Clima, gli Stati Uniti ci pensano. La Sicilia non fa neanche quello - QdS

Clima, gli Stati Uniti ci pensano. La Sicilia non fa neanche quello

Clima, gli Stati Uniti ci pensano. La Sicilia non fa neanche quello

martedì 30 Maggio 2017

Mentre tra i grandi cresce la tensione sull’ambiente, l’Isola si misura con i pessimi dati dell’Istat. Aria inquinata, biodiversità a rischio, disboscamento tra le questioni irrisolte

PALERMO – Il clima globale esce malconcio dal G7 di Taormina. Nei giorni scorsi, infatti, il presidente americano, secondo quanto riportato dall’agenzia Axios, avrebbe rivelato ai suoi confidenti l’intenzione di sfilare gli Stati Uniti dall’accordo sul clima di Parigi. Trump, così come riportato in un tweet, si è dato questa settimana di tempo per definire la sua posizione. Il rischio rottura è nell’aria: l’Europa non sembra particolarmente predisposta ad assecondare i tempi degli States, e le dichiarazioni di Angela Merkel ed Emmanuel Macron sembrano andare proprio in questa direzione. Per gli Stati Uniti che potrebbero andarsene, c’è una Sicilia che deve essere ancora portata dentro la corsia dello sviluppo sostenibile.
La costruzione di una visione comune sui temi ambientali ha origini lontane. Bisogna tornare al 1992, al Vertice della Terra tenutosi a Rio, quando erano state definite le basi per la realizzazione politica dello sviluppo sostenibile, cioè per costruire un mondo in cui attività produttive e ambiente potessero coesistere. I passi successivi sarebbero stati l’Agenda 21, e quindi, nel 2012, l’impegno rinnovato alla Conferenza Rio+20. In continuità con i precedenti Millennium development goals, nel settembre 2015 l’assemblea generale delle Nazioni unite ha adottato l’Agenda 2030 che rappresenta il libro del sacro degli impegni degli Stati nei confronti dell’ambiente e custodisce gli obiettivi da raggiungere entro i prossimi 13 anni. Un programma poi confermato con l’adozione del Paris climate agreement e il Sendai framework for disaster risk reduction.
A riportare il focus ambiente all’attenzione dei grandi del mondo, riuniti a Taormina alla fine della settimana scorsa, ci hanno pensato gli attivisti di Greenpeace che, in concomitanza con l’apertura dei lavori, hanno lanciato un appello tramite degli striscioni con il messaggio Planet earth first e Climate justice now a bordo di otto canoe posizionate nelle acque antistanti la spiaggia di Giardini Naxos. Altri attivisti hanno inoltre trasportato in acqua una riproduzione della statua della Libertà alta 4 metri, con indosso un giubbotto di salvataggio. Il messaggio è chiaro: l’associazione ambientalista ha richiesto ai capi di stato di implementare l’accordo raggiunto nel dicembre con i trattati di Parigi durante la COP21, un impegno che mira a stabilizzare l’aumento della temperatura del Pianeta su quota 1,5 gradi.
Se gli Stati Uniti sembrano tentennare, non è che la Sicilia sia proprio in prima linea sul fronte ambientale. Nei giorni scorsi l’Istat ha diffuso i 17 Sustainable development goals (Sdgs) che compongono l’Agenda 2030. L’Isola è indietro nella maggior parte degli ambiti. Sul fronte dell’energia sostenibile, ad esempio, i “consumi di energia elettrica coperti da fonti rinnovabili (in percentuale sul consumo interno lordo di energia elettrica)” sono pari al 23,7% contro una media nazionale del 33,1%. Non va meglio nemmeno sul fronte degli indicatori che riguardano il favorire “un uso sostenibile dell’ecosistema, gestire le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare il degrado del terreno e la perdita di biodiversità” in quanto la Sicilia ha una delle più basse percentuali di superfici boscate sul totale della superficie rispetto ad altre regioni, e continua a soffrire il consumo di suolo che incide direttamente anche sulla crescita del rischio idrogeologico. Sono lontani anche i modelli “sostenibili di produzione e di consumo” con la gestione dei rifiuti all’anno zero e appena 16 organizzazioni su mille con una certificazione europea di qualità ambientale.

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