"Game over" per il re delle scommesse - QdS

“Game over” per il re delle scommesse

“Game over” per il re delle scommesse

venerdì 02 Febbraio 2018

La Polizia, coordinata dalla Dda di Palermo, ha emesso ordinanze di custodia cautelare per 31 persone

PALERMO – La Polizia di stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 31 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, riciclaggio, auto riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla raccolta abusiva di scommesse e alla truffa ai danni dello Stato e traffico di stupefacenti.
 
Le indagini, condotte dagli agenti del Servizio centrale operativo e della Squadra mobile di Palermo, sfociate nell’operazione denominata “Game over”, hanno preso il via dall’analisi di numerosi brani intercettati nell’ambito delle investigazioni condotte sul mandamento mafioso di San Lorenzo, dalle quali si evinceva chiaramente come Cosa nostra avesse riposto particolare interesse nel settore dei giochi, con particolare riferimento alle agenzie di scommesse e alle slot machine. In tale contesto, sono emerse le figure di Benedetto Bacchi e Gerardo Orvieto Guagliardo, operatori del comparto dalle spiccate capacità imprenditoriali che, sfruttando la contiguità con autorevoli esponenti mafiosi, si sarebbero contesi il mercato del gioco abusivo, ciascuno con il proprio circuito, “con equilibri mutevoli – hanno spiegato gli inquirenti – in ragione dei rapporti di forza esistenti tra le diverse famiglie mafiose di riferimento”.
 
Per il periodo compreso tra febbraio e giugno del 2013, infatti, Orvieto e il socio Lo Bianco (arrestato durante l’operazione), forti dell’appoggio di una fazione della famiglia mafiosa di Partinico (Salvatore Coppola) vicina al reggente del mandamento di Resuttana (Giuseppe Fricano), sarebbero riusciti a imporre il proprio circuito (“Leaderbet”) sul territorio ricadente nella “giurisdizione” del mandamento a discapito di Bacchi e del socio Lo Baido (titolari del marchio “B2875”) che, invece, avevano monopolizzato l’area di San Lorenzo beneficiando dei buoni rapporti con la famiglia Biondino.
 
Successivamente, l’ascesa di Francesco Nania, scarcerato nell’ottobre 2013, e Antonino Pizzo (arrestato durante l’operazione), considerati vertici della famiglia di Partinico e molto vicini a Giuseppe Fricano di Resuttana, spostarono decisamente gli equilibri in favore di Bacchi. Ripercorrendo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vito Galatolo, Bacchi “si prese tutta Palermo, metteva tutto quello che voleva a Resuttana, alla Noce, a Pagliarelli, a Palermo centro”.
 
Bacchi, quindi, grazie alla sua capacità di stringere accordi particolarmente vantaggiosi con Cosa nostra, sarebbe riuscito a creare un modello aziendale, tanto efficiente quanto illegale, forte di più di 700 agenzie di scommesse in tutto il territorio nazionale e con tentativi di proiezioni internazionali finanche in Costa d’Avorio tramite l’interessamento di Giuseppe Gelardi (non indagato in questo procedimento), mafioso di Partinico catturato in Costa d’Avorio dove ha vissuto parte della sua latitanza.
 
L’imprenditore partinicese avrebbe strutturato una rete commerciale basata su differenti livelli di responsabilità e, conseguentemente, proporzionali percentuali di distribuzione degli utili. La base era rappresentata dai singoli centri scommesse che erano coordinati dai vari agenti di zona (personal jokers) che, a loro volta, rispondevano del loro operato ai masters territoriali i quali, in ultimo, si relazionavano con i proprietari del sito.
 
L’organizzazione, inoltre, beneficiava dell’importante contributo di diverse figure professionali (consulenti tecnici, commercialisti, esperti di legislazione comunitaria). Il meccanismo, come spiegato dagli investigatori, operava in aperta violazione della normativa di settore che prevede l’obbligo, per l’esercizio dell’attività di raccolta delle scommesse on-line, di munirsi di concessione da parte dell’Agenzia dei Monopoli e delle Dogane e della licenza rilasciata dal questore. La capillarità delle distribuzione delle agenzie e il livello di efficienza raggiunto nel volgere di pochi mesi avrebbe consentito a Bacchi di realizzare profitti netti quantificati in oltre a un milione di euro mensili, secondo quanto stimato dagli investigatori.
 
“È evidente – hanno sottolineato gli inquirenti – che tali risultati non sarebbero mai stati raggiunti senza il decisivo intervento dell’organizzazione mafiosa, che imponeva alle agenzie operanti nei territori di rispettiva influenza di giocare sul sito di proprietà di Bacchi”. Questi, a fronte di tale “sponsorizzazione”, avrebbe versato nelle casse di Cosa nostra somme variabili tra i 300 e gli 800 mila euro l’anno.
“È chiaro – hanno aggiunto gli investigatori – come il rapporto tra imprenditore e organizzazione mafiosa sia evoluto dal tradizionale modello vittima-estortore a un più redditizio e meno rischioso rapporto societario”.
 
Il gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura ha pertanto ordinato il sequestro per equivalente dei beni dell’imprenditore Bacchi e del suo nucleo familiare fino alla concorrenza di più di 4 milioni di euro per i reati di riciclaggio e auto riciclaggio. Il magistrato, inoltre, ha disposto il sequestro preventivo delle quote sociali e dell’intero patrimonio aziendale della Phoenix International Ltd, società di diritto maltese con cui stanno tuttora operando alcune agenzie di Bacchi entrate in sanatoria, e le quasi 50 agenzie, distribuite su tutto il territorio nazionale, che operano con concessione Phoenix.
 
Analogo ragionamento, seppur con dimensioni minori, vale per Francesco Nania, socio di Bacchi, che, grazie al prestanome campano Michele De Vivo (arrestato durante l’operazione), avrebbe fondato la società World trading enterprises, sottoposta a sequestro, di import-export di prodotti alimentari verso gli Stati uniti mediante la quale aveva in animo di “invadere New York di pomodori”, come emerge da alcune intercettazioni. Alcuni parenti di Nania, in particolare il cognato Vito Rappa, vivono negli Stati uniti e gestiscono alcune pizzerie che operano con insegna Francesco’s.

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