Il suicidio è vile ma è un diritto individuale - QdS

Il suicidio è vile ma è un diritto individuale

Il suicidio è vile ma è un diritto individuale

mercoledì 29 Aprile 2009

Dice padre Enzo Bianchi: “A volte l’intransigenza cattolica può alimentare l’anticlericalismo”. Bianchi sostiene che occorra un’etica condivisa, in un rapporto autonomo fra Stato laico e religione. Quando il Vaticano, Stato straniero in Italia, non solo espone i propri principi, cosa del tutto legittima, ma esercita una forte pressione sui parlamentari per fare approvare la propria linea di politica religiosa, commette un arbitrio.
L’offerta di un patto fondato sulla religione civile da imporre con le leggi è esattamente il contrario di quello che si dovrebbe fare. Il cristianesimo nacque eversivo, perché volle sovvertire le regole esistenti in quel periodo. Oggi non può diventare ultraconservatore.
Le chiese locali, che sono a contatto con i cittadini, dicono cose diverse da quello che spiega la Chiesa di Ratzinger, anzi, viene spesso rimproverata per la sua fuga in avanti. 

Si confonde spesso la religione con l’uso che se ne fa e si confondono gli insegnamenti originali con le leggi via via emanate da un clero sempre distante dalla gente. La questione non è essere pro o contro la Chiesa cattolica, bensì valutare se gli indirizzi del vertice, nel suo complesso, sono compatibili con i valori morali ben antecedenti al cattolicesimo stesso.
In questo quadro, è anacronistico lo scontro sulla questione del testamento biologico, perché in nessuna parte della Bibbia è scritto che l’uomo non possa disporre della propria vita ed è altrettanto anacronistico che uno Stato pretenda di disporne in via sostitutiva.
Ciascuno, quando ha la sfortuna di subire un male irreversibile e terminale, ha la facoltà di decidere se continuare a soffrire in modo inutile la vita, oppure andarsene, consentire cioè allo spirito di abbandonare il corpo, così come sosteneva Socrate (469-399 a.C). Impedire l’esercizio di questo diritto è non riconoscere la natura stessa dell’uomo.
Se ci sembra pacifico il principio dell’autonoma decisione in caso di malattia gravissima, quando si è coscienti, ci sembra altrettanto pacifico il principio, portato per iscritto, di decidere anche per il caso in cui si diventi incoscienti.

Continuare a girarci intorno con arzigogoli e argomentazioni di parte è un modo per negare l’essenza dell’uomo, che nasce per caso, muore per caso, ma ha il dovere di limitare al minimo le proprie sofferenze. Diversamente, come sono stati inventati i viaggi della speranza per andarsi a curare in Paesi ove gli Stati consentono libertà ai propri cittadini in questa materia, sono già stati inaugurati anche i viaggi della speranza della morte. E questo non è bene in una Nazione che vuole essere fra quelle in cui i diritti di vita e di morte siano rispettati.

Il suicidio è vile ma anch’esso è un diritto individuale. Alle cronache è comparso il caso di Roberta Tatafiore, che a 65 anni si è suicidata, in ottima salute. Sociologa, femminista storica, scrittrice, grande combattente dei diritti, attenta indagatrice del mondo della prostituzione, del sesso e della violenza, ha posto fine alla propria vita avvelenandosi la notte di venerdì 8 aprile, da sola, in una stanza dell’albergo nei pressi di casa sua, a Roma. La Tatafiore ha preparato con cura il suo suicidio scrivendo per tre mesi sul diario tutto quello che pensava e faceva in questa strada verso la fine della sua vita. Forse il diario diventerà un libro. La Tatafiore ha scelto il dove, il come e il quando. Nessuno conosce però la motivazione, da lei non comunicata.
Ripetiamo che il suicidio è un atto di viltà, l’abbiamo scritto più volte, perché si tratta di una forte debolezza nel non volere più affrontare le difficoltà che arrivano ogni giorno. Spesso esso è frutto di una malattia, chiamata depressione, che arriva quando ognuno di noi non affronta con il dovuto coraggio e la dovuta chiarezza le vicende, di solito negative, che incontra.
E così, alla fine, rimane sommerso e pensa che l’unica cosa da fare sia togliersi la vita, con motivazioni più o meno ponderate. Ricordiamo il caso di Luigi Tenco, suicidatosi in ottima salute, e quello di Alighiero Noschese, che stava altrettanto bene.
Se il suicidio è vile, tuttavia, riteniamo che ogni persona abbia il diritto di sceglierlo perché fino in fondo, la libertà, bene supremo, deve poter essere esercitata.

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