Il Primo presidente della Cassazione ha posto l’attenzione su un grave vulnus del sistema giustizia. Molte le distorsioni dei processi mediatici culminate poi in assoluzioni
PALERMO – Tutti tacciati come colpevoli, anche solo per aver ricevuto un’informazione di garanzia.
In barba al principio di presunzione di innocenza sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dalla nostra Costituzione, È sempre più folta la schiera di coloro i quali, più o meno inconsapevolmente, si ergono a paladini della giustizia puntando il dito contro un imputato o un indagato, ancor prima di conoscere l’esito del processo giudiziario.
Dall’insegnante palermitana accusata di violenza sessuale, all’ex responsabile della Ragioneria generale del Comune di Catania, all’ex sindaco di Enna, Paolo Garofalo, accusato di tentata concussione e abuso d’ufficio, lungo è l’elenco dei casi avvenuti in Sicilia – e non solo – che hanno visto al centro della gogna mediatica soggetti, più o meno noti all’opinione pubblica, ancor prima che mettessero piede in Tribunale.
A rilevare le “distorsione del processo mediatico” è stato proprio il Primo Presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, il quale, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario tenutasi lo scorso mese di gennaio, ha evidenziato un aspetto che merita di essere preso in considerazione: il bisogno cioè di “aprire finestre di controllo giurisdizionale nelle indagini dei pm”. Una riflessione ma anche un monito che pone l’attenzione su una grave falla del sistema giudiziario italiano: la mancanza cioè di controlli sulle attività di chi ha il compito di vigilare sull’osservanza della legge, sulla regolare amministrazione della giustizia, sulla tutela dei diritti.
Attività neanche tanto celata se, come sottolinea lo stesso Canzio nella sua relazione, ad alimentare le distorsioni dei processi che si svolgono sui giornali e nelle televisioni contribuisce anche la “spiccata autoreferenzialità” di alcuni Pubblici ministeri.
Peccato, però, che a pagare siano persone che, alla fine del percorso giudiziario, spesso dimostrano la propria innocenza, senza nessuna riabilitazione “mediatica”.
Se questa è giustizia…
Raffaele Lombardo – Assolto dal concorso esterno in associazione mafiosa
CATANIA – Un presidente della Regione accusato di avere legami con la mafia non è, di certo, un Presidente di cui potersi vantare. È stato un sollievo, però, per Raffaele Lombardo apprendere la decisione della Terza Corte d’appello di Catania di assoluzione dal concorso esterno in associazione mafiosa “perché il fatto non sussiste”. Tale sentenza ribalta quella di primo grado giunta come una doccia fredda il 19 febbraio 2014, quando l’ex leader del Mpa era stato condannato a sei anni e otto mesi col rito abbreviato.
L’accusa aveva chiesto la condanna più pesante (sette anni e otto mesi di reclusione), contestando anche il reato elettorale.
La Corte ha ritenuto non sussistere il concorso esterno all’associazione mafiosa, ma l’ex Presidente della Regione resta “colpevole per voto di scambio”.
Rudy Maira – L’ex parlamentare scagionato dall’accusa di evasione fiscale
PALERMO – Innocente “perché i fatti contestati non costituiscono reato”: un altro caso di assoluzione è quello che ha visto coinvolto l’ex parlamentare regionale Rudy Maira, capogruppo dell’Udc e poi del Pd nella scorsa legislatura, scagionato dall’accusa di evasione fiscale. Finito sotto inchiesta quattro anni fa, quando è scattata una perquisizione della guardia di finanza e della polizia nel suo studio e a casa, si vide sequestrare tutti i beni, compresi quelli dei figli, e bloccare di fatto qualsiasi attività bancaria.
Il processo, però, ha dimostrato che Maira non ha commesso alcun reato e i beni sono stati dissequestrati. Tutto è bene quel che finisce bene, insomma, ma è innegabile il danno all’immagine subito dall’ex deputato, che ha pagato, come si legge nella nota che ha diramato, “un prezzo altissimo sul piano personale, umano, professionale e politico”.
Maria Grazia Modena – “Esperimenti” sui pazienti, assolta cardiologa
MODENA – Oltrepassando lo Stretto, ci si imbatte in una miriade di casi di malagiustizia: tra questi, clamoroso quello di Maria Grazia Modena, ex primaria di cardiologiadel Policlinico di Modena, coinvolta nella maxi-inchiesta Camici sporchi su presunte sperimentazioni a danno di pazienti inconsapevoli in degenza nel reparto di cardiologia. Le manette scattano per la donna e per altri otto medici da Torino a Catania il 9 novembre 2012. Dall’associazione a delinquere alla violenza pribvata, dalla corruzione all’abuso d’ufficio, gravissime le accuse contestate agli indagati dalla Procura di Modena.
Nel 2013 ha il via il maxi processo che, oltre ad una decina di medici, coinvolge anche 42 aziende elettromedicali italiane ed estere. La professoressa opta per il rito abbreviato: dopo la condanna a sei anni e mezzo – ridotta a quattro di reclusione più cinque anni di interdizione dai pubblici uffici – la Corte d’Appello ribalta la sentenza di primo grado, con un’assoluzione per non aver commesso il fatto.
Giorgio Santonocito – Prosciolto l’ex ragioniere generale del Comune di Catania
CATANIA – Dissimulazione della situazione economico-finanziaria del Comune: era questa l’ipotesi di reato contestata dalla Procura di Catania a Giorgio Santonocito, ex responsabile della Ragioneria generale dell’Ente etneo e attualmente direttore generale dell’Ospedale Garibaldi, assolto dal Gup poche settimane fa.
