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La viltà di chi gira la testa per non vedere

Iniquità e ingiustizie dilagano

Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), con il suo Contratto sociale, divideva il popolo mettendo al suo apice la classe dirigente, la quale aveva il compito di guidarlo nel suo interesse, facendolo progredire. Alla base del Contratto sociale vi erano i valori di equità e giustizia, secondo i quali ognuno poteva prendere per quello che doveva dare.
Sono passati oltre duecento anni dalla morte di Rousseau, il mondo è andato avanti, il progresso ha portato scoperte di ogni genere, ma di numero inferiore a quelle che sarebbero servite. Tutto ciò, però, non ha creato la distribuzione della ricchezza fra le diverse fasce sociali, anzi i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri. Questa non è demagogia ma la fotografia della realtà.
Una realtà nella quale l’attuale Classe dirigente ha qualche volta la viltà di girare la testa per non vedere, ovvero di chiudere le orecchie per non sentire.
Insomma, l’egoismo è più marcato, ciascuno ha tirato i remi in barca e non si è accorto della povertà dilagante.
 
Giovannino Guareschi (1908-1968), un uomo tosto, affermava con convinzione: “Non morirò neanche se mi ammazzano”. Era il periodo della Guerra e voleva indicare il proprio modo di vedere, capace di resistere a tutte le soperchierie e le prepotenze che vi erano in quell’epoca.
Non tutti sono capaci di resistere a soperchierie e prepotenze, perché il carattere è debole, la personalità è fragile, non vi è l’abitudine ad affrontare le difficoltà e la Classe dirigente non si dimostra all’altezza del proprio ruolo e non dà l’adeguato esempio che dovrebbe chi ha il dovere di darlo.
Prevale spesso l’egoismo del Nimby (Not in my backyard, tradotto: non nel mio giardino) e l’ignoranza di chi spazza fino al proprio uscio, considerando vie, piazze e giardini pubblici come cosa loro anziché come cosa propria.
Peraltro, nelle scuole non si insegna più l’educazione civica né si legge con attenzione la Costituzione. Il che significa che gli insegnanti non trasferiscono ai discenti il metodo dell’osservanza delle regole, senza di che c’è il caos e l’arbitrio.
Ed è proprio nel caos e nell’arbitrio che cresce la malapianta dell’ingiustizia, la quale colpisce i soggetti più deboli della comunità.
La viltà della Classa dirigente nel non vedere ciò che dovrebbe risulta evidente dai comportamenti che dimostrano una cecità insopportabile.
Non solo la Classe dirigente dovrebbe marciare per sé verso prospettive di sviluppo, anche culturali, non solo dovrebbe essere d’esempio alle altre fasce sociali, ma dovrebbe curare che esse possano svilupparsi consentendo l’ascensore sociale attraverso gli studi e l’acquisizione delle competenze.
La scuola italiana è frontale: da un canto vi è il docente e dall’altro i ragazzi. In Finlandia, ove c’è la prima scuola del mondo, secondo statistiche internazionali, non esiste la cattedra. Il docente sta in mezzo ai ragazzi perché il suo è un insegnamento circolare: docenti-alunni, alunni- docenti.
E poi in quella scuola è secondario l’oggetto delle materie. Assume importanza primaria la capacità di risolvere i problemi, cioè l’intelligenza applicata e il positivismo di chi non si arrende di fronte alle difficoltà.
 
Una Classe dirigente che si muovesse secondo i canoni etici dovrebbe promuovere il lavoro attraverso meccanismi idonei.
Una Classe dirigente burocratica che facesse il proprio dovere produrrebbe servizi ai cittadini, soprattutto a quelli meno abbienti, adeguati alle loro esigenze.
Una Classe dirigente politica, colta e a conoscenza della storia, amministrerebbe con sapienza e cognizione le tasse che i cittadini pagano, in modo da assicurare anche a quelli meno abbienti i servizi essenziali.
Ma tutto ciò accade? A noi non sembra perché ognuno tira il lenzuolo dal proprio lato scoprendo gli altri.
C’è un rimedio? Uno sicuramente c’è. Abbeverarsi alla fonte della cultura e della sapienza, soprattutto imparando e praticando i valori etici di sempre cui hanno attinto le diverse religioni.
Tutto questo è utopia? No, è sano realismo di ciò che va fatto e dei comportamenti da tenere.