Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha sostenuto in questi giorni che sono stronzi coloro i quali contrastano gli immigrati. I media hanno puntato più sull’aggettivo a effetto che non sul ragionamento retrostante. Fini, infatti, non si è riferito a tutti gli extracomunitari che si trovano in Italia in modo non autorizzato, ma a tutti gli immigrati che qui lavorano e pagano imposte e previdenza. In altri termini, coloro che si stanno integrando con la nostra popolazione.
Conosciamo tantissime di queste brave persone, che spesso rendono di più dei nostri concittadini e sono più ligi alle leggi che osservano quasi sempre scrupolosamente.
Siamo d’accordo che a questi cittadini, con un percorso completato sulla lingua e sulle conoscenze delle leggi, nonché sul civismo, dovrebbe esser dato il diritto politico del voto, magari dopo cinque o dieci anni di buon comportamento e residenza.
Caso opposto è quello dei clandestini. Abbiamo più volte scritto che in un Paese ordinato non possono vivere soggetti estranei al corpo dei cittadini. Non solo perché costituiscono un elemento di turbamento per il funzionamento civile e sociale; non solo perché costituiscono un aggravio per le casse pubbliche dovendo essere curati per ragioni caritatevoli in caso di malattie; ma essi sono sfruttati dalla criminalità organizzata e da cosiddetti imprenditori senza scrupoli che li trattano come carne da macello.
A proposito di quest’ultimo, dobbiamo segnalare l’assurdo. Vi sono imputati appartenenti alla criminalità organizzata che essendo ufficialmente nullatenenti vengono difesi da avvocati pagati dall’Erario.
L’Istat ci comunica che abbiamo superato la soglia psicologica di 60 milioni di abitanti di cui quattro milioni sono immigrati regolari con cui conviviamo bene, che hanno portato al nostro Paese la loro voglia di fare e che lavorano meglio di tanti nostri connazionali. Non possiamo ulteriormente crescere di numero perché la densità per chilometro quadrato utile è molto elevata rispetto alla media europea, tenuto conto che più di un terzo del nostro Paese (300 mila chilometri quadrati) è inabitabile per la sua orografia. Non è certo la Francia che è un’immensa pianura (oltre 500 mila chilometri quadrati) su cui insiste una popolazione simile a quella italiana.
Lo Stato, dunque, deve consentire l’accesso a nuovi “cittadini fuori Ue” in modo selezionato e controllato. Anche tenuto conto del fatto che vi è stata un’ondata di trasferimenti dalla Romania, i cui cittadini sono europei e hanno tutto il diritto di abitare e lavorare nel nostro Paese. Non certo quello di commettere reati.
Chiunque voglia venire da noi deve seguire la regolare procedura attraverso le nostre ambasciate. Stronzo chi non lo fa.