La vergogna dei fondi Ue non spesi - QdS

La vergogna dei fondi Ue non spesi

Chiara Borzi

La vergogna dei fondi Ue non spesi

sabato 06 Gennaio 2018

Ci risiamo: dopo 4 anni dall’avvio della Programmazione 2014-20 speso lo 0,4% (66 mln) dei 15,4 mld € disponibili. Impegnati 5,7 mld (il 37%), ma la Regione non ha i soldi per il cofinanziamento

CATANIA – La Commissione europea ha fornito alla fine del 2017 le prime stime aggiornate sull’impiego e la spesa dei fondi europei, denaro che l’Unione europea ha messo a disposizione degli stati membri (e le sue regioni) per la programmazione 2014-2020. La posizione dell’Italia è mediocre. Il nostro paese è sest’ultimo per spesa (3%) pur essendo il secondo stato per finanziamenti ricevuti.
 
A livello nazionale abbiamo a disposizione oltre 74 miliardi (43,3 miliardi finanziati dall’Ue e 31,3 mld da fondi nazionali). Alla fine del 2017 (dopo quattro anni dall’avvio della programmazione) siamo stati in grado di raggiungere il 3 per cento della spesa, facendo registrare un +2 per cento di utilizzo nell’ultimo anno. Nel 2015 la percentuale di spesa di fondi Ue è stata, invece, ferma allo zero per cento.
 
Dati della Commissione europea alla mano anche la Sicilia rispecchia il trend nazionale. Analizzando le stime diffuse riguardanti le tre principali misure della programmazione 2014-2020 (Psr, Fesr, Fse) si scopre che il dato relativo alla spesa è prossimo allo zero o al massimo vicino all’1 per cento.
 
Discorso diverso per il Feamp (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca), il dirigente generale del dipartimento regionale Pesca mediterranea, Dario Cartabellotta, ha comunicato in sede di conferenza stampa, che dei 120 milioni disponibili sono stati spesi 55 milioni. Un dato positivo, ma non in grado d’incidere sul trend d’inefficienza generale.
 
Per far crescere e ammodernare il cuore pulsante dell’economia siciliana, ovvero l’agricoltura, l’Europa ha messo a disposizione della nostra regione tramite il Psr (Piano sviluppo rurale) oltre 2 miliardi (di cui 1,3 miliardi da fondi Ue e 862 milioni di euro da fondi Nazionali) che si trovano nella totale disponibilità della Regione dal 2014. La notizia è che da quella data ad oggi non è stato speso nemmeno un centesimo, pur essendo stati impegnati almeno il 50 per cento delle risorse.
 
Stessa tendenza è stata riscontrata per il Fesr (Fondo europeo sviluppo regionale) misura per cui dal 2015 sono disponibili 4,5 miliardi di euro (di cui 3,4 miliardi da fondi Ue e 1,1 miliardo da fondi Nazionali) e di cui il 45 per cento è stato impegnato, ma senza procedere ad alcuna azione significativa di spesa, a riguardo ferma ad appena 5,8 milioni di euro.
 
Dell’Fse (Fondo sociale europeo) sono a disposizione della Sicilia 820 milioni di euro (di cui 615 milioni da fondi Ue e 205 da fondi nazionali); ne sono stati impegnati il 10 per cento e spesi appena 5,9 milioni euro, cioè l’1 per cento. Questa percentuale è stata raggiunta solo nel 2017 ed è stato difficile per la Sicilia riuscire perfino a tagliare il traguardo del 10 per cento d’impiego, raggiunto solo nel 2017 e per i due anni addietro bloccato al 2 per cento.
 
Il sostegno economico alla nostra isola non termina con la programmazione europea. Dal 2016 sono disponibili 5,7 miliardi di euro dal Patto per il Sud, 2,4 miliardi sono già stati assegnati, ma ne sono stati spesi zero nonostante una programmazione fitta e grandi proclami relativi agli interventi.
 
Ed ancora, a sostegno delle Aree metropolitane c’è il noto Pon Metro, 270 milioni di euro su cui non ci sono dati ufficiali né riguardol’impiego, né la spesa.
Infine il Pac (Piano di azione e coesione) che mette a disposizione della Sicilia 1,8 miliardi di euro di cui, anche in questo caso, non si ha notizia.
In totale un tesoro di 15,4 miliardi di euro, di cui ad oggi sono stati spesi solo poco più di 65 milioni di euro.
 
La caccia alla spesa è partita già da quattro anni. Il rischio che la Sicilia corre è sempre lo stesso, ovvero quello di restituire all’Unione europea miliardi di euro in fondi che, se impiegati, potrebbero certamente avviare un’azione virtuosa indispensabile alla crescita di una tra le regioni più povere d’Europa.
 
Il neo governatore Nello Musumeci ha stabilito e comunicato in giunta che l’attuale assessore all’Economia, Gaetano Armao, avrà anche la delega per la gestione particolare del capitolo finanziamenti europei. Un ruolo per cui il professore siciliano attende ancora l’esecutività (che attende per rilasciarci una sua dichiarazione, ndr).
 
Abbiamo dunque cercato d’ottenere un intervento dello stesso presidente della Regione, Nello Musumeci. La attendiamo per i prossimi giorni.
 
 
Ufficio Europa priorità assoluta per i sindaci unica via per non perdere i fondi europei
 
BRUXELLES – L’eurodeputato alcamese Ignazio Corrao ha più volte denunciato il paradosso della mancata spesa dei fondi europei in Sicilia, mettendo nero su bianco i deficit della macchina politica ed insieme i problemi strutturali che riguardano la stessa “burocrazia della spesa”.
Non tutti i Comuni siciliani sono dotati di uffici dedicati alle cosiddette “politiche comunitarie”, fatto che accresce il rischio di non utilizzo e consequenziale mancato intervento sul territorio. Sulle città di Catania, Messina e Palermo “piovono” finanziamenti indispensabili, oltre che di un certo spessore finanziario. Gli uffici per le politiche comunitarie giocano ruolo strategico per la programmazione e la spesa, perché dunque la spesa è ferma a zero?
“Incompetenza, mancanza di risorse economiche, assenza di fondi per la progettazione: questi sono i motivi per cui la spesa è ferma – ha spiegato l’eurodeputato grillino – Sulla questione dell’ufficio per le politiche comunitarie, il cosiddetto Ufficio Europa, ho focalizzato gran parte del mio impegno politico. Il ragionamento è semplice. Da oggi e fino al 2023, la Sicilia avrà a disposizione circa 10 miliardi di euro di Fondi UE. La capacità di intercettare questi finanziamenti europei farà la differenza tra i Comuni siciliani. A fronte di una cosi elevata dotazione finanziaria gli enti locali regionali siciliani risultano scarsamente preparati, sia per quanto riguarda l’attrazione di fondi indiretti (FESR e PSR) che di fondi a gestione diretta.
La costituzione di un Ufficio Europa, ossia una struttura a sostegno dell’amministrazione con la funzione di attirare i fondi europei diretti e indiretti e pianificare la strategia nei confronti delle politiche europee, è una necessità non più rinviabile: una priorità assoluta per un Sindaco”.
Per le città metropolitane siciliani esistono fondi specifici in grado d’incidere sulla qualità della vita dei cittadini e la government generale.
“Stiamo parlando del Pon Metro, un apposito programma pensato per finanziare le città metropolitane e nel nostro contesto per cambiare il volto di Palermo, Catania e Messina. L’obiettivo – ha spiegato Ignazio Corrao – è condurre la città verso lo sviluppo di una migliore qualità dei servizi, mobilità sostenibile, efficienza energetica, inclusione sociale e welfare cittadino, servizi di E-Government. Insomma in due parole, serve per trasformare Palermo, Catania e Messina in vere smart cities. E i soldi sono tanti: 270 milioni di euro in totale per le tre città siciliane: Palermo dispone di 91.929.508,00 euro di risorse, Catania ha invece 91.895.333,67 euro, mentre Messina ha a disposizione 86.230.000,17 euro. Ci rendiamo conto che questi numeri possono davvero rivoluzionare le città?”
Nonostante l’evidente benefit anche il destino di questi finanziamenti è attualmente sconosciuto. “Non sono ancora pubblici i dati di impegno e di spesa – ha concluso Ignazio Corrao – La prima rendicontazione conoscitiva sarà pubblicata dall’Igrue (l’Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’Unione europea a fine gennaio”.
 

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