Pil, in Europa parte la ripresa mentre l'Italia arranca - QdS

Pil, in Europa parte la ripresa mentre l’Italia arranca

Valeria Arena

Pil, in Europa parte la ripresa mentre l’Italia arranca

sabato 24 Settembre 2016

Confindustria: nello stesso periodo Spagna a +23,5%, Francia a +18,5% e Germania a +18,2%. Nel nostro Paese i 15 anni tra il 2000 e il 2015 hanno registrato -0,5%

ROMA – Un confronto davvero disarmante, quello messo in risalto dal centro studi di Confindustria nell’ultimo rapporto dedicato alla politica economica nazionale. Il prodotto interno lordo dell’Italia, infatti, è calato, tra il 2000 e il 2015, dello 0,5%; nello stesso periodo, la Spagna registrava un aumento del 23,5%, la Francia del 18,5% e la Germania del 18,2%.
Mentre, quindi, i principali Paesi europei crescevano e si riprendevano dalla crisi economico-finanziaria, il nostro Paese sprofondava nel baratro.
In pratica, Germania, Francia e Spagna, come sottolinea il rapporto, “sono arretrate meno durante la Grande recessione e hanno recuperato più velocemente i livelli persi di Pil”. Fino al 2007, vigilia della crisi, la forbice nella crescita era stata di 15,1% verso la Spagna, del 4,7% rispetto alla Francia e 1,5% nei confronti della Germania, dinamica accentuatasi negli della crisi con Italia e Spagna vittime di una doppia recessione (2008-2009 e 2012-2014). Se, però, il Pil nazionale è diminuito del 9%, quello spagnolo è sceso del 7,6% (fino al 2013).
Altra storia per Francia e Germania, che hanno invece “continuato il recupero iniziato nel 2010, tant’è che nel 2014 i livelli di Pil delle due economie erano già superiori ai massimi pre-crisi, del 5,6% il tedesco e del 2,6% il francese”. Lo scorso anno la crescita italiana si è fermata allo 0,8%, circa due terzi di quello francese (+1,3%), meno della metà di quella tedesca (+1,7%) e un quarto di quella spagnola (+3,2%), divari ribaditi anche nel secondo trimestre del 2016.
L’Italia, quindi, paga la lenta crescita del periodo pre-crisi, soprattutto se confrontata ai principali paesi dell’Eurozona, a cui è seguita una buia recessione tra il 2008-2009 e il 2012-2014 e una fase di recupero nettamente più flemmatica di quella di Germania, Francia e Spagna. Tale performance, inoltre, viene confermata anche nelle previsioni per il 2016 e il 2017. Il nostro paese, infatti, ha visto ridursi non solo il livello ma anche la dinamiche del Pil potenziale.
Secondo Confindustria, il prodotto interno lordo italiano crescerà dello 0,7% quest’anno e dello 0,5% l’anno prossimo, tornando ai livelli di poco superiori ai valori del 2000. “Il negativo differenziale di crescita accumulato dall’Italia a partire dal 2000 -spiega il rapporto del centro studi – raggiungerà così nel 2017 il 22,7% rispetto alla Spagna, il 17,6% nei confronti della Germania e il 16,9% verso la Francia. Ciò è spiegato in larga parte dall’andamento della produttività, che nello stesso periodo e per l’intera economia è aumentata del 10,9% in Germania, del 12,6%  in Francia e del 17,4% in Spagna, contro il +0,2% dell’Italia. Già nel 2000-2007 si riscontrava dinamiche molto differenziate: +9% in Germania, +7,1% in Francia, +2,6% in Spagna e 1,6% in Italia”.
Il nostro Paese, quindi, è quello che ha più sofferto l’arrivo della crisi, tanto che la dinamiche della crescita del Pil potenziale è passata dall’1,1% del 2000-2007 (allora in linea con quella tedesca ma inferiore al resto dell’Euroarea) al -0.5/ tra il 2008 e il 2015.
Che la ripresa è tra le più fragile lo conferma anche Promoteia, azienda operante nel settore economico-finanziario, la quale, nell’ultimo rapporto di previsioni, ha tagliato le stime del Pil 2016 (da +0,8% a +0,7%) e 2017 (da +0,9% a +0,8%).
Per gli anni successivi la crescita media annua, secondo gli economisti dell’azienda, sarà vicina all’1%. La stagnazione del secondo trimestre preoccupa per la sua origine (è stata la domanda interna a deludere le attese),  mentre la politica di bilancio è prevista ancora “moderatamente espansiva” con la legge  2017. Si registra inoltre uno stop alla discesa del deficit/Pil (2,4% quest’anno, 2,5% l’anno prossimo) e un rientro del disavanzo posticipato al 2018. Le incertezze legate al referendum costituzionale “continueranno a pesare, in Italia e non solo. Un eventuale esito negativo potrebbe avere ripercussioni sulla stabilità del governo e mettere in discussione l’agenda delle riforme”, si legge infine nel rapporto Prometeia.
 


Sicilia, bruciati quasi 10 mld dal 2008 al 2014
 
PALERMO – La Sicilia si inserisce perfettamente nella stessa striscia recessiva dell’Italia, registrando numeri addirittura peggiori.  Dal 2008 al 2014, infatti, la nostra regione  ha vissuto otto anni consecutivi di recessione ritornando indietro di ben 20 anni, a quel 1995, anno in cui la ricchezza prodotta si attestava a 83 miliardi di euro.
In questi otto anni, scanditi anche da una pesante crisi economica di carattere globale, la Sicilia ha bruciato 10 miliardi di euro (-12,8% la variazione relativa al Pil), mentre l’Italia, nello stesso intervallo di tempo, decresceva della metà (-6,3%).
In attesa dei dati definitivi, che verranno diramati dall’Istat non prima del mese di novembre 2016, le recenti anticipazioni sulle variazioni del prodotto interno lordo siciliano, presentate nelle scorse settimane da Svimez e Fondazione Curella, presentano uno scenario positivo di crescita e sviluppo per l’Isola (+1,5 per la prima, +0,8% per la seconda). Previsioni che però contrastano in modo stridente con lo scetticismo manifestato da alcuni rappresentanti delle associazioni di categoria siciliane. Ad esempio, ha ben poco di positivo ed ottimistico il quadro relativo all’edilizia siciliana che viene fuori dal primo “Rapporto congiunturale sull’industria delle costruzioni in Sicilia”, realizzato dalla Direzione affari economici e Centro studi dell’Ance nazionale in collaborazione con Ance Sicilia e Ance Palermo e all’interno del quale troviamo un vero e proprio bollettino di guerra: “A valle di un settennio disastroso – si legge -, il 2015 si è chiuso con un calo dell’1,9% degli investimenti in costruzioni e il 2016 porterà un ulteriore taglio dell’1,7%”.

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