Tutti crescono e la Sicilia resta bloccata, con una Regione piena di privilegi che alimenta se stessa, che è autoreferenziale, che erode giorno dopo giorno le risorse degli isolani.
Si tratta di una sorta di prepotenza generalizzata di coloro che dovrebbero rappresentare i cittadini e servire il loro interesse generale mentre sono chiusi nel loro bunker dorato, continuando a percepire stipendi, emolumenti e indennità come se nulla fosse.
Ci sembra di vedere il 1789, quando in Francia l’aristocrazia piena di privilegi non guardava al di fuori delle mura dei propri castelli e delle proprie dimore, infischiandosene altamente della povertà e della diffusa malattia sociale di quel popolo. Da quella situazione nacque la rivoluzione che tutti conosciamo, con la presa della Bastiglia il 14 luglio, ancora oggi festa nazionale del Paese transalpino.
Ora, in Sicilia non è pensabile che vi sia una rivoluzione cruenta del popolo, ma una rivoluzione sociale sarebbe auspicabile.Tuttavia, registriamo una sorta di indolenza, o forse di rassegnazione del popolo siciliano, anche perché l’ignoranza è diffusa e tutti i politici che si sono alternati in questi 70 anni l’hanno foraggiata perché si ricordano che è meglio avere a che fare con un popolo ignorante che colto.
Qualcuno sostiene che la situazione disastrosa della Sicilia sia conseguenza della crisi: può darsi. La verità è che, sempre secondo l’Ocse, dal 2008 al 2016 il Pil dell’Europa è cresciuto del 5%, quello dell’Italia è decresciuto del 7%, quello della Sicilia del 14%.
Non c’è stata solo la crisi economica, bensì quella istituzionale perché i governanti della Sicilia sono stati eletti tra i peggiori.
Però, si sa, “il lupo perde il pelo ma non il vizio”. Questi partiti, che hanno rovinato la Sicilia, i cui dirigenti sono incrostati di privilegi, non sono in condizione di esprimere una nuova classe dirigente.
L’unico movimento che può farlo è quello di Casaleggio-Grillo, anche se, come sappiamo, non è ancora attrezzato professionalmente per dirigere una Regione che ha un bilancio di 16 miliardi e governa 5 milioni di cittadini, su una superficie di 25mila km quadrati, uguale a quella della Lombardia.
Tuttavia, non c’è un’altra strada. Come diceva Lenin: “Per fare la frittata bisogna rompere le uova”. E l’unico modo che intravediamo per fare la frittata cioè “il Risorgimento della Sicilia” è quello di portare al governo dell’Isola il Movimentocinquestelle.
Non sappiamo se i siciliani capiranno questo ragionamento e quindi daranno il loro suffragio in conseguenza. Sappiamo, però, che bisogna completare questo processo calante, che dura da decenni, con persone nuove, non incrostate e che hanno comunque un indirizzo dai vertici nazionali che gli impedisca di assimilarsi ai vecchi partiti.
Si vocifera di personalità da calare dall’alto, come l’attuale presidente del Senato Pietro Grasso, persona rispettabilissima e degna. Ma la Regione siciliana ha bisogno di un presidente che, oltre alle qualità di onestà e correttezza, possieda quelle competenze che gli consentano di riorganizzare un ente che paga centomila cedolini al mese senza rendiconto. Nessuno ha mai calcolato se i risultati siano congrui rispetto alle spese che la Regione sostiene.
Non sappiamo se le elezioni nazionali, previste per il 24 settembre, precederanno quelle regionali, fissate il 5 novembre. Se così sarà il test nazionale, con i dati siciliani, prefigurerà lo scenario di quello regionale successivo. Chi vivrà, vedrà!
