Claudio Fava: "Un Piano aziendale che rilanci la Regione" - QdS

Claudio Fava: “Un Piano aziendale che rilanci la Regione”

Margherita Montalto

Claudio Fava: “Un Piano aziendale che rilanci la Regione”

sabato 30 Settembre 2017

Forum con Claudio Fava, candidato alla Presidenza della Regione Siciliana

Qual è lo scenario che vede e qual è il suo obiettivo qualora fosse eletto presidente?
“Vedo una Sicilia che ci viene riconsegnata in una condizione devastante. Ci sono cifre oggettive, numeri che non possono mentire: un crollo degli investimenti negli ultimi otto anni del 50%, il 39% come comunica l’Istat, le famiglie sono in povertà e il 12% in povertà assoluta, con un crollo del Pil di 13 punti e un’alta percentuale di giovani che vanno via. Sono dati che danno un quadro della situazione. Il 40% dell’immatricolazione universitaria in meno e quindi il doppio di quella italiana: è chiaro che ci troviamo di fronte a una marginalità economica e sociale. Bisogna reagire in due modi: ritenere che questo sia una sorta di karma, di destino per cui si devono cercare scorciatoie assistenzialistiche e quindi vedere la politica come elemosina e la Regione come un bancomat che distribuisce risorse per la sopravvivenza; oppure ci si guarda allo specchio e si scoprono altri dati che invece dicono che la Sicilia è una terra ricca con delle potenzialità straordinarie”.
 
Dal punto di vista della resa economica cosa pensa?
“La Corte dei Conti, un organismo assai tecnico, per il comparto dei Beni culturali afferma che siamo all’anno zero nella gestione del patrimonio artistico e architettonico, dal punto di vista della resa economica. L’ex direttore dell’Unesco asserisce che abbiamo un enorme patrimonio potenziale rispetto all’Europa, ma non siamo capaci di gestirlo. Su queste parole cerco di ragionare sul tema gestione delle risorse, per trasformarle come volano di uno sviluppo strategico. Se si restituisce alla Regione la capacità strategica di indirizzo, verso obiettivi, senso di responsabilità politica e non pura gestione dell’esistente, si può parlare di strategie e modo di utilizzare queste risorse”.
 
Come si rilancia il turismo?
“Abbiamo 14 teatri greci, un patrimonio unico al mondo, ma non esiste un brand, una rete che li collochi nell’impianto turistico. Sono sforzi perduti. Abbiamo gli stessi chilometri di costa delle isole Baleari, otto beni Unesco rispetto a tutta l’Italia e un trentesimo del flusso turistico fatturale che esiste nel Paese. La Sicilia che ci è stata consegnata è quella rappresentata da un assessore al Turismo che spende a pioggia gli ultimi spiccioli della cassa per finanziare le sagre di paese, tutto al di sotto dei 10 mila euro?.
 
Come si fa allora a far ripartire la Regione?
“Bisogna ripartire usando le competenze che si hanno per immaginare un Piano industriale che tenga conto di come sono cambiati gli assetti della Sicilia. Se è necessario occorre dotarsi di competenze che servano a disegnare un Piano industriale”.
 
Non c’è nessuno che parli del Piano aziendale, solo lei ne sta parlando…
“Noi abbiamo delegato, in assenza di Piani, le decisioni strategiche a chi non ha niente a che fare con le responsabilità della Regione siciliana. Non abbiamo un Piano di rifiuti perché forse è stato più utile avere il 12% della raccolta differenziata e 400 milioni che vengono messi a disposizione delle discariche private. Cominciare a darsi obiettivi strategici, ad assumere competenze all’interno della Regione, significa non accontentare qualcuno ma lavorare per il bene di tutti”.
 
Come si può restituire prestigio alla politica?   
“Occorre garantire che la deputazione sia libera, competente e capace di sostenere un progetto di governo così come presentato durante la campagna elettorale, ma che non sia solo quello della campagna elettorale, senza poi dovere rinunciare ad attualo per mancanza di possibilità. È vero che la sanità dovrebbe avere un indirizzo, ma è meglio che occupiamo la sanità con uno o due dirigenti generali di riferimento, creando un’empatia con la Regione, affinché ciascuno abbia un punto di riferimento. Dobbiamo garantire che il Governo non sia ostacolato da una platea di parlamentari con interessi che frenano o impediscono il fare. Partendo da ciò, la maggioranza deve essere costruita fuori, affidandosi a significativi cambio di passo e condividere con una platea vasta. Occorre far capire ai siciliani che il voto non è una delega. Così si ottiene una massa critica anziché trenta deputati di cui bisogna tenere conto. È una questione di sistema che deve cambiare. C’è una scarsa capacità di fare dell’Autonomia regionale un volano di sviluppo che renda competitivi”. 
 
Qual è la sua posizione sulla legge elettorale?
“La legge elettorale va cambiata. Dovremmo trovare delle forme di tipo uninominale che garantiscano una certa linea. Non si può diventare presidente con il 15% dei voti, poiché rappresenta una mancanza di legittimazione. Si devono mettere i cittadini nelle condizioni di decidere, non come una lotteria. Si potrebbe puntare sul doppio turno come in Francia: nel ballottaggio dal primo al secondo turno si riesce a definire meglio l’idea che il candidato esprima il suo progetto di governo”.
 
