Analisi del Rapporto Res (Ricerca economica e società), osservatorio sui processi di sviluppo e sulle politiche di intervento. Turismo, agricoltura specializzata, industria chimica e manifatturiera legata a fotovoltaico e informatica
PALERMO – L’innovazione è l’unica via d’accesso, per la Sicilia, al mercato globale. Un’ipotesi che prende piede nel corso del dibattito che si è svolto lo scorso 4 dicembre nei locali della Società Siciliana Storia Patria, in occasione della presentazione del Rapporto 2009 dal titolo Remare controcorrente. Imprese e territori dell’innovazione in Sicilia.
Interlocutori d’eccezione sono stati il sociologo Arnaldo Bagnasco, gli economisti Elita Schillaci e Mario Centorrino e lo studioso Salvatore Bufera, che invitati al convegno, introdotto da Giovanni Puglisi, presidente della fondazione BdS, che hanno dato adito al lavoro svolto dai ricercatori della Fondazione Res. Si tratta dell’Istituto di Ricerca su Economia e Società in Sicilia. Fondato da poco più di un anno, a seguito di una convenzione siglata tra la Fondazione Banco di Sicilia e Unicredit-Banco di Sicilia, l’istituto rappresenta, secondo Giovanni Puglisi, un unicum per la Sicilia. Dotazione finanziaria: 500 mila euro.
Un osservatorio privilegiato, che punta i fari sui processi di sviluppo economico e sociale, ed alle politiche d’intervento per sostenerli più efficacemente. I destinatari sono le attività di mercato esistenti in Sicilia. Una realtà presente, seppur con non poche difficoltà.
Due le aree di maggiore concentrazione imprenditoriale. La prima coinvolge la parte sud-orientale della Sicilia, in cui va palesandosi un trend di sviluppo più variegato, riconducibile a circa il 60%, tra cui il settore turistico, quello della valorizzazione dei beni ambientali-culturali, l’agricoltura specializzata, l’industria chimica e manifatturiera, legata al fotovoltaico ed all’informatica. Meno marcata l’industria che si concentra nella parte occidentale dell’Isola, in cui si afferma il sistema del vino. Sono circa 1200 le imprese dinamiche e di successo, di cui 800 sono risultate innovative. Esse sono già proiettate verso i mercati internazionali; ottengono migliori risultati in termini di crescita di occupazione e fatturato, e praticano una strategia attiva rivolta all’innovazione del prodotto o servizio, oltre che di processo e organizzative. Sono loro espressione di una realtà di mercato che non vuole sopravvivere, ma puntare al rilancio, accogliendo la sfida dell’innovazione.
“Diversi i fattori che frenano l’attività di mercato. Primo fra tutti l’incombenza della pubblica amministrazione, che attira buona parte delle risorse, costringendo alla paralisi l’imprenditoria. È anche vero che si tratta di un mercato che non è mai decollato, perché la Sicilia non conosce un’era industriale, se non nei suoi aspetti più crudi e negativi, cioè da polo distaccato” stigmatizza Mario Centorrino, il quale rileva un terzo fattore, rintracciabile nella mafia, “dinanzi a cui l’imprenditore subisce la sindrome di Stoccolma”.
Più pragmatica la posizione di Arnaldo Bagnasco, secondo il quale l’innovazione si rintraccia nel movimento delle tre eliche, che, una volta coordinate, si spingono verso l’alto. Sono la politica, l’impresa e la scienza applicata a processi produttivi. Una teoria condivisa da Elita Schillaci, membro del comitato scientifico del Res, la quale, accoglie l’ipotesi rilanciandola sotto forma di capitalismo sociale. “L’apertura a collaborazioni tra imprese o con università e centri di ricerca possono fornire nuovi stimoli; Illusorio pensare che ciò possa rivelarsi sufficiente a vincere al forza contraria, anche se più rematori possono affrontare meglio la corrente contraria”.
Si legge dal Rapporto Res.