Disinformati e inconsapevoli, per i giovani l'Aids resta tabù - QdS

Disinformati e inconsapevoli, per i giovani l’Aids resta tabù

redazione

Disinformati e inconsapevoli, per i giovani l’Aids resta tabù

giovedì 22 Giugno 2017

L’allarme di Telefono verde: “Dubbi su comportamenti a rischio e contagio in 12 chiamate su 100”. Crollate le richieste di aiuto in dieci anni: “Percezione più bassa del pericolo”

ROMA – Sono sempre meno i giovani che utilizzano il Telefono verde Aids e Ist e sui temi della prevenzione aumenta la disinformazione degli utenti. Anche il test Hiv non viene sistematicamente eseguito da circa la metà di coloro che chiamano dichiarando di aver avuto un comportamento a rischio. Rimangono costanti le richieste di consulenza in materia legale con riferimento a stigma, discriminazione sul posto di lavoro, violazione della privacy, accesso alle cure.
È questo, in sintesi, il profilo di consapevolezza tracciato attraverso l’analisi dei contenuti emersi durante i cinquanta interventi di counselling telefonico che mediamente vengono effettuati ogni giorno dagli esperti del Telefono Verde dell’Istituto Superiore di Sanità; Telefono Verde che il 20 giugno ha compiuto trent’anni di attività durante i quali ha risposto a oltre 2 milioni di domande svolgendo quasi 800 mila interventi di counselling all’interno di telefonate effettuate in maggioranza da uomini (75,4%); da persone che dichiarano di aver avuto rapporti eterosessuali (56,8%); da giovani appartenenti alla fascia di età compresa tra i 25 e i 39 anni (57%).
“Proprio i dati del Telefono Verde dimostrano come sia sempre più importante elevare il livello di consapevolezza sui comportamenti corretti in materia di salute – afferma Walter Ricciardi Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – La disinformazione nel corso di questi trent’anni è passata dall’11,4% rilevato nel primo decennio al 13,6% rilevato negli ultimi anni. Relativamente all’Hiv, per esempio, in 12 telefonate su cento effettuate da persone di tutte le età emerge ancora che il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare e bagni pubblici. La richiesta costante di informazioni su tematiche legali, inoltre, ci ha convinti a produrre, proprio in quest’occasione uno strumento informativo di orientamento per la tutela dei diritti delle persone con Hiv nell’ottica anche della tutela del diritto all’accesso alle cure”.
“Le chiamate in diminuzione riguardano, rispetto soprattutto ai primi anni dell’epidemia, sia le donne, 33% nel decennio 1987-1997 scese al 13,9% nel decennio 2007-2017, sia i giovani che sono passati dal 23,3% nel decennio 1987-1997 all’11,9% nel decennio 2007-2017 – dichiara Anna Maria Luzi, direttore dell’Unità Operativa Rcf all’interno della quale si colloca il Telefono Verde – le prime perché probabilmente hanno un accesso facilitato ai servizi di prevenzione territoriali per la salute della donna, i secondi perché sembrano prediligere altri canali informativi, quali internet e per questo dal 2013 l’attività di counselling telefonico è integrata dal sito www.uniticontrolaids.it. Ciò fa sembrare che sottovalutino i rischi di infezione legati all’attività sessuale. In generale i quesiti hanno riguardato soprattutto le modalità di trasmissione dell’Hiv (25,8%) e le informazioni relative ai test (22,1%)”.
“Un’ulteriore analisi statistica – aggiunge Luzi – relativamente all’arco temporale febbraio 2011/maggio 2017 periodo che vede la rilevazione dell’informazione sul test Hiv, ha evidenziato che nel 74,8% delle telefonate (pari a 74.415 telefonate su un totale di 99.392) è stata posta attenzione sul test Hiv, rilevando che nel 50% dei casi il test non è mai stato eseguito. Dall’analisi dei dati relativi all’esecuzione del test emerge ulteriormente che l’esame è stato effettuato per motivazioni indipendenti dal comportamento a rischio, in una proporzione di telefonate pari al 2% (interventi chirurgici-0,1%, gravidanza-0,4% o durante una donazione di sangue-1,5%)”.
“Da tutto questo – afferma Gianni Rezza, direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’Iss – si evidenzia una percezione del rischio notevolmente abbassata nonostante resti rilevante il numero delle nuove diagnosi di infezione da Hiv segnalate dal Sistema di Sorveglianza COA/ISS che risultano essere nel 2015 pari a 3.444 nuovi casi con l’incidenza più alta osservata tra le persone di 25-29 anni che rappresentano anche la fascia di età in cui è più alta la disinformazione tra gli utenti del Telefono Verde”.
Inoltre, dall’analisi dei quesiti emersi durante gli interventi di counselling le infezioni sessualmente trasmesse, in generale, sembrano destare meno attenzione da parte degli utenti del Telefono Verde nonostante il Sistema di Sorveglianza Sentinella del COA/ISS ne abbia registrato un aumento progressivo (le segnalazioni hanno subito dal 2005 al 2014 un incremento pari al 33,2%) che ha colpito soprattutto le donne.
“Serve – conclude Ricciardi – una maggiore consapevolezza fra i giovani nell’evitare comportamenti sessuali sbagliati perché questo ha a che fare con il loro futuro. Si pensi alla Clamydia che ha la più alta prevalenza tra le giovani donne tra i 15 e i 24 anni, un’infezione che può comportare conseguenze sulla salute della donna e arrecare notevoli danni alla sua fertilità”.

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