che sono fondamentali come possibilità di lavoro e di crescita. E, in ultimo, ma ritengo sia la cosa più importante: bisogna riprogrammare la macchina amministrativa, facendo capire che i dipendenti regionali devono lavorare insieme alla politica”.