Oggi la verità processuale lo ha scagionato da tutte le accuse ma , quando scoppiò il caso, non mancarono da parte di molti giornali parole di condanna nei suoi confronti. Santonocito ha voluto pertanto togliersi qualche sassolino dalla scarpa in una lettera resa nota in seguito alla decisione del giudice: “Non posso non stigmatizzare la demonizzazione mediatica che taluni hanno inteso sbandierare, quasi che indagato equivalga a colpevole”.
Nel mirino degli inquirenti erano finiti anche l’ex primo cittadino, Raffele Stancanelli, e sei tra ex amministratori e dirigenti del Comune. Tutti prosciolti.
Antonio D’Alì – Non ci fu l’appoggio elettorale della mafia trapanese
PALERMO – Confermata la sentenza di primo grado dalla Corte d’appello di Palermo, che ha assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa il senatore di Forza Italia Antonio D’Alì. Il primo grado di giudizio aveva scagionato il senatore da tutte le contestazioni mossegli in data successiva al 1994, compresa l’ipotesi che D’Alì, dal 1994 in poi, abbia goduto del costante appoggio elettorale della mafia trapanese. Per le accuse precedenti a quella data è invece scattata la prescrizione dei reati. Un giudizio confermato tale a quale in secondo grado.
La partita per il senatore non sembra ancora chiusa: la Procura di Palermo starebbe valutando se impugnare la parte della sentenza che lo ha assolto. Intanto, il senatore si gode la sua (forse momentanea) vittoria, lanciando però una sottile frecciatina a quanti lo hanno accusato: “Sono una persona perbene, prendo atto che ci voleva una sentenza per affermarlo”.
Paolo Garofalo – Concussione e abuso d’ufficio, assolto l’ex sindaco di Enna
ENNA – Si è conclusa con un “non luogo a procedere” la vicenda che ha visto coinvolto l’ex sindaco di Enna, Paolo Garofalo, accusato di tentata concussione e abuso d’ufficio, su denuncia di un’avvocatessa del Comune.
Dopo il proscioglimento ottenuto all’udienza preliminare, è arrivata anche la decisione della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso presentato dalla denunciante.
Secondo l’accusa, Garofalo sarebbe incorso nei reati di abuso d’ufficio, per la nomina del comitato di valutazione quando era sindaco, e di tentata concussione, per aver tentato di costringere l’avvocatessa a dirigere, oltre all’ufficio legale dell’ente, anche il settore della Polizia municipale. Prosciolto dal Gup, Garofalo, ha dovuto difendersi nuovamente dinanzi alla Suprema Corte, che ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Luca Barbareschi – Abuso edilizio a Filicudi, assolto l’ex deputato di An
MESSINA – Anche l’attore Luca Barbareschi è finito sull’occhio del ciclone con l’accusa di abuso edilizio. Ed anche lui è stato assolto dal giudice monocratico del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto “perché il fatto non sussiste”.
Sull’attore ed ex deputato di An pendeva l’accusa di aver fatto costruire una piscina e aver svolto lavori di ampliamento nella sua residenza estiva sita nell’isola di Filicudi senza avere la necessaria concessione edilizia e in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Le avventure giudiziarie di Barbareschi, però, non sono finite: dovrà affrontare un altro processo al Tribunale di Messina per abuso e falso in relazione al visto di compatibilità paesaggistica rilasciata per la sanatoria.
Matteo Saracino – Il maresciallo della GdF in carcere da innocente
CALTANISSETTA – Coinvolto in un’inchiesta sulle slot machines, è stato accusato di concorso in corruzione, frode informatica e truffa in concorso perché, secondo le tesi della Procura di Caltanissetta, lui e altri uomini in divisa avrebbero chiuso un occhio o in alcuni casi tutti e due di fronte al sistema che ruota intorno al mondo delle slot e delle scommesse online. A causa di tali accuse, il 9 ottobre di cinque anni fa si è visto recapitare un ordine di custodia cautelare: 18 giorni in carcere e 3 mesi agli arresti domiciliari.
Ora, al protagonista di questa vicenda, maresciallo delle Fiamme gialle Matteo Saracino, dovrà essere corrisposto un risarcimento danni per l’ingiusta detenzione poiché è stato assolto da ogni accusa a suo carico. Eppure, il dolore e l’umiliazione per quanto vissuto non potranno essere ripagati da alcuna cifra.
L’insegnante palermitana – Accusata di violenza sessuale: “il fatto non sussiste”
PALERMO – Nessuna prova di rapporti sessuali con il suo alunno: arriva anche per l’insegnante di Lettere di un Istituto professionale palermitano l’assoluzione in quanto, secondo il Gup, “il fatto non sussiste”.
Sulla donna pendeva l’accusa di violenza sessuale nei confronti di un suo alunno sedicenne all’epoca dei fatti (mentre lei di anni ne aveva 41 anni), ma alla fine la decisione del Gup è stata quella di assolvere la donna dalle accuse perché il fatto non sussisteva.
Il paradosso della vicenda è che nel processo, svoltosi con rito abbreviato, lo stesso Pm aveva chiesto l’assoluzione, ma per un motivo tecnico: nel 2012, anno in cui avvennero i fatti, non era ancora considerato reato il comportamento del docente che avesse fatto sesso con l’alunno minorenne, mentre dal 2013 il fatto è punito dalla legge.