Nella capacità di innovare incide la sinergia fra i tre fattori: economico, istituzionale ed organizzativo. Nel Mezzogiorno l’Università etnea è al secondo posto per numero di convenzioni con imprese
PALERMO – L’Ateneo di Catania si guadagna il podio per l’eccellente performance dimostrata nella capacità di relazionarsi con le imprese, lasciando il secondo e terzo posto rispettivamente a Palermo e Messina. Una posizione che sta stretta ai due poli universitari, che vantano una qualità della ricerca più elevata rispetto a quello etneo.
Ma la valutazione correlata alla ricerca etnografica condotta nella primavera-estate 2009 dai ricercatori del Res, l’Istituto di Ricerca Economia e Società in Sicilia, non lascia spazio a fraintendimenti. L’indagine inserita nel Rapporto 2009 ‘Remare controcorrente. Imprese e territori dell’innovazione in Sicilia’ vuole descrivere i tre sistemi locali dell’innovazione attraverso la sinergia di tre fattori: economico, istituzionale ed organizzativo. Sono stati coinvolti 20 attori privilegiati di Epr, enti o associazioni di intermediazione tra domanda e offerta di ricerca. I dati rilevati dimostrano la scarsa propensione di trasferimento delle proprie conoscenze verso il territorio di Palermo e Messina.
Ad avvantaggiare Catania intervengono diversi fattori, primo dei quali l’offerta di ricerca, che può contare sull’attività dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e su quella più ingente del Cnr. Dal punto di vista del trasferimento delle conoscenze, non si può sottovalutare la quantità di convenzioni di ricerca che i dipartimenti dell’ateneo hanno stipulato con imprese ed enti privati, guadagnandosi il secondo posto nel Mezzogiorno, dopo la Federico Secondo di Napoli, e l’undicesimo in Italia. A queste si aggiungono le commissioni mediate dall’ateneo stesso, quelle promosse da altri enti di ricerca, da centri di intermediazione tra domanda e offerta, ed infine dalle istituzione locale. Vale la pena, inoltre, soffermarsi sul fatto che tale sistema di interazione con l’esterno ha facilitato la nascita di spin-off tramite l’organizzazione di business plan competition ed ha promosso la diffusione tra i docenti della difesa della proprietà intellettuali.
A condizionare il successo di Catania influisce indubbiamente la presenza di un elevato numero di imprese hi-tech, che alimenta la domanda di innovazione. ma, secondo i ricercatori del Res, questa osservazione si rivelerebbe riduttiva, se non contestualizzata in un sistema più vasto, che inserisce Catania in un tessuto produttivo dinamico, storicamente chiamata ad una mentalità e formazione imprenditoriale, che vanta la presenza di una coalizione locale di interessi che ha saputo disegnare e costruire una traiettoria di sviluppo condivisa. Se a ciò si aggiunge la presenza di una buona dote di capitale sociale, ci sono tutti gli ingredienti per garantire progetti degli attori della ricerca utili all’impresa. Presupposti che mancano sia a Palermo che a Messina. Città in cui si denuncia un attore pubblico meno partecipe alla costruzione dello sviluppo, minori relazioni con il tessuto imprenditoriale, e la perifericità dei centri di intermediazione dell’innovazione.
Queste osservazioni non devono, comunque, distogliere, dalla più generica debolezza della domanda di innovazione che si registra in Sicilia, rispetto al territorio nazionale. Dal Rapporto 2009 le ragioni di tale fragilità sono riconducibili alla dimensione ridotta delle imprese, la loro specializzazione in settori che, nella media, incorporano una tecnologia medio-bassa ed una scarsa apertura ai mercati internazionali. Una certa responsabilità va inoltre addebitata all’attore pubblico, che, se da un lato interviene con impegni di spesa notevoli per promuovere la ricerca, di contro i ritardi nell’attuazione dei programmi mettono in evidenza una scarsa coerenza tra impegni presi e azioni perseguite.