È una posizione mentale soprattutto meridionale, che si accoppia all’ignavia, un grave peccato (pigrizia, indolenza spirituale, viltà) che impedisce la crescita professionale e umana di chi non è pronto a scommettere su sé stesso e sulle proprie capacità.
Naturalmente vi sono tante e luminose eccezioni di chi affronta i rischi dell’innovazione e cioè della nuova esperienza lavorativa, che comporta sacrifici ma contemporaneamente soddisfazioni, se si riesce ad essere competitivi.
Quanto scriviamo non è molto diffuso anche perché i responsabili delle istituzioni siciliane, in questi 60 anni, anziché disegnare e perseguire progetti alti hanno preferito camminare con un basso profilo, ricorrendo al facile espediente di scambiare il voto col bisogno di lavoro e cioè col posto fisso.
È perfettamente inutile la presenza di numerosissimi uffici regionali, anche periferici, la cui gestione costa, secondo l’inchiesta pubblicata oggi, quasi 150 milioni. è perfettamente inutile una formazione regionale che non forma nessuno e che serve esclusivamente agli incompetenti formatori che dovrebbero essere formati prima di fare il loro mestiere. La prova di quello che scriviamo è che nessun ente di formazione foraggiato dalla Regione consegna gli elenchi delle persone da loro “formate” che abbiano trovato collocazione nel mondo del lavoro siciliano, nazionale o internazionale.
La formazione professionale costa 242 milioni che, aggiunti al costo dell’apparato prima descritto, ammonta a quasi 400 milioni. Ottocento miliardi di lire gettati letteralmente al vento, esempio di uno spreco inaudito non presente in nessun altra regione d’Italia. Un’autentica vergogna nazionale se raffrontata con oltre 20.000 opportunità di lavoro presenti in Sicilia che non trovano figure professionali qualificate per essere soddisfatte.
Non senza aggiungere le decine di migliaia di opportunità di lavoro dell’industria blu (turistica) connessa alle attività dei tour operetor e collegata con le aviolinee delle numerosissime compagnie che ormai vengono e vanno dalla Sicilia in tutte le parti del mondo.
E, ancora, tutte le attività di ristrutturazione dei borghi e di restauro, mantenimento e fruizione di beni archeologici, ambientali e paesaggistici.
Come evidente da questa sintetica descrizione vi è un ampio spettro di possibilità per attività di lavoro produttivo che prescinde dall’inutile elemosina del posto fisso in una Pa regionale e locale scassata ove non esistono merito, responsabilità, trasparenza e competitività.
Secondo le statistiche europee, un professionista di qualunque livello, nella propria vita lavorativa dovrebbe cambiare cinque mestieri. Un’esperienza di sei anni è più che sufficiente per maturare nuove qualità professionali. Dopodiché ognuno di noi perde gli stimoli per crescere e inevitabilmente si adagia sull’esistente, entrando in una sorta di depressione lavorativa che lo porta a disinteressarsi all’esito del proprio lavoro.
Ovvero anche all’interno di uno stesso ambiente lavorativo si può proseguire oltre sei anni a condizione che si cambi settore o, nello stesso settore, si cambi mansione. Insomma, è necessario un continuo movimento basato su progetti cui ognuno di noi deve partecipare o nella fase istitutiva o in quella esecutiva.
Le Pa regionale e locali hanno scimmiottato il mercato costituendo in massa Spa a controllo pubblico o a partecipazione totalitaria. Scimmiottato perché poi questi nuovi serbatoi sono serviti per collocare amici e amici degli amici. Uno sconcio che ancora non cessa e che procura solo sprechi.