Mandarino è anche il nome di una baia cinese, di quel mare meridionale. Ma in questo argomento non ci interessa.
Nulla di nuovo sotto il sole, perché la casta dei mandarini italiani è fortissima, presente in Parlamento, direttamente o indirettamente, ha in mano tutte le leve, sia di formulazione dei disegni di legge che della loro attuazione.
Cosicché sono nelle condizioni di indirizzare, di fatto, la politica, perché i legislatori che occupano vertici istituzionali (Consiglio dei ministri, presidenti e Giunte regionali, sindaci e Giunte comunali) non hanno, sovente, preparazione giuridica e organizzativa tali da valutare le bozze dei ddl che vengono loro sottoposte.
La casta dei mandarini italiani è paragonabile a quella dei sacerdoti d’Egitto, i quali detenevano, di fatto, il potere, nonostante i faraoni, in nome delle loro deità; è paragonabile alle gerarchie delle chiese, a quella degli imam musulmani e di altre religioni.
C’è una differenza, però: mentre le gerarchie ecclesiastiche esercitano il potere in nome del loro Dio, i mandarini italiani esercitano il potere in nome del popolo italiano: ma il risultato non è differente, perché in ambedue i casi il popolo è considerato servo. Non si spiegherebbe diversamente la feroce resistenza dei mandarini italiani di fronte alla trasparenza, alla semplificazione delle procedure e alla digitalizzazione, con la quale risultano evidenti percorsi e tempi.
Sono proprio questi tre elementi (ripetiamo: trasparenza, semplificazione e digitalizzazione) i nemici contro cui lottano in maniera furibonda, anche se non evidente, codesti mandarini.
I quali guadagnano in modo sproporzionato ai servizi che rendono.
L’aspetto poco conosciuto che riguarda tali mandarini, cioè i dirigenti, sono i loro compensi aggiuntivi agli stipendi, di rilevante entità, quali indennità e premi di risultato, nonché l’avanzamento di carriera sulla base di valutazioni autoreferenziali che si danno l’un con l’altro. Nessun dirigente, o quasi, è valutato meno del massimo; proprio nessuno è valutato al minimo. è ovvio che can non mangia cane, per cui ognuno valuta il collega sapendo che poi riceverà lo stesso favore.
La situazione si è incancrenita e il governo cerca di riformarla, ma trova resistenze quasi insormontabili.
E’ entrato in vigore il Foia (Freedom of Information Act), Dlgs 97/2016, con il quale dovrebbe diventare di normale uso la trasparenza, per cui nessuna amministrazione, di qualunque livello, potrebbe opporsi alle richieste da parte di cittadini di ottenere documenti di vario genere. Però così non è perché, almeno per ora, le amministrazioni non vogliono attuare la norma.
Poi è entrato in vigore il Dpcm 13 novembre 2014 sulla digitalizzazione, ma con successivo provvedimento è stato cancellato il termine fissato per legge del 12 agosto 2016, dopo il quale nessun atto amministrativo poteva essere redatto su carta, ma avere sempre il formato digitale. Cosicché il governo ha ceduto ai mandarini i quali vedono come fumo negli occhi la digitalizzazione, che scoprirebbe i loro altarini.
In questa analisi, va scritto a chiare lettere che vi è una grande parte, non quantificabile, di dirigenti e dipendenti pubblici, che sono di grande valore professionale, di totale onestà mentale e culturale, i quali di fatto reggono la macchina pubblica. Ma essi non devono più tollerare che i loro colleghi trafficoni, fannulloni e disonesti gettino sull’intera categoria la vergogna di comportamenti inqualificabili.