Qual è il suo punto di vista sugli impianti energetici? Sono 41 quelli concentrati al Nord e non hanno problemi…
“Per quanto riguarda gli impianti energetici, dovremmo rivolgerci a tecnologie di nuova generazione. Abbiamo bisogno di creare un nuovo sistema e sarebbe giusto avere una rete elettrica adeguata: abbiano metà dei campi eolici fermi perché non sono in condizioni di immettere energia in una rete obsoleta, che paghiamo ugualmente. È la Regione che si deve occupare di questo, con un project financing per la gestione in tempi rapidi. Rendere efficienti gli edifici pubblici di competenza regionale vuol dire avere una diminuzione dei consumi dal 20 al 50%. Significa che l’investimento per adeguare un Palazzetto dello sport con un tipo di illuminazione e di riscaldamento in due anni è già pagato e si battono i costi. Tutto questo rappresenta una cabina di regia per realizzare i progetti. Occorre porsi il problema di come sistemare le cose: non è un problema di destra o sinistra, ma una questione sociale, che interessa tutti. Bisogna essere liberi di muoversi”.
 
Per il Piano di rifiuti?
“Il Piano di rifiuti deve contemplare un’economia circolare che punti al riuso, che intervenga sulla pratica dei consumi. È un’etica della vita. Se si vuole andare verso un Piano di raccolta differenziata che preveda una partecipazione dei siciliani, si deve fare coinvolgendo i Comuni, creando una sinergia, un’economia politica di rete in cui ciascuno si senta responsabile”.
 

 
Selezionare il ceto dirigente per una buona Autonomia

Qual  è il suo punto di vista sull’Autonomia della Regione siciliana?
“Lo Statuto è po’ vetusto, patriottico e non usato bene. Il principio fondativo dello Statuto non è avere le mani libere, ma avere il senso di responsabilità. Attribuiamo poteri che altri non hanno, su temi importantissimi quali sanità, fisco, risorse altrimenti gestite dallo Stato centrale. Questo vuol dire assumersi la responsabilità di una gestione virtuosa in merito alla capacità d’intervento e di spesa. Per quanto concerne l’Autonomia, il problema non è lo Statuto, che andrebbe superato, semmai la sua lettura provinciale, elementare e clientelare, che si ripercuote sul rapporto che abbiamo avuto con il resto dell’Europa”.
 
L’Europa investe sulla Sicilia, ma quali sono i risultati?
“Sono 200 le Regioni in Europa e la Sicilia, nell’arco di 25 anni, ha avuto una grande quantità di risorse. Nonostante ciò, siamo tra le più marginali regioni in termini di spesa, di impegno. In dieci anni di Parlamento europeo ci siamo occupati di stabilire i criteri di spesa. L’Ue finanzia nel momento in cui valuta l’efficacia del progetto, la sua rilevanza sullo sviluppo sociale, economico, occupazionale. Disponiamo di 8 miliardi e mezzo dal 2014 al 2020 che l’Ue concede alla Sicilia in quanto regione marginale, per recuperare occorre investire su infrastrutture, processi di innovazione, saperi. Non siamo riusciti a farlo. Ho scoperto che le risorse venivano investite o per la spesa corrente o per progetti sponda. Per una buona Autonomia occorre la selezione del ceto dirigente, capace di gestire le risorse con profili strategici”.
 

 
Mettere in moto l’economia fissando obiettivi condivisi

Tra spesa corrente, forestali e precariato qual è la sua idea?
“La spesa oggi è solo quella corrente e paga le stratificazioni e le incrostazioni di anni. Avere 32 mila forestali, tanti quanti ce ne sono in tutta Italia rende bene l’idea del perché la spesa corrente sia così significativa. Circa gli ottanta euro che si dovevano dare, è bene che ci sia un’integrazione contrattuale a norma di legge, purché venga fatta il primo giorno di legislatura e non l’ultimo. Per esempio, il precariato è un grande serbatoio di voti e capisco che diventi un investimento che libera risorse. Se cerchiamo di stabilizzare il più possibile e utilizzare queste risorse in modo strategico, potremmo capire come orientare tali le competenze”.
 
Come si indirizzano le competenze?
“Qui si torna al Piano industriale. I 32 mila forestali non vanno licenziati, ma bisogna indirizzare le competenze per destinarle alla tutela del territorio: messa in sicurezza, lotta al rischio idrogeologico, prevenzione degli incendi. Così utilizzati, questi dipendenti ricadono positivamente sul territorio, la cui cura permette di far si che si trasformi in una risorsa”.
 Quali sono le responsabilità della Regione?
“La Regione ha comunque una responsabilità politica. Al di là delle competenze istituzionali, c’è una funzione di legittimità politica. Serve a fissare obiettivi condivisi. Occorre dialogo con i sindaci dei Comuni. Siamo dinanzi ad un debito di 8 miliardi e non risolvono i problemi i 12 milioni che riusciamo a raggranellare. Occorre mettere in moto l’economia in maniera strategica, con obiettivi ben precisi e senso di responsabilità. È necessario stabilire priorità assumendo in capo alla Regione un piano politico, intervenendo nelle fasce di sofferenza. Bisogna costruire una capacità di ingresso nel campo del lavoro attraverso la stesura di piani di investimento”.

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