Noi siamo stati fra quelli che hanno sostenuto senza mezzi termini la necessità di costruire questo manufatto, avendo appreso degli studi che hanno stabilito, in base alle conoscenze scientifiche del nostro tempo, quei margini di sicurezza che consentono di dire che il Ponte è sicuro.
Fra gli studi vogliamo citarne due, essenziali al tema della sicurezza: nel primo è provata la sua resistenza ai terremoti fino al grado 7,1 della scala Richter. Come dire che se si verificasse un terremoto pari a quello di Messina del 1908 il Ponte oscillerebbe, perché è elastico, ma non avrebbe danni. Il secondo studio determina con precisione la resistenza del manufatto fino a un vento di 216 km/h. Nello Stretto, nell’ultimo secolo, il vento non ha mai superato i 128 km/h.
Poi vi sono altri studi sul passaggio nello Stretto dei cetacei, di cui alcuni ignoranti avevano urlato l’ostruzione, e uno studio sul passaggio degli uccelli migratori, che secondo altri sapientoni sarebbero stati infastiditi dai due pilastri alti 382 metri.
Vi è qualche altra decina di studi che ha visto ulteriori aspetti e tutti concorrono nella direzione della sicurezza e fattibilità del Ponte. Non ci aspettiamo che coloro che protestano siano appagati da queste informazioni scientifiche, ma vorremmo augurare che accettino un’opera che ormai non dovrebbe subire alcuna remora.
In democrazia, tutte le dissertazioni sono legittime, i punti di vista sono rispettabili, anche quando non poggiati su fatti. E così le opinioni. Ma alla fine del confronto, Governo e maggioranza devono decidere nonostante tutto.
Il Governo Prodi, condizionato da alcuni partiti della coalizione, ha bloccato l’opera nonostante fosse stato firmato il contratto con il general contractor. Il ritardo provocherà un aumento del costo stimato in 800 milioni di euro, il che condurrà, con ogni probabilità, a un allungamento della concessione nei confronti del gestore privato che, vogliamo ricordarlo sgombrando il campo una volta per tutte da fantasiose dicerie, immette nell’opera il 60 per cento di risorse finanziarie rispetto al 40 per cento del settore pubblico.
La Regione Calabria, con l’attuale governatore Loiero, ha dichiarato che vuole vendere la sua piccola quota (2,6 per cento, come quella della Regione Sicilia). Ma, se il prossimo 26 marzo la Calabria andasse al centrodestra, con Scopelliti, attuale sindaco di Reggio Calabria, si capovolgerà questa decisione che danneggerebbe la Calabria stessa.
In questo quadro, al di là del fatto che di quest’opera si parlerà in tutto il mondo, attraendo interessi e turisti, per i prossimi sei o sette anni, nella provincia di Messina e in quella di Reggio Calabria arriveranno sei o sette miliardi di danaro fresco e con esso distribuzione di ricchezza, produzione di Pil, incremento per i servizi turistico-alberghieri e ludici, potenziamento di tutta la rete del commercio e dell’artigianato. La maggioranza di tali risorse resterà in quei due territori, anche perché tutti i piccoli soggetti economici, sia al di qua che al di la dello Stretto, si stanno già preparando ad assorbire una parte di tali risorse.
Oggi ci siamo. Auguriamo di esserci anche il primo gennaio 2017, perché sarebbe una grande gioia vedere che, a chi ha avuto fede in quest’opera, è stata riconosciuta una giusta dose di previdenza